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Come l’Italia deve sfruttare meglio le risorse energetiche made in Italy

Il commento di Carlo Pelanda, saggista e analista Lo sfruttamento delle risorse energetiche giacenti in Italia e suoi dintorni marini potrebbe risolverne i tre massimi problemi: debito pubblico eccessivo e inabilitante, depressione endemica del Sud e irrilevanza geopolitica nell’Ue con conseguenze di compressione degli interessi economici nazionali. Senza un plus di ricchezza e forza geoeconomica…

Lo sfruttamento delle risorse energetiche giacenti in Italia e suoi dintorni marini potrebbe risolverne i tre massimi problemi: debito pubblico eccessivo e inabilitante, depressione endemica del Sud e irrilevanza geopolitica nell’Ue con conseguenze di compressione degli interessi economici nazionali.

Senza un plus di ricchezza e forza geoeconomica l’Italia non riuscirà con la sola crescita del Nord super-industriale né a ridurre in quantità sufficienti il debito né a finanziare il Sud penalizzato dalla geomarginalizzazione. I giacimenti accertati sono di volume simile a quelli del Mare del Nord e Norvegia, ma quelli potenziali promettono dimensioni tali da rendere in prospettiva l’Italia il maggiore fornitore europeo. In tal senso la risorsa energetica è il plus più a portata di mano dell’Italia.

Tale evidenza ha iniziato a modificare la decennale politica di disinteresse dei governi italiani in materia di sfruttamento dei giacimenti nazionali e marini, provata in modo scandaloso dal cedimento nel Trattato di Caen sui confini con la Francia, per fortuna non ancora ratificato, aumentando recentemente le esplorazioni nell’Adriatico.

Ma ci vorrebbe ben di più, in particolare la definizione di zone marine di esclusivo sfruttamento economico italiano, finora mai fatta, corredate da possibilità di co-sfruttamento con le nazioni confinanti, anche per averne il consenso in una materia che potrebbe confliggere con gli standard «geometrici» dell’Onu.

Tale formalizzazione servirebbe a certificare un diritto di concessione dello Stato italiano su una zona molto estesa e, quindi, una prospettiva di 30-50 anni di futuri incassi. Ciò permetterebbe allo Stato di emettere obbligazioni variabili e «lunghe» con sottostante gli introiti da gas e petrolio per operazioni «patrimonio contro debito» capaci di ridurre sostanzialmente il debito stesso, forse rapidamente con una formula finanziaria «future».

L’estensione fino ai mari libici e tunisini della zona italiana, nonché nell’Adriatico (che è sopra una megabolla di gas) in modo concordato con le nazioni costiere, ridarebbe centralità geoeconomica e sviluppo al Sud (scenario Sudvegia). Inoltre, l’Italia potrebbe offrire alla Germania forniture alternative che ne ridurrebbero la dipendenza dalla Russia, risolvendo a Berlino un enorme problema, in cambio di un riconoscimento di maggiore rilevanza dell’Italia nell’Ue.

Tale scenario è denso di complicazioni, dall’opposizione di Francia e Russia alla gestione della sicurezza ambientale, ma è talmente promettente da metterne in priorità lo studio per come realizzarlo.

(articolo pubblicato su ItaliaOggi)

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