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Emergenza Rifiuti

Il governo s’incenerisce sui rifiuti?

Il governo, di fatto, ha trasformato in rifiuti urbani una quota rilevante di rifiuti speciali non pericolosi. L'allarme della Cna 

Un errore non da poco. E sul concetto di errore ci sono tutti i dubbi di questo mondo. Un governo giallorosso, composto da abili ambientalisti, che sbaglia?

Sì, almeno sul fronte rifiuti, dove pare abbia interpretato male la definizione indicata nella Direttiva europea specifica. Di fatto ha trasformato in rifiuti urbani una quota rilevante di rifiuti speciali non pericolosi. Quelli prodotti dalle imprese, per capirci, che sono una palla al piede del sistema industriale.

Il deficit italiano di impianti per il trattamento dei rifiuti è risaputo. Soprattutto per l’energia potenziale non sfruttata dagli impianti che mancano e assai poco graditi al ministro dell’Ambiente Cinquestelle. Il governo parla di trattamento rifiuti, ma fa confusione. Per la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa-Cna – non ci sono dubbi, il governo bluffa. Ricorre a furbizie normative che fanno scattare un allarme tra i piccoli imprenditori. Quale? Quello che le regole del decreto legislativo 116/2020 del Conte bis “determinano un pesante aggravio di costi e mettono a rischio il percorso virtuoso verso l’economia circolare”.

Diciamo la verità, di un nuovo atto di accusa al governo sulle politiche green non se ne avvertiva il bisogno. Eppure se un’organizzazione così rappresentativa si muove a testa bassa, qualcosa di vero ci deve essere. Al di là dei racconti quotidiani sulla svolta sostenibile e il Recovery Fund, il decreto che entra in vigore interpreta erroneamente la definizione di rifiuti indicata nella Direttiva comunitaria.

Di fatto succede che vengono trasformati in rifiuti urbani una quota rilevante di rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle imprese. “La novità – ha spiegato Elena Calabria, vice presidente Cna – potrebbe rappresentare una semplificazione, potendo gestire i rifiuti speciali non pericolosi come rifiuti urbani. Invece nella sostanza comporterà solo un aumento dei costi per i produttori”.

Dal punto di vista amministrativo per molte imprese ci sarà un ampliamento delle superfici che rientrano nel computo della Tari con un aumento dell’imposta e il gioco è fatto. Gli artigiani hanno stimato un aumento dei costi addirittura di cinque volte superiore agli importi attuali. Un salasso in piena ripartenza economica, insopportabile per migliaia di artigiani e piccoli imprenditori. Si fatica a credere che i tecnici ministeriali, prima ancora dei politici, non abbiano previsto gli effetti concreti di una tale interpretazione. Non si fanno passi avanti per migliorare la raccolta rifiuti e spostarla verso usi energetici, di cui c’è bisogno.

Il Decreto, insomma, favorisce la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi all’interno del servizio pubblico. E qui si pone un problema ancora più grande: il riciclo di quello che sarà raccolto. Chi può garantire che i volumi di rifiuti prelevati presso gli artigiani e riciclati saranno superiori a quelli realizzati negli anni dalla gestione affidata al mercato? Infatti, spiega Cna, il correttivo introdotto nel decreto è insufficiente. La possibilità concessa alle imprese di scegliere una gestione a mercato di tali rifiuti è fittizia, in quanto non è chiaro l’effettivo risparmio sulla Tari. Qualcuno si farà carico in Parlamento di questo allarme? Si cambierà? Per ora tutto è spazzatura, con poche e sibilline differenze.

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