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Mascherine inutilizzabili, Figliuolo fa felice A2a?

Caso A2a e mascherine inutilizzabili. Che cosa ha evidenziato la trasmissione Le Iene

Caso A2a e mascherine inutilizzabili, ecco tutti i dettagli.

Il generale Francesco Paolo Figliuolo, Commissario straordinario per l’emergenza Covid, ha deciso di mandare al macero 218 milioni di mascherine inutilizzabili. Il costo per le casse pubbliche sarà di circa 700mila euro. Ma è l’unica strada percorribile? Secondo un’inchiesta del programma “Le Iene” (Mediaset) la risposta è “no” perché un’azienda di Varese sarebbe disposta ad acquistarle per dar loro nuova vita.

Le mascherine della prima ondata di Covid

Le mascherine in questione sono state prodotte nella primissima ondata di Covid-19 quando non si conosceva ancora bene il virus, non si avevano gli strumenti adatti per proteggerci, le mascherine erano introvabili e i prezzi erano esorbitanti. L’articolo 15 del decreto Cura Italia aveva previsto una deroga che ha permesso di produrre mascherine con meno vincoli e meno burocrazia, così tante aziende si sono convertite per la produzione di mascherine. Non tutti i risultati sono stati all’altezza delle necessità.

Le mascherine da mandare al macero

Le “mascherine di comunità” che dovranno essere distrutte sono 218 milioni e ce ne sono di tre tipi. Il primo tipo ha fattezze simili a un panno cattura polvere, è stata oggetto di scherno da parte del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ed è indossata in occasioni pubbliche anche dall’ex ministro degli Interni Matteo Salvini.  La seconda ha la stessa struttura della prima ma una consistenza ancora più esile. E infine ci sono le mascherine distribuite nelle scuole, di cattivo odore e molto fragili, costate alle casse pubbliche 237 milioni di euro.

L’azienda di Varese che ricicla mascherine

L’azienda disposta ad acquistare le mascherine che il generale Figliuolo vorrebbe invece mandare al macero è la Rialti, un’azienda di Varese “leader a livello europeo nel settore dei compounds polipropilenici per stampaggio ad iniezione ed estrusione”. In sostanza alla Rialti trasformano le mascherine in piccole palline di polipropilene che possono poi essere trasformate in ogni tipo di prodotto di plastica. Attualmente l’azienda ricicla mascherine, anche quelle distribuite nelle scuole e non utilizzabili perché non rispettano gli standard minimi di sicurezza. Alla giornalista delle “Iene”, ha risposto Paolo Righini, responsabile acquisti della ditta di Varese Rialti SPA, dicendo di aver pagato quelle mascherine 450 euro alla tonnellata. Dato che in giacenza ce ne solo 2500 tonnellate, se dovessero essere pagate allo stesso prezzo nelle casse dello Stato potrebbero entrare 1.125.00 euro.

La tecnica di riciclo del Politecnico di Torino

Al politecnico di Torino hanno trovato il modo per riciclare le mascherine, quelle utilizzate e quelle nuove inutilizzabili, trasformandole in polipropilene, un materiale che può diventare qualunque oggetto. “Le mascherine in Italia per legge devono essere buttate nell’indifferenziato e dunque poi vanno a finire o nel termovalorizzatore o nelle discariche”, dice Daniele Battegazzore, Tecnico di laboratorio Torino DIISAT Alessandria.

I costi di giacenza e il ruolo di A2a

“Queste mascherine non servono a nulla, ed è questo ciò che le condanna. Restano in giacenza”, dice Galeazzo Bignami, onorevole Fratelli d’Italia alle “Iene”. Le mascherine sono in giacenza nei depositi di Poste Italiane che durante la pandemia erano la base per stoccare il materiale sanitario. Ma la giacenza non è senza costo, tenere le mascherine nei magazzini di Poste Italiane costa 313mila euro al mese e finora abbiamo speso un totale di 2,5 milioni di euro di soldi pubblici, sottolineano “Le Iene” nel servizio che riguarda anche il gruppo A2a.

Distruggere le mascherine costerà 700mila euro, caso A2a

A dire il vero il commissario Figliuolo ha provato a vendere le mascherine inutilizzabili. La sua struttura ha pubblicato ben due avvisi di manifestazione di interesse per l’acquisto delle mascherine inutilizzabili ma non sono arrivate risposte. Figliuolo avrebbe potuto fare un affidamento diretto. “Avrebbe dovuto selezionare cinque aziende e poi in base a quelle cinque scegliere chi ha fatto l’offerta migliore”, ha aggiunto alle “Iene” Bignami. A quel punto ha scelto la strada dello smaltimento “Ma se vendi guadagni, se smaltisci paghi”, dice ancora Bignami. L’appalto per lo smaltimento delle mascherine è stato vinto da A2A, multiservizi che, tra le altre cose, smaltisce rifiuti e produce energia, che incasserà da questo appalto 698mila euro.

Gli 800 milioni di mascherine che inguaiano Arcuri

Il materiale delle mascherine è una risorsa, dalla sua trasformazione si producono palline di plastica che possono diventare qualunque cosa. Questo vale anche per gli 800milioni di mascherine non a norma per cui l’ex Commissario Arcuri rischia il processo con l’accusa di abuso di ufficio. L’ex Commissario avrebbe “in qualità di pubblico ufficiale e in concorso con Fabbrocini e in unione e concorso per mutuo accordo con l’imprenditore Vincenzo Tommasi” costituito “intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”. Un modus operandi che garantiva all’imprenditore “la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina”.

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