Su oltre 10,5 gigawatt di capacità eolica installata in Italia, il contributo degli impianti offshore – cioè posizionati in mare – è pari a zero. Neanche un megawatt. Nel mondo il settore dell’eolico offshore è ancora una nicchia ma è cresciuto molto negli ultimi anni, specialmente in alcuni paesi del Nord Europa. Rispetto alla terraferma, il mare offre il vantaggio di poter installare turbine più grandi – e anche più potenti, per quantità di energia prodotta – contenendo l’impatto visivo.
I VINCOLI ALL’EOLICO OFFSHORE IN ITALIA
In Italia esistono tuttavia una serie di vincoli che limitano lo sviluppo dell’eolico offshore. Vincoli paesaggistici e ambientali (con relative proteste delle soprintendenze), ad esempio; oppure problemi di interferenza con le rotte di navigazione. O, ancora, difficoltà infrastrutturali e logistiche dovute alle connessioni degli impianti con la rete elettrica.
Ma non solo. L’installazione di turbine offshore in Italia è complicata anche da vincoli metereologici e geologici. La ventosità del mar Mediterraneo è innanzitutto medio-bassa, inferiore a quella del mare del Nord. E poi i fondali sono profondi, una caratteristica che non vi permette l’ancoraggio delle piattaforme. In Sicilia e in Sardegna il fondo marino scende oltre i 30 metri già a poca distanza dalla costa.
GLI OBIETTIVI DEL PNIEC
Il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) – il documento del governo italiano per la decarbonizzazione del sistema energetico, incentrato sulla crescita della quota delle fonti rinnovabili – prevede di portare la potenza eolica offshore a 900 MW entro il 2030.
ANEV, l’Associazione nazionale energia del vento, stima che siano realizzabili circa 950 MW, di cui 375 si sarebbero potuti installare già nel 2020 se solo il contesto burocratico fosse stato diverso e più semplice. Come ricorda il presidente dell’associazione, Simone Togni, il tempo medio per l’autorizzazione di un impianto eolico in Italia supera i cinque anni.
Secondo ANEV, considerati i vari vincoli, è possibile installare circa 550 MW di capacità eolica offshore tra l’Abruzzo e la Puglia e altri 300 MW tra la Sardegna e la Sicilia “nel caso in cui fosse sostanzialmente riducibile il vincolo della prossimità alle rive”.
LE POTENZIALITÀ DELLE TECNOLOGIE GALLEGGIANTI
Esistono tuttavia delle tecnologie che hanno “riaperto la possibilità” di uno sviluppo più ampio dell’eolico nei mari italiani, ha detto Togni a Energia Oltre: le tecnologie floating, galleggianti. Invece di installare impianti dalle fondamenta fisse – cosa difficile nel Mediterraneo, vista l’elevata profondità dei fondali –, le tecnologie floating permettono di inserire le turbine su delle piattaforme galleggianti. E dunque di sfruttare l’energia del vento anche in aree inutilizzabili con le tecnologie tradizionali.
ANEV sta “spingendo molto” sulle tecnologie per l’eolico floating, ha detto Togni ad Energia Oltre, “che sono sempre più disponibili e anche nazionali”, italiane.
Lo scorso novembre il Sole 24 ORE raccontava del progetto MeDWos del gruppo Toto Holding per un parco eolico galleggiante in mare aperto, a 60 chilometri dalle coste della Sicilia, composto da 190 turbine per una capacità totale di 2,9 GW.
IL FOTOVOLTAICO “FLOATING”
Ma il floating può essere applicato anche a fonti diverse dall’eolico, come il solare. Il progetto AGNES di Saipem e QINT’X prevede infatti la realizzazione, al largo di Ravenna, di un distretto marino integrato per le energie rinnovabili: eolico offshore, fotovoltaico galleggiante e produzione di idrogeno verde.
COME FAR SVENTOLARE MEGLIO E DI PIU’ L’EOLICO IN ITALIA. RAPPORTO ANEV