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Che cosa cambia per l’Eni e per l’Italia con l’avanzata di Haftar in Libia?

Le ripercussioni per l'Italia e per l'Eni dopo le novità in Libia analizzate da Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei all'Università di Macerata

Si complica la situazione in Libia. Il governo del primo ministro Fayez al-Serraj, sostenuto dall’Onu, sta dispiegando forze nella capitale e nei dintorni dopo che giovedì scorso il generale Khalifa Haftar ha ordinato alle sue forze militari di avanzare verso la città, suscitando i timori di una grande resa dei conti con le milizie rivali.

SE CADE SARRAJ PER L’ITALIA È UNA SCONFITTA SECCA

Un problema per l’Italia perché “se cade Serraj, che avevamo portato in nave da Tunisi a Tripoli, per l’Italia è una sconfitta secca. In Tripolitania l’Italia ha il 70% dei suoi interessi economici e del petrolio dell’Eni, insieme al gasdotto Green Stream che copre una parte delle nostre forniture: questo è il vero motivo per cui ci troviamo ad appoggiare un governo sostenuto da Turchia, Qatar e Fratelli Musulmani che non vuole più nessuno”, ha scritto Alberto Negri, già inviato di esteri ed editorialista del Sole 24 Ore.

LA PRODUZIONE LIBICA POTREBBE INCIDERE SUL MERCATO PETROLIFERO

Uno dei dossier più delicati in Libia riguarda proprio il petrolio e il gas che il Paese produce ed esporta. Secondo Cnbc “analisti e commercianti tengono d’occhio la Libia perché la sua produzione di petrolio è stata una delle più importanti wild card del mercato petrolifero degli ultimi anni”. Se Haftar dovesse prendere il controllo dell’ovest, “ciò potrebbe essere negativo per i prezzi petroliferi, perché una leadership consolidata potrebbe permettere a più greggio di affluire sul mercato dalla Libia”, ha detto Helima Croft, responsabile globale della strategia per le materie prime presso la RBC Capital Markets a Cnbc.

MERCURI A START MAGAZINE: MOLTO DIPENDERÀ DALLE INTENZIONI DI HAFAR

Dice Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei all’Università di Macerata, a Start Magazine. “Molto dipenderà dalle intenzioni di Haftar. Fino a ieri molti analisti consideravano l’avanzata e la conquista della città di Gharyan e il proseguimento verso Tripoli come un atto dimostrativo per acquisire importanza in vista della conferenza di Gadames che si terrà dal 14 al 16 aprile – ha osservato Mercuri -. Anche quello che è successo in nottata con l’avanzata delle milizie e dell’esercito nazionale di Haftar verso Tripoli fanno temere un’escalation di violenze soprattutto tra le milizie di Misurata, che sono il potere forte nell’area Ovest del paese, e l’LNA di Haftar”.

“L’ITALIA STA PERDENDO TERRENO”

Cosa comporta questa situazione di incertezza in Libia per l’Italia? “Innanzitutto la perdita ulteriore di un alleato nevralgico come Sarraj che già però era stato dato per perso perché è in grossa difficoltà ormai da settembre – sottolinea Mercuri -. La riapertura della nostra ambasciata a Tripoli e la conferenza di Palermo ci avevano riportato una certa centralità nell’area anche dal punto di vista diplomatico. Ma è chiaro che questa avanzata di Haftar, sostenuta dalla Francia, dagli Emirati Arabi e dall’Arabia Saudita, a noi fa perdere terreno”.

“ENI È SOLIDA AL DI LÀ DI SARRAJ E HAFTAR”

“Naturalmente tutto ciò, per gli interessi dell’Eni, rappresenta un campanello dall’allarme. È possibile che Haftar possa accordarsi con alcune milizie che in questo momento gestiscono i pozzi dell’Eni in Tripolitania dove ci sono la maggior parte dei giacimenti offshore e onshore, però tendenzialmente, come accaduto per il giacimento di El Feel la produzione dovrebbe rimanere sostanzialmente nelle mani di Eni – aggiunge l’analista -. È chiaro tuttavia che se perdiamo il controllo politico sulla Libia anche gli interessi di Eni saranno a rischio e la compagnia dovrà lavorare il doppio per mantenere le posizioni all’interno del paese. In sintesi, Eni è solida al di là di Sarraj e Haftar e il fatto che le milizie che gestiscano dei pozzi possano cambiare casacca, potrebbe portare problemi. Ma malgrado ciò credo che Eni sia in grado comunque di affrontare il problema visto il suo radicamento sul territorio. Sicuramente non è però un buon segno da un punto di vista politico”.

“DIPLOMAZIA ITALIANA DA SEMPRE AL TRAINO DI ENI”

Come mai si è arrivati a questo punto? “Tutto questo è indice di un modus agendi tipicamente italiano. La diplomazia italiana è sempre andata a traino dell’Eni in Libia come anche in Algeria fin dal secondo dopoguerra. Per questo l’Eni riesce a salvarsi nonostante i nostri deficit diplomatici e politici. E forse riuscirà a farlo anche questa volta. Quindi da un lato potrebbe continuare a produrre nel paese dall’altro però la nostra posizione politica e diplomatica è a rischio perché Haftar ha alleato consolidati e noi che abbiamo sostenuto Sarraj, difficilmente riusciremo a ricucire un rapporto forte con Haftar”, conclude Mercuri.

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