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Quota 100

Le verità di Cingolani sull’energia

Il ministro Roberto Cingolani ha fornito un quadro della dabbenaggine nazionale in materia di energia. L'articolo di Giuliano Cazzola

 

In un colloquio/intervista con il direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, il ministro Roberto Cingolani fornisce un quadro della dabbenaggine nazionale in materia di energia.

La situazione che emerge è drammatica, non solo sul piano operativo (in un momento come l’attuale in cui sull’approvvigionamento energetico soffiano venti di guerra che si aggiungono ad una crisi dell’offerta), ma anche per la consapevolezza della difficoltà a porvi rimedio in tempo utile, ammesso e non concesso che il governo Draghi sia in grado — come ha annunciato — di spazzare via le incrostazioni di imbecillità ideologica e opportunista che ci portiamo appresso da decenni.

In ogni modo arriveremo comunque tardi, perché la politica energetica richiede forti investimenti nell’arco di alcuni decenni.

‘’La transizione — ricorda Cingolani — dura nella fase iniziale almeno 10 anni e poi al 2050 sono 30’’.

Con questo articolo non intendo aggiungere nulla al quadro tracciato dal ministro, ma — si parva licet — ne divengo diffusore perché la cattiva novella circoli il più possibile e si colga l’occasione del ‘’mercoledì delle ceneri’’ per chiedere perdono del nostro ‘’agire spensierato’’.

Cominciamo con la fotografia.

‘’Se l’11% dell’energia è rinnovabile — afferma il ministro — tutto il resto dell’energia, elettrica o non elettrica, è gas o carbone o petrolio tutto importato’’.

Nel caso del gas, il nostro consumo annuale è di 72-73 miliardi di metri cubi, ma di questi ne produciamo 3,5 miliardi. Nel 2000 l’Italia ne produceva 20 miliardi. Ciò significa che abbiamo diminuito il consumo? Niente affatto, ne abbiamo acquistato di più all’estero.

‘’Quindi — ecco una prima conclusione del ragionamento — l’impatto ambientale non è variato’’, perché il gas e il petrolio vengono bruciati e producono CO2. Del gas importiamo il 96%, del petrolio quasi tutto. Da qui parte la requisitoria: siamo contro la produzione autonoma di gas, ma quando ne abbiamo bisogno lo compriamo da altri. Siamo contro il nucleare ma quando ci serve energia la compriamo anche da paesi come la Francia che il sistema energetico lo foraggia con il nucleare. Siamo contro i termovalorizzatori ma quando non sappiamo dove mettere l’immondizia mandiamo la nostra spazzatura nelle città che i termovalorizzatori li usano. E aggiunge il ministro: ‘’Da una parte c’è la realtà dell’ottava-nona potenza economica mondiale e la seconda manifattura in Europa: una realtà energivora come la nostra. E dall’altra parte ci sono state delle scelte che in questi anni non hanno tutelato gli interessi nazionali’’.

Alla luce della nuova realtà (il prezzo dell’energia e il conflitto in una zona ‘’sensibile’’) è sufficiente — ci chiediamo — quanto è previsto nel Pnrr?

Gli obiettivi principali, quando il piano fu redatto e presentato, erano quelli della decarbonizzazione e dell’implemento delle energie rinnovabili.

‘’L’obiettivo di questa componente — secondo il Pnrr — è di contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici di decarbonizzazione attraverso cinque linee di riforme e investimenti, concentrate nei primi tre settori. La prima linea di investimento ha come obiettivo l’incremento della quota di energie rinnovabili. L’attuale target italiano per il 2030 è pari al 30 per cento dei consumi finali, rispetto al 20 per cento stimato preliminarmente per il 2020. Per raggiungere quest’obiettivo l’Italia può fare leva sull’abbondanza di risorsa rinnovabile a disposizione e su tecnologie prevalentemente mature, e nell’ambito degli interventi di questa Componente del Pnrr: i) sbloccando il potenziale di impianti utility-scale, in molti casi già competitivi in termini di costo rispetto alle fonti fossili ma che richiedono in primis riforme dei meccanismi autorizzativi e delle regole di mercato per raggiungere il pieno potenziale, e valorizzando lo sviluppo di opportunità agro-voltaiche; ii) accelerando lo sviluppo di comunità energetiche e sistemi distribuiti di piccola taglia, particolarmente rilevanti in un Paese che sconta molte limitazioni nella disponibilità e utilizzo di grandi terreni ai fini energetici; iii) incoraggiando lo sviluppo di soluzioni innovative, incluse soluzioni integrate e offshore; iv) rafforzando lo sviluppo del biometano’’.

Ma si chiede il ministro: ‘’Davvero qualcuno crede che con questo programma che abbiamo costruito nell’ultimo anno e mezzo, si possa essere a posto per i prossimi trent’anni? Solo un ottimista inguaribile può pensare che abbiamo azzeccato tutto’’.

Il punto, allora, è saper valutare cosa c’è da cambiare in corso d’opera.

Sarebbe ora che il nostro paese uscisse dall’età dell’innocenza. Come fa notare Cingolani: ‘’Quello che mi fa più impressione è che non abbiamo nemmeno tutelato l’ambiente, perché poi alla fine il consumo energetico grosso modo è sempre rimasto lo stesso’’.

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