In Germania si riaccende il dibattito sull’utilità di completare l’ambizioso piano dei rigassificatori in una fase relativamente tranquilla del mercato del gas e di fronte ai timori di una sovra-capacità, già allo stato attuale. Lo spunto è dato dal continuo slittamento dell’entrata in funzione dell’impianto di Rügen, il più contestato dell’ondata di rigassificatori pianificati dal governo tedesco sull’onda del panico all’indomani dell’attacco russo all’Ucraina. L’addio ai gasdotti di Nord Stream 1 e 2, poi la rottura commerciale con Mosca e la necessità di rimodellare tutto il sistema dell’approvvigionamento energetico, per di più senza rinunciare alla chiusura definitiva delle centrali atomiche: per Olaf Scholz e il suo ministro dell’Economia Robert Habeck una sfida epocale.
Accanto all’accelerazione sulle rinnovabili (eolico e solare in primo luogo), la scelta di puntare sui rigassificatori, a terra e galleggianti, per diversificare le aree di provenienza dei flussi di gas. Una scelta costosa, che fa rimpiangere ogni giorno a famiglie e imprese i tempi felici del gas a basso costo dalla Russia. Ma i tempi sono cambiati e, nessuno più dei tedeschi ha in Europa memoria del clima di una guerra fredda.
Così nell’inverno 2022, quello dello scoppio della guerra in Ucraina e della crisi energetica, il governo ha sfornato progetti per la realizzazione a tempi di record di una serie di terminal GNL: tre, cinque, fino a otto ipotesi di impianti, tutti disseminati lungo le due coste marine, quella occidentale del Mare del Nord e quella orientale del Mar Baltico (in tedesco Ostsee), proprio laddove arrivavano i tubi dell’ormai defunto Nord Stream.
Ma di tutti i progetti, quello nella baia di Mukran sull’isola di Rügen ha sollevato da subito un’opposizione furiosa: una stazione di approdo per navi cisterna con gas naturale liquido nella zona di deposizione delle uova delle aringhe, infrastrutture critiche nel mezzo dell’isola turistica più famosa della Germania, inquinamento acustico nelle immediate vicinanze dello storico Ostssebad Binz. Questi i timori che hanno agitato per mesi abitanti dell’isola, operatori turistici e gruppi ambientalisti. Ma in realtà a Mukran da metà giugno c’è soprattutto una cosa: la calma.
Proprio mentre tutto sembrava pronto per la messa in moto dell’impianto, le cose si sono curiosamente fermate. I dati dell’associazione industriale Gas Infrastructure Europe (Gie) mostrano che dal 19 giugno non un solo metro cubo di gas è stato immesso nella rete tedesca attraverso le due navi di rigassificazione FSRU arrivate da tempo in rada. I gasdotti di collegamento sono pronti, l’autorizzazione di base è stata ottenuta, un paio di ricorsi da parte di organizzazioni ecologiste sono stati respinti, ma la data di avvio è sempre slittata. L’operatore privato Deutsche Regas, che gestisce il terminale, dice che ormai è roba di pochi giorni. Secondo informazioni raccolte dalla tv regionale pubblica Ndr mancherebbe ancora un via libera legato a problemi di sicurezza (difesa dell’impianto da cyberattacchi).
Nel frattempo è però ripresa la polemica sull’effettiva utilità di questo rigassificatore, dal momento che la capacità degli impianti già attivi pare essere più che sufficiente, forse già superflua rispetto alle reali necessità. Scholz e Habeck si sono espressi più volte a favore del controverso progetto, sostenendo che garantirà la sicurezza dell’approvvigionamento della Germania dell’Est.
Al momento sono in funzione tre impianti sulla costa del Mare del Nord, a Wilhelmshaven, Brunsbüttel e Stade, uno sulla costa del Baltico, a Lubmin. A questi si aggiungeranno le due navi FSRU del rigassificatore di Rügen.
Ma in effetti il mercato del gas si è calmato da tempo. Secondo la Bundesnetzagentur, l’Agenzia federale delle reti, gli impianti di stoccaggio tedeschi sono attualmente pieni quasi al 90%, le importazioni di gas sono stabili da mesi e i prezzi all’ingrosso sono scesi al di sotto dei livelli pre-crisi. Di conseguenza, la situazione del mercato del gas naturale liquefatto raffreddato e trasportato a costi elevati è poco vivace: il boom del GNL è già finito?
Due dei tre terminal del Mare del Nord, Wilhelmshaven e Brunsbüttel, gestiti dall’amministratore statale Deutsche Energy Terminal (Det), nella prima metà dell’anno erano in uso stabile con un utilizzo rispettivamente del 73 e dell’82%. Ma anche lì si nota un calo di interesse. Interrogato dai cronisti del Tagesspiegel, un portavoce di Det ha confermato i problemi di commercializzazione dei terminali: “I bassi prezzi del gas in Europa attualmente offrono pochi incentivi all’importazione di GNL”, ha detto.
Il governo federale vuole tuttavia espandere ulteriormente le capacità esistenti. Anche a Stade è in preparazione una nave FSRU e un’altra sarà installata a Wilhelmshaven, nonostante gli avvertimenti di analisti e comunità scientifica che temono un eccesso di capacità. E anche dal fronte governativo giungono le prime richieste di invertire rotta: “L’emergenza gas è finita”, ha detto sempre al Tagesspiegel Lisa Badum, portavoce della politica climatica dei Verdi, “il terminal di Mukran non è necessario, possiamo risparmiare miliardi di euro”. Finora, meno del dieci per cento del fabbisogno di gas della Germania è stato importato tramite terminali GNL, ha aggiunto l’esponente verde, “due FSRU sono sufficienti per questo”.
Ma per gli altri partiti della maggioranza (Spd e Fdp), così come per l’opposizione di Cdu e Csu, i rigassificatori sono l’assicurazione sulla vita dell’approvvigionamento di gas tedesco, indispensabili per la sicurezza in Germania e in Europa, e sarebbe un errore rinunciarvi ora. “Con la ripresa economica, la domanda di energia aumenterà nuovamente e il GNL svolgerà un ruolo chiave nel consentire questa crescita”, ha detto l’esperto di energia del partito liberale Lukas Köhler. Oltre a essere una garanzia di fronte a rischi di sabotaggio o guasti ad altri gasdotti e durante i picchi di carico.