La società energetica nigeriana Nigeria LNG ha fatto sapere di non poter garantire le spedizioni di gas liquefatto (GNL) dal suo terminale di liquefazione sull’isola di Bonny per cause di forza maggiore: la struttura ha infatti dovuto interrompere le attività per via di un’inondazione.
IL RUOLO DI ENI E DELLE SOCIETÀ PETROLIFERE OCCIDENTALI
Un portavoce di Nigeria LNG ha spiegato che “l’avviso da parte dei fornitori di gas è stato il risultato dell’alto livelle delle acque nelle loro aree operative, che ha portato all’interruzione della produzione di gas, causando una significativa interruzione della fornitura di gas” alla società.
Nigeria LNG, infatti, riceve gran parte del gas che tratta da Eni, Shell, TotalEnergies e dalla compagnia petrolifera statale nigeriana NNPC. Nigeria LNG è una joint venture fra tutte queste aziende.
LE DIFFICOLTÀ DI NIGERIA LNG
La società ha fatto sapere di stare “riesaminando la situazione con i fornitori di gas per accertare l’entità dell’interruzione delle sue operazioni”, e che cercherà di “mitigare l’impatto della forza maggiore nella misura ragionevolmente possibile”.
Nigeria LNG è in grado di produrre 22 milioni di tonnellate di GNL all’anno, ma opera da tempo a una capacità inferiore per via delle difficoltà ad approvvigionarsi di quantità sufficienti di gas.
LE POTENZIALITÀ ENERGETICHE DELLA NIGERIA
A settembre la Nigeria è stata la sesta maggiore esportatrice al mondo di gas liquefatto. Il paese possiede inoltre le più grandi riserve di gas di tutta l’Asia: ammontano a circa 200 trilioni di piedi cubi, e per la maggior parte non sono sfruttate. La Nigeria è anche il secondo paese produttore di petrolio dell’Africa, dopo l’Angola, ma il suo output è in forte calo per la carenza di investimenti nell’industria estrattiva e per i frequenti furti.
Circa un mese fa la NNPC ha firmato un memorandum d’intesa per la realizzazione di un gasdotto con il Marocco: lungo ben 5600 chilometri, fiancheggerà la costa dell’Africa occidentale per portare combustibile ai quindici paesi membri dell’ECOWAS (la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) ed eventualmente alla Spagna e al resto d’Europa.
La Banca islamica per lo sviluppo (con sede nell’Arabia Saudita) e il Fondo OPEC per lo sviluppo internazionale (la Nigeria fa parte dell’organizzazione) hanno fornito quasi 60 milioni di dollari per il finanziamento di studi ingegneristici e di fattibilità dell’opera. Il costo del progetto, però, è stimato nell’ordine dei miliardi di dollari: circa 20, secondo alcune stime.
LE CONSEGUENZE PER L’EUROPA
Se l’impianto di liquefazione di Nigeria LNG resterà chiuso solo per un breve periodo, le conseguenze energetiche per l’Europa – che sta puntando molto sul GNL per sostituire le forniture russe – saranno probabilmente minime. Se invece la struttura rimarrà fuori uso per parecchio tempo, la diminuzione dell’offerta di GNL sul mercato globale si farà sentire: la competizione tra Europa e Asia per accaparrarsi le limitate forniture potrebbe finire per spingere ancora più in alto i prezzi del combustibile sul mercato spot.
Di recente il governo della Cina ha ordinato alle società energetiche statali di interrompere la rivendita di GNL in Europa e in Asia, così da garantire al paese scorte di combustibile sufficienti a soddisfare la domanda durante la stagione fredda.