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Sabotaggio Nord Stream

Nord Stream 2, ecco come Basf, Deutsche Bank, Commerzbank e Deutsche Bahn attaccano le sanzioni Usa

Tutte le ultime novità sulle tensioni fra Usa e Ue sul gasdotto Nord Stream e sugli sbuffi dei colossi tedeschi anti sanzioni americane. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

Le sanzioni americane per Nord Stream 2 sono in arrivo, è solo una questione di giorni. E il tempo sarà il fattore decisivo nella sfida al completamento del gasdotto più controverso degli ultimi anni, il raddoppio della pipeline che già oggi porta il gas siberiano direttamente dalla Russia alla Germania, attraverso le condutture poggiate sui fondali del Mar Baltico.

Senatori repubblicani e democratici sono riusciti a inserire la legge sulle sanzioni già presentata in estate nel National Defense Authorization Act, l’atto che garantisce il bilancio della difesa statunitense. Un passaggio che rende la loro approvazione praticamente sicura. Si tratta di “tremende e mirate sanzioni contro le imprese che lavorano alla posa dei tubi del gasdotto”, secondo le parole degli autori della legge, il repubblicano Ted Cruz e la democratica Jeanne Shaheen. Secondo quanto riportano media americani, l’intero pacchetto dovrebbe essere approvato entro il 20 dicembre ed entrare in vigore con la firma del presidente Donald Trump. Cosa accadrà nelle ore immediatamente successive è avvolto nel mistero.

Nel mirino delle sanzioni c’è innanzitutto la società multinazionale svizzera Allseas, impegnata con una delle sue navi, la Pioneering Spirit, nel completamento della posa dei 2.500 chilometri di tubi. Dopo il via libera dato dalla Danimarca alla passaggio dei tubi nelle sue acque territoriali, sembrava che nulla potesse più frenare il progetto contestato dagli Usa, dall’Ue e dai paesi dell’Europa centro-orientale. Ma qualora le sanzioni dovessero davvero entrare in vigore prima di Natale si apriranno scenari più incerti.

Secondo le valutazioni degli esperti, allo stato dei lavori ci vorranno ancora dalle sei alle otto settimane affinché la Pioneering Spirit completi la posa dei tubi. Le condizioni meteorologiche sul Baltico, generalmente più perturbate e ventose nei mesi invernali, saranno cruciali per il rispetto della tempistica. Ma ancor più lo sarà la data di entrata in vigore delle nuove sanzioni che di fatto bloccherebbero le attività di Allseas negli Stati Uniti, dove una sua società controllata opera nel campo dei servizi ingegneristici. Se fosse confermata una data precedente al Natale bisognerà capire se potrà essere azionato un periodo di tolleranza di 30 giorni, entro i quali la società coinvolta potrà concludere il proprio lavoro. Da un punto di vista giuridico non è chiaro se in questo periodo di tolleranza copra anche la conclusione della dislocazione sul fondo marino dei tubi del gasdotto. A specifica domanda della stampa tedesca, i vertici di Allseas hanno tenuto la bocca chiusa, limitandosi a dire di non voler partecipare ad alcun genere di speculazione. E tuttavia, qualora la multinazionale svizzera dovesse essere costretta a cedere alla forza delle sanzioni e interrompere nell’ultimo miglio i lavori, Gazprom dovrebbe cercarsi una nuova nave, di una compagnia disposta ad affrontare le ire americane, dal momento che non è in grado con i propri mezzi di sostituirsi alla nave svizzera. Un contrattempo che potrebbe allungare enormemente i tempi di completamento dell’opera (e dunque la sua entrata in funzione) anche se non la stopperebbe.

Il governo tedesco osserva l’evolversi della situazione per il momento senza lasciarsi sfuggire dichiarazioni. Non lascia tranquilli la veemenza con cui nei mesi passati l’amministrazione americana ha fatto pressioni su tutte le parti coinvolte (da Bruxelles a Berlino, fino ai singoli Stati centro-est europei) per bloccare il progetto. Non sono stati dimenticati i ripetuti interventi a gamba tesa dell’ambasciatore Usa in Germania Richard Grenell. Negli ambienti politici tedeschi si ritiene che la posizione più dura sia tenuta dai repubblicani e si sperava che i democratici avrebbero potuto far prevalere la loro linea favorevole a sanzioni più morbide. L’accordo bipartisan per inserire le sanzioni nel National Defense Authorization Act ha colto tutti di sorpresa. Angela Merkel avrà avuto sicuramente modo di parlarne sia con il presidente americano Trump nel corso del vertice Nato a Londra, che con quello russo Putin, nel più recente incontro di Parigi sull’Ucraina. Dal ministero dell’Economia trapela solo l’indicazione che “la Germania rifiuta sanzioni extraterritoriali”.

Chi invece ha già iniziato a strepitare è l’Ostausschuss der Deutschen Wirtschaft (Oaoev), l’associazione che rappresenta le aziende tedesche proiettate sui mercati est-europei, medie imprese familiari ossatura dell’economia tedesca e grossi calibri come Basf, Deutsche Bank, Commerzbank e Deutsche Bahn. “Qualora si arrivasse davvero a imporre queste sanzioni saremmo di fronte a un attacco diretto alla sovranità dell’Unione Europea e sarebbero anche un segnale fatale per gli sforzi di pace avviatisi con l’incontro di Parigi sulla crisi Ucraina”, ha detto con un comunicato il presidente dell’associazione Oliver Hermes: “Nell’Ue ci sono tutte le autorizzazioni richieste per la realizzazione di Nord Stream 2, così come sono state approvate le corrispondenti regolamentazioni per il lavoro delle imprese. Un tentativo di intromissione da parte americana sarebbe ben più di un atto di inimicizia e danneggerebbe gravemente le relazioni transatlantiche che si basano sul rispetto reciproco”.

Non è un caso il riferimento di Hermes al vertice di Parigi, l’incontro nel cosiddetto formato Normandia che cerca di contenere il conflitto fra Mosca e Kiev nella regione ucraina del Donbass. Accanto alla crisi più strettamente politico-geografica, i due paesi sono alle prese con la madre di tutti i conflitti, quello sul gas. Il contratto sul transito del gas russo attraverso le pipeline ucraine è in scadenza, dal primo gennaio i rubinetti potrebbero essere chiusi, un’importante fonte di introiti per le casse dello Stato potrebbe venir meno ricorda l’Handelsblatt. Un accordo non c’è, le due parti restano ufficialmente distanti nella trattativa che si sta svolgendo a Vienna con la mediazione della Commissione europea. Putin ripete che non intende concedere regali agli ucraini e, nel recente incontro di Soci con i rappresentanti del mondo economico tedesco ha ribadito di ritenere “difficilmente realizzabili” le richieste ucraine. La cancelliera tedesca si gioca su questo punto una parte della sua credibilità: ha assicurato a Kiev che la Germania avrebbe sfruttato il suo peso nei rapporti con Mosca per garantire il prolungamento del contratto sul transito del gas russo. Un’assicurazione che il governo di Berlino ha opposto anche ai critici del Nord Stream 2, a Varsavia, a Riga, a Tallin, a Bruxelles e anche a Washington. Per ora i progressi non ci sono e non è chiaro se il vertice di Parigi abbia mosso qualcosa in tal senso. Riguardo alle sanzioni la Frankfurter Allgemeine Zeitung avanza una speranza: “La retorica americana contro Nord Stream 2 diretta contro la Germania si è attenuata. Forse sono presi in considerazione gli sforzi di mediazione del suo governo sia nel conflitto russo-ucraino che nella tutela di Kiev dal rischio di perdite finanziarie”.

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