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Descalzi

Che cosa succede a Eni in Ghana

Le ultime novità per Eni in Ghana. Il punto di Giuseppe Gagliano

 

Nel luglio 2018 la società petrolifera italiana Eni ha dato inizio alla produzione di gas dal giacimento di Sankofa, parte del progetto Offshore Cape Three Points (OCTP), in Ghana. Il giacimento, stando alle stime iniziali, possiede una capacità produttiva di 180 milioni di piedi cubi di gas al giorno per almeno quindici anni. La quota di Eni nel progetto OCTP è del 44,44%; segue Vitol, olandese, con il 35,56%.

L’ultimo tentativo di Eni e del suo partner Vitol di mettere in discussione l’ordine di unire il proprio campo di Sankofa con quello di Fina (Springfield Energy) si è però concluso con un fallimento il 21 ottobre. Il processo di unificazione mira a designare un unico operatore per un deposito dislocato su più blocchi. Le due compagnie petrolifere internazionali avevano chiesto all’Alta Corte di giustizia di Accra di rivedere la legalità dell’ordinanza del ministero dell’energia. Quest’ultimo ha stimato ad aprile 2020 che i due giacimenti facessero parte dello stesso giacimento, ordinando alle due società di avviare il processo di unificazione.

L’Eni, che produce a Sankofa (blocco offshore Cape Three Points – OCTP) dal 2017, è riluttante a unire il proprio giacimento a quello della ditta locale Springfield, che ha completato un solo pozzo esplorativo su Afina (situato nel vicino blocco di OCTP, Capo Ovest tre punti). Springfield è gestito da Kevin Okyere, un parente stretto della famiglia presidenziale, sua moglie è la nipote della First Lady Rebecca Akufo-Addo.

In linea di principio, il meccanismo di riesame di una decisione presa da un’autorità pubblica consente di rimettere in discussione la legittimità dell’ordinanza, senza che il giudice debba pronunciarsi nel merito. In questo caso, Eni e Vitol hanno chiesto che il tribunale riconosca l’illegittimità dell’ordinanza di unitarietà, che considerano “arbitraria, ingiusta e irragionevole”.

Ma i 115 commi di argomentazione presentati da Eni e Vitol alla giustizia non sono bastati. Il giudice Emmanuel Kwesi Mensah ha respinto la loro richiesta per motivi procedurali. Nella sua decisione, secondo Africa Intelligence, il giudice indica che Eni e Vitol avrebbero dovuto far apparire le richieste di riparazione solo in una dichiarazione. Tuttavia, le due compagnie petrolifere avevano incluso anche questi elementi in una mozione. Il giudice è stato particolarmente intransigente sulla forma, anche considerando che il titolo della richiesta non era esattamente conforme. Ritiene inoltre che l’avvocato di Eni e Vitol, Nania Owusu-Ankomah dello studio ghanese Bentsi-Enchill Letsa & Ankomah, che si presenta come Legal Manager di Eni, non abbia sufficientemente dettagliato il suo legame con Vitol.

Eni e Vitol dovranno pagare 10.000 cedi (circa 1.400 euro) a Springfield Energy e al ministero della Giustizia per le spese processuali. Il ministero della Giustizia aveva chiamato al suo servizio l’avvocato Adwoa Obeng, mentre Springfield era difeso dall’avvocato Nana Boakye Mensah-Bonsu dello studio Sory@law.

Finora la giustizia ghanese è stata molto severa nei confronti dell’Eni. Gli aveva già ordinato il 23 giugno di depositare in un conto vincolato il 30% del reddito del campo produttore Sankofa. L’Eni non si è conformata a tale decisione.

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