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Legge Ambiente Ue

È l’inizio della fine del Green Deal europeo?

Cominciano a suonare le prime note della marcia funebre del Green Deal: la transizione ecologica europea sembra obbligare a una scelta tra crescita economica o sostenibilità. L'analisi di Sergio Giraldo.

La transizione ecologica si sta rapidamente accartocciando su sé stessa. Dopo le fanfare di Bruxelles sull’Europa ad emissioni zero, oggi in lontananza si avvertono distintamente le prime note di una marcia funebre. Lo sconvolgimento portato dall’economia ad emissioni zero non è solo tecnologico: l’ingegneria sociale che si vuole applicare ad un cambiamento così massiccio rischia di provocare terremoti. L’economia cosiddetta sostenibile è in realtà un vicolo cieco che comporta un do ut des: o crescita economica o sostenibilità.

LE PROMESSE DEL GREEN DEAL E LA REALTÀ

Lo dicono ormai molti studiosi. Il Green Deal europeo ha il dichiarato scopo di coniugare crescita economica e sostenibilità ambientale. Come recita enfaticamente il suo preambolo, il Green Deal “intende garantire: 1) nessuna emissione netta di gas serra entro il 2050; 2) crescita economica dissociata dall’uso delle risorse; 3) nessuna persona e nessun luogo lasciato indietro”.

Ma è davvero così? L’economia verde riuscirà a disaccoppiare la crescita del PIL dallo sfruttamento delle risorse?

A quanto pare, c’è grande scetticismo sulla possibilità concreta di raggiungere tale risultato, anche tra esperti e scienziati. Perché si possa realizzare il sogno di Ursula von der Leyen, il disaccoppiamento deve essere reale: cioè l’economia dovrebbe crescere mentre diminuiscono le emissioni. Chi sostiene l’economia verde afferma che ciò è possibile nel lungo termine, il famoso lungo termine in cui saremo tutti morti.

Dall’altra parte, vi è tra gli esperti chi pensa che il disaccoppiamento non porterà crescita (agrowth) e chi pensa invece che comporterà esplicita decrescita economica (degrowth), anzi che il calo del PIL mondiale sia una condizione necessaria per far calare le emissioni.

COSA DICONO GLI STUDI

Rimedio peggiore del male. Uno studio recentissimo di Jefim Vogel dell’università di Leeds e Jason Hickel della London School of Economics mostra che gli attuali tassi di disaccoppiamento nei paesi ad alto reddito sono ben al di sotto di quanto sarebbe necessario per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, come stabilito dall’Accordo di Parigi.

In un sondaggio effettuato tra gli esperti per la rivista Nature Sustainability (King, L.C., Savin, I. & Drews, S. Shades of green growth scepticism among climate policy researchers, 7 agosto 2023) il 73% degli intervistati dice che la sostenibilità non porterà crescita economica. Solo un 27% degli studiosi pensa che sia possibile coniugare crescita economica e sostenibilità.

Dunque, con la decarbonizzazione ad ogni costo (dove il costo è sostenuto dai cittadini) ci stiamo suicidando economicamente. La dottrina del World Economic Forum applicata.

La prospettiva di una vita più povera, che è quella che il 73% degli scienziati interpellati da Nature indica come probabile, non è il solo problema.

GLI OSTACOLI ALLA TRANSIZIONE

Molti sono i fattori reali che ostacolano la transizione, e molte sono le conseguenze che questa porta con sé. Ad esempio, l’estrema necessità di materie prime legata al salto tecnologico richiesto dalla produzione di energia a emissioni zero (posto che davvero lo sia) comporta risvolti tecnici e geopolitici che sin qui sono stati trascurati, quando non decisamente negletti, dagli entusiasti promotori della nuova frontiera. La Verità ne ha parlato molte volte, da anni.

La più evidente conseguenza delle nuove catene di fornitura per l’energia è la drammatica dipendenza dalla Cina per la maggior parte dei materiali e dei componenti necessari. Se dipendere per il gas dalla Russia non era una buona idea, non si vede perché debba esserlo dipendere dalla Cina per i materiali legati all’economia verde. L’intensità minerale della transizione ecologica porta l’Unione europea nelle braccia di Pechino.

Solo per citare le ultime informazioni, la Cina nei giorni scorsi ha fissato la quota di produzione di terre rare (elemento fondamentale per la transizione ecologica, di cui la Cina è quasi monopolista) a 240.000 tonnellate per il 2023. Si tratta di un aumento del 14% rispetto al 2022, ma è molto inferiore all’aumento che si verificò nel 2022 rispetto all’anno precedente (+25%). La Cina dosa il suo sforzo produttivo in base alle proprie necessità e manovra il mercato mondiale come meglio crede, potendo farlo. Le transizioni ecologiche occidentali sono appese agli appetiti di Pechino.

Inoltre, la produzione mondiale di alluminio primario (altro metallo indispensabile all’Occidente) nello scorso mese di agosto ha toccato il massimo storico annualizzato a 71,2 milioni di tonnellate. Questo perché la Cina ha aumentato significativamente la produzione per fornire il fabbisogno interno, mentre i dati sembravano suggerire un calo. Il contemporaneo aumento della produzione del resto del mondo ha depresso i prezzi. In ogni caso il governo di Pechino ha posto un tetto massimo alla produzione mensile (45 milioni di tonnellate annue). Non si sa ancora se il tetto verrà alzato. Ciò ha comunque un impatto sui prezzi, introducendo una turbativa legata a decisioni politiche. Ancora una volta, l’Europa è legata a doppio file alle decisioni politiche cinesi.

LE PAROLE DI JAMIE DIMON (JPMORGAN)

In tutto ciò, la situazione economica mondiale non offre certo spunti di ottimismo. In questi giorni si è fatto sentire Jamie Dimon, potente banchiere americano a capo di JP Morgan, il quale in una intervista al Times of India ha detto: “”Non sono sicuro che il mondo sia preparato per tassi di interesse al 7%. Passare dallo zero al 5% ha preso qualcuno alla sprovvista ma chiedo alle persone che lavorano nel mondo degli affari: siete pronti per qualcosa come il 7%? Il caso peggiore è il 7% con stagflazione. Se ci saranno volumi più bassi e tassi più alti, questo comporterà uno stress nel sistema. Invitiamo i nostri clienti a essere preparati per quel tipo di stress. Warren Buffet dice che scopri chi nuota nudo quando la marea si abbassa. Quella sarà la marea che si ritira.” Messaggio chiaro e preoccupante.

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