Come preannunciato la scorsa settimana da Bloomberg News, il colosso danese delle energie rinnovabili Orsted noto soprattutto per i suoi parchi eolici marini ha comunicato che, a seguito del recente andamento negativo del mercato offshore statunitense, dovrà fare i conti con l’aumento dei costi del progetto Sunrise Wind e parallelamente è costretta a irrobustire la propria struttura patrimoniale.
VENTI DI TEMPESTA SULLE PALE EOLICHE DANESI
Si tratta solo dell’ultimo sintomo di una serie ormai sempre più lunga che testimonia la situazione di crisi che si trascina da tempo e che ha già comportato lo scorso anno un deciso dimagrimento dell’organico del Gruppo prima noto come Dong Energy.
Anche la recente cancellazione del progetto Hornsea 4 nel Regno Unito aveva ulteriormente allarmato gli azionisti contribuendo alla definizione di un quadro sempre più fosco.
Allargando lo zoom è possibile osservare come il valore di mercato di Orsted sia letteralmente crollato rispetto ai massimi raggiunti tra la fine del 2020 e l’anno successivo a causa dell’aumento dei costi e delle interruzioni nella catena di approvvigionamento.

ADESSO E’ TUTTA COLPA DI TRUMP?
Ma a pesare adesso sui conti della società con quartier generale nella città scandinava di Fredericia la ben nota avversione del presidente statunitense Donald Trump al settore delle rinnovabili e, in particolar modo, all’eolico offshore volta a favorire gli investimenti nelle compagnie petrolifere.
L’azienda del Vecchio continente che opera anche nel solare è particolarmente attiva negli Stati Uniti – dal Texas, al Midwest e lungo la costa orientale del Nord America – risultando perciò altrettanto esposta ai cambiamenti d’umore della Casa Bianca.
L’AUMENTO DI CAPITALE DI ORSTED
Per questo, il CdA guidato dal nuovo amministratore delegato Rasmus Errboe, diventato Ceo di Orsted solo lo scorso gennaio proprio col compito di snellirne l’assetto così da renderlo meno esposto alle bordate di un mercato in forte cambiamento, ha preso la difficile decisione di interrompere il processo di cessione parziale di Sunrise Wind e pianificare un’emissione di capitale da oltre 8 miliardi di euro.
Nel dettaglio, questa operazione finalizzata a portare nelle casse del Gruppo 60 miliardi di corone danesi garantirà agli azionisti pregressi un diritto di opzione per sottoscrivere la rispettiva quota proporzionale dell’aumento di capitale, in modo da consentire loro di mantenere la stessa proprietà relativa.
Di questi 60 miliardi, 40 miliardi finanzieranno il progetto statunitense dopo che la pianificata cessione parziale e altri modi di finanziamento alternativi non si sono più concretizzati. Negativa la reazione degli azionisti col titolo che, nella mattinata di lunedì, è arrivato a perdere anche oltre i 27 punti percentuali.
COPENAGHEN A BORDO
Lo Stato danese sottoscriverà la propria quota proporzionale del 50,1% dell’aumento di capitale. Tutte le azioni non sottoscritte dagli azionisti esistenti esercitando il loro diritto di prelazione o da altri investitori idonei saranno invece sottoscritte da Morgan Stanley per garantire il completamento dell’operazione.
Finora, a dispetto di questi interventi straordinari, l’azienda ha comunque mantenuto invariata la propria previsione per il 2025 (Ebitda tra 25 e 28 miliardi di corone), escludendo nuove partnership. La pubblicazione dei risultati semestrali è prevista per il prossimo 13 agosto.