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Libia

Tutte le manovrine politico-petrolifere in Libia

Fonti di intelligence parlano di giochi politici in Libia attorno alla presidenza della compagnia petrolifera Noc. Intanto, le proteste affondano la produzione e l'esportazione di greggio. Fatti e approfondimenti

 

Il portale francese Africa Intelligence ha scritto che il primo ministro ad interim della Libia, Abdul Hamid Dbeibeh, ha offerto al generale Khalifa Haftar la possibilità di nominare il nuovo presidente della National Oil Corporation (NOC), la compagnia petrolifera statale.

Attraverso questa mossa, Dbeibeh – così sostiene Africa Intelligence – vorrebbe ingraziarsi il favore di Haftar, ex-comandante dell’Esercito nazionale libico, un insieme di milizie con sede a Bengasi che tentò l’assalto della capitale Tripoli.

La notizia è stata ripresa dall’agenzia di stampa libica LANA.

IL RUOLO DEGLI STATI UNITI

Sempre secondo Africa Intelligence, l’attuale presidente della NOC, Mustafa Sun’Allah, avrebbe privato Dbeibeh delle entrate petrolifere. La decisione rientrerebbe in un più ampio “blocco finanziario sostenuto dagli Stati Uniti”, intenzionati a evitare qualsivoglia interruzione della produzione di greggio e di gas, per evitare che la minore disponibilità di idrocarburi sul mercato – aggravata dall’invasione russa dell’Ucraina – faccia aumentare ancora di più i prezzi.

LE PROTESTE IN LIBIA

Intanto, sabato in Libia il movimento di manifestanti Beltrees ha annunciato che porterà avanti le sue dimostrazioni di disobbedienza civile fintantoché tutti i gruppi politici non abbandoneranno il potere. La settimana scorsa nel paese ci sono state grandi proteste, con tanto di incendi a edifici governativi, in alcune città importanti come Tripoli, Bengasi, Misurata, Sebha e Qarabuli.

Il fatto che le proteste stiano interessando sia la parte orientale che quella occidentale del paese – nota Reuters – è una dimostrazione del fatto che il malcontento popolare va al di là delle due principali fazioni politiche che si sono scontrate nella guerra civile. Le conflittualità si sono riaccese dopo che le elezioni nazionali, previste per lo scorso dicembre, sono saltate; di riflesso, la situazione economica si è aggravata ulteriormente e lo stato dei servizi pubblici è peggiorato. Le proteste, infatti, sono iniziate venerdì scorso dopo l’ennesima interruzione di corrente.

A seguito del fallimento elettorale, il parlamento libico (quello formatosi dopo le elezioni del 2014, dalla partecipazione bassissima) ha stabilito che il governo di Dbeibeh non fosse più valido e nominato Fathi Bashagha come nuovo primo ministro. Dbeibeh, però, ha rifiutato di dimettersi e un altro organo legislativo, l’Alto consiglio di stato, ha rigettato la decisione del parlamento. I rappresentanti dei due organismi stanno tenendo degli incontri a Ginevra per risolvere la situazione, che finora non hanno però prodotto risultati.

Venerdì scorso Dbeibeh ha dichiarato che tutte le istituzioni politiche libiche dovrebbero sciogliersi e che è necessario tenere nuove elezioni. Il portavoce del parlamento ha condannato gli “atti di sabotaggio” dei manifestanti, riferendosi all’attacco all’edificio di Tobruk.

L’inviata delle Nazioni Unite in Libia, Stephanie Williams, ha detto invece che le proteste sono un segnale rivolto alle classi politiche per mettere da parte le loro differenze e garantire lo svolgimento delle elezioni.

L’IMPATTO SUL PETROLIO

La crisi sociale-politica si è ripercossa sull’industria petrolifera: le esportazioni di greggio sono inferiori di un terzo rispetto all’anno scorso. La NOC ha dichiarato lo stato di forza maggiore sui porti di Es Sider e Ras Lanuf, nella parte orientale del paese, e sul campo petrolifero di El Feel.

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