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Nucleare

Cosa deve fare l’Italia per riattivare l’energia nucleare

Il presidente dell'Associazione Italiana Nucleare, Umberto Minopoli, ha chiesto alla politica di attuare tre misure per reintrodurre l'energia nucleare in Italia. Ecco quali e perché.

 

Nella sua relazione per la giornata nazionale dell’Associazione Italiana Nucleare, il 20 dicembre, il presidente Umberto Minopoli ha chiesto al governo e al Parlamento di attuare tre misure per reintrodurre in Italia l’energia nucleare.

L’ITALIA È L’UNICO PAESE DEL G7 SENZA NUCLEARE

L’Italia è l’unico paese membro del G7 – il gruppo che riunisce alcune delle economie più avanzate del pianeta: ne fanno parte anche Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti – sprovvisto di centrali nucleari attive. I reattori nucleari a fissione permettono di produrre energia elettrica senza emettere gas serra (a differenza dei combustibili fossili) e in maniera stabile e continuativa (a differenza dell’eolico e del solare); la reazione, però, rilascia scorie radioattive da gestire con attenzione.

Per le sue caratteristiche, il nucleare è una fonte di energia utile al processo di decarbonizzazione, e infatti sta vivendo un momento di grande attenzione in Europa (specialmente in Francia), negli Stati Uniti e in Asia (soprattutto in Giappone e in Corea del sud).

Minopoli, in qualità di presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, ha rivolto un appello alle istituzioni politiche italiane affinché attuino tre misure “che riaprano, in maniera realistica e concreta, all’energia nucleare” nel nostro paese.

ATTENZIONE ALLA SICUREZZA ENERGETICA

La prima consiste nell’elaborazione di una politica energetica nazionale incentrata sulla sicurezza energetica e sulla riduzione della dipendenza dalle importazioni, e non soltanto sugli obiettivi di emissione. L’Italia è il secondo più grande importatore netto di elettricità al mondo.

Minopoli chiede di “tornare a ragionare in termini di programmazione delle fonti con cui realizzare insieme target emissivi e sicurezza e continuità delle forniture di cui ha bisogno la domanda di energia del paese. Una volta”, dice, “noi avevamo un ente elettrico nazionale, l’Enel, che aveva il compito di promuovere la programmazione elettrica ed energetica. Occorre ripristinare una funzione di pianificazione energetica. Rafforzando le funzioni di studio e di elaborazione di altri enti pubblici energetici, a partire dall’ENEA”, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

I PICCOLI REATTORI NUCLEARI

Come secondo punto, Minopoli propone “una legge che sostenga, incentivi e promuova la partecipazione delle imprese italiane ai progetti e ai programmi di sviluppo internazionali nel campo dei piccoli e medi reattori SMR”.

La sigla SMR sta per small modular reactors, “piccoli reattori modulari”: si tratta di reattori a fissione nucleare dalle dimensioni molto più contenute rispetto a quelli tradizionali; sono inoltre fatti a moduli, e quindi più semplici da produrre in serie e da assemblare. Le dimensioni ridotte e la modularità consentono di ridurre i costi e i tempi di installazione degli impianti, permettendogli di reggere la concorrenza economica con i parchi eolici e solari.

Gli SMR sono strutture sperimentali, non ancora affermatesi a livello commerciale. Gli Stati Uniti stanno sostenendo questa tecnologia con soldi pubblici, e secondo Minopoli “non è giusto che l’industria italiana sia fuori da questa sfida. Non possiamo ridurci ad essere solo fruitori in questa sfida di mercato”.

LA CRITICA AL PNRR

Minopoli definisce “un atto di miopia, di ritardo culturale, di provincialismo mosso da ideologia l’avere per trentacinque anni tenuto il nucleare fuori dalla leggi che, in Italia, sostengono la ricerca e l’innovazione”.

Questa “miopia”, prosegue, “è continuata con il PNRR dove, a differenza ad esempio della Francia, non si è considerato che, tra le tecnologie nuove per la transizione energetica, il nuovo nucleare, quello dei reattori SMR e della quarta generazione, [è] tra le più vicine all’implementazione. L’Europa, signori politici, va in questa direzione. Ad esempio, con la decisione di attivare un’iniziativa dell’UE sullo sviluppo degli small reactors. L’Italia, con industria e università, è presente autonomamente in questa iniziativa. Ma senza il conforto di un sostegno dello stato. Che ovviamente è massiccio nel caso di altri paesi”.

IL DEPOSITO NAZIONALE DEI RIFIUTI RADIOATTIVI

La terza e ultima richiesta di Minopoli riguarda la realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, ossia il sito nel quale concentrare le scorie che al momento sono sparse in varie aree sul territorio italiano.

I circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi che il deposito dovrebbe ospitare provengono sia dalla dismissione delle centrali nucleari (quattro, fino al 1987) che dalla medicina nucleare (per le terapie contro il cancro, ad esempio) e dalle industrie (parafulmini o allarmi antincendio).

L’Italia, ha detto Minopoli, è l'”unico paese in Europa” a tenere “dispersi in circa un centinaio di depositi (non costruiti allo scopo dello smaltimento di tali rifiuti, ma solo al loro stoccaggio temporaneo). È ora di uscire dall’ipocrisia sul deposito: accelerare le procedure di localizzazione, convocare conferenze di servizi sui siti valutati idonei e, dopo il dibattito pubblico, scegliere e decidere”.

“Si tratta”, ha proseguito il presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, “di un’infrastruttura utile, di un investimento che porta sviluppo e occupazione qualificata nel sito prescelto. Ed è una scuola delle tecnologie di smaltimento e trattamento dei rifiuti radioattivi”.

– Leggi anche: Cosa sta facendo Eni sulla fusione nucleare

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