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L’Italia rischia di rimanere indietro sull’eolico: Report Anev

Per raggiungere gli obiettivi del Pniec, le regioni d’Italia dovrebbero autorizzare almeno 800 MW di eolico all’anno. Il ritmo attuale è di otto volte inferiore

La durata media dell’iter autorizzativo per gli impianti solari ed eolici in Italia è incompatibile con i target del PNIEC. Lo sostiene ANEV, l’Associazione nazionale energia del vento, che parla di quattro anni e nove mesi per l’approvazione dei progetti sull’eolico e di un anno e cinque mesi per quelli sul fotovoltaico, spesso peraltro oggetto di successive revoche.

Il quadro presentato dall’associazione non sembra affatto favorevole al raggiungimento degli obiettivi sull’energia e sul clima che l’Italia si è data, coerentemente con quanto deciso dall’Unione europea (una riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento al 2030, rispetto ai livelli del 1990).

COSA (NON) FANNO LE REGIONI

Ad oggi, infatti, nessuna regione ha recepito in via definitiva i target previsti dal PNIEC e sono pochissime quelle che stanno elaborando proposte di aggiornamento dei propri piani energetici per i nuovi target al 2030.

La Lombardia, per esempio, si è avvalsa di uno strumento di monitoraggio e aggiornamento biennale del proprio piano, anche se al momento gli obiettivi si fermano al 2020. In Piemonte il nuovo piano energetico è in attesa dell’approvazione da parte del consiglio regionale. Quello del Lazio contiene strategie e obiettivi fino al 2050 ed è vicino all’approvazione: tuttavia è stato formulato prima del PNIEC. A necessitare di un aggiornamento è anche il piano della Sardegna, approvato nel 2014; quello dell’Emilia-Romagna risale al 2017. Ci sono poi piani in consultazione in Puglia e in Sicilia; in Campania tale fase è terminata nel 2019 e si attende l’approvazione.

L’approvazione di piani regionali adeguati e aggiornati è cruciale per il raggiungimento degli obiettivi nazionali sulle rinnovabili, dato che ad ogni regione è stata assegnata una quota obbligatoria di produzione energetica da queste fonti: si parla in gergo di “burden sharing”.

COSA FARE PER RAGGIUNGERE I NUMERI DEL PNIEC

Il PNIEC prevede che entro il 2030 l’eolico raddoppi la sua produzione attraverso impianti nuovi e “repowering” (un aggiornamento dei componenti già installati che permette una maggiore potenza). Sono peraltro previsti 900 megawatt di eolico offshore, in mare, che l’Italia potrebbe realizzare puntando sulle nuove tecnologie galleggianti.

Uno studio di Elemens realizzato per ANEV spiega che, perché si possano realizzare questi obiettivi, “le regioni dovranno autorizzare almeno 800 MW all’anno, quando il ritmo negli ultimi tre anni è stato di ben otto volte inferiore”. Considerato lo stato attuale del rilascio delle autorizzazioni, gli obiettivi del PNIEC per l’eolico previsti per il 2030 verranno raggiunti con almeno vent’anni di ritardo, al 2050.

COME VA L’EOLICO IN ITALIA

Lo studio ricorda poi che a tre anni dall’introduzione delle nuove norme sul permitting dell’eolico – la valutazione di impatto ambientale, o VIA – non è stato autorizzato nessun nuovo impianto di questo tipo, benché siano stati presentati progetti per oltre 9 gigawatt di capacità.

Dall’anno della sua costituzione (il 2017), il Comitato VIA Nazionale ha rilasciato solo quattro valutazioni sulle 132 richieste. Su circa 9,2 GW di istanze, più di 6 GW risultano ancora da processare e prive di un parere; su quelle esaminate, il ministero della Cultura si è espresso negativamente tre volte su quattro.

IL PROBLEMA DELLA CONCENTRAZIONE AL SUD

I progetti eolici si concentrano principalmente nel Centro-Sud Italia, con un “affollamento” – sostiene Elemens – in alcune provincie della Puglia e della Campania.

Questa situazione è di ostacolo allo sviluppo di nuova capacità, dato che molti dei pareri negativi rilasciati dalle regioni, soprattutto in termini di impatto ambientale e visivo, portano come principale argomentazione la presenza sul territorio di un numero già elevato di impianti in esercizio oppure già autorizzati.

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