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Gazprom

Il grande perdente della crisi del gas sarà Gazprom?

Perdendo l'accesso al mercato europeo, la società statale russa del gas Gazprom ha visto svanire il 70 per cento dei suoi introiti. L'articolo di Marco Orioles.

 

La guerra della Russia di Putin ha mietuto una vittima illustre, ma in patria: Gazprom.

È Politico a raccontarci, in un articolo dal titolo emblematico “Come Putin ha menomato Gazprom”, di come il conflitto abbia prodotto conseguenze drammatiche per il colosso russo dell’energia, costretto a rinunciare, assieme al mercato europeo, al 70% dei suoi introiti.

Gli indicatori della crisi sono eloquenti: la quota di Gazprom nel mercato europeo è scesa dal 40 al 9%; costati più di venti miliardi di dollari, i due gasdotti Nord Stream giacciono inerti in fondo al Mar Baltico. Inoltre le azioni del monopolio russo del gas sono scese dell’88% dal giorno dell’invasione, per non parlare del fatto che ad agosto la compagnia è stata costretta a bruciare ampie quantità di gas invenduto.

Come spiega a Politico Adnan Vatansever, esperto di energia russa al King’s College di Londra, Gazprom sta soffrendo “una crisi esistenziale”. Per Vatansever sono le stesse prospettive di crescita del gruppo a essere ora messe in discussione, tanto che “a un certo punto (Gazprom) dovrà ridurre significativamente la produzione”.

Al momento Gazprom rimane una macchina che sforna sodi a tamburo battente: a dispetto di un export verso l’Ue diminuito del 48% nei primi otto mesi di quest’anno rispetto al 2021, i suoi profitti sono raddoppiati nella prima metà del 2022 grazie ai prezzi del gas alle stelle, al punto che la compagnia incamera ogni giorno circa 100 milioni di dollari. È stato deciso inoltre di distribuire ben 20 miliardi di dollari in dividendi.

CHE COSA SUCCEDE A GAZPROM

Ma se queste sono le fotografie del presente, il film per il futuro si fa cupo. Anzitutto, come chiarisce James Henderson, direttore delle ricerche sulla transizione energetica all’Oxford Institute for Energy Studies, se oggi si possono prevedere prezzi alti almeno per i prossimi due anni, le prospettive per il futuro sono incerte.

“Dalla seconda metà di questo decennio”, prosegue Henderson, “c’è certamente un punto interrogativo sulla possibilità che Gazprom possa mantenere le stesse dimensioni che ha oggi”. Per l’analista, dunque, non è una questione di se ma di quando la compagnia sarà costretta a “ridimensionarsi”. Henderson fissa anche una data per questo sviluppo: nel 2025 o “prima di allora”, a seconda di come evolverà la dinamica dei prezzi e di come e in che misura l’Europa sarà in grado di affrancarsi dai rifornimenti russi.

Con la porta dell’Europa sostanzialmente chiusa le strategie di Gazprom dovranno necessariamente concentrarsi sui suoi altri mercati di riferimento.

Ci sono anzitutto le ex Repubbliche sovietiche, come la Bielorussia e le nazioni dell’Asia centrale, dove Gazprom vende il suo gas a prezzi fortemente scontati per via della volontà del Cremlino di mantenere quei Paesi nella propria sfera di influenza. Ma da questo mercato Gazprom ricava meno di 5 miliardi di dollari.

COME VA IL MERCATO ASIATICO PER GAZPROM

L’altro mercato a cui guardare è certamente quello asiatico, con particolare riguardo alla Cina. Mosca rifornisce Pechino con circa 16 miliardi di metri cubi di gas l’anno attraverso la pipeline Power of Siberia, aperta nel 2019. Altri 10 miliardi di metri cubi arriveranno quando sarà completata la pipeline che la Russai sta costruendo nel suo Estremo Oriente. C’è infine il progetto della pipeline da 50 miliardi di metri cubi Power of Siberia II, la cui costruzione però non comincerà prima del 2024.

Ma c’è un problema in questa proiezione cinese di Gazprom: combinati insieme i flussi che transitano e transiteranno verso la Cina via pipeline non raggiungono nemmeno la metà del 150 miliardi di metri cubi che Gazprom storicamente metteva a disposizione dell’Europa.

DOSSIER PREZZI PER GAZPROM

Inoltre c’è la questione dei prezzi. Come rileva Jonathan Stern, ricercatore all’Oxford Institute for Energy Studies, “al momento il gas è venduto in Cina a un prezzo molto più basso di quello che Gazprom imponeva all’Europa”.  Da qui i seri dubbi di Stern che Gazprom “possa sperare di ricavare gli stessi introiti” dalle transazioni con Pechino.

CAPITOLO GNL

Ci sarebbe infine l’opzione GNL, ma questa è un’area in cui, secondo Vatansever, Gazprom ha accumulato parecchio ritardo, al punto di essere surclassata dalla compagnia rivale russa indipendente Novatek. Inoltre c’è un ostacolo formidabile: la tecnologia necessaria per raffreddare il gas e renderlo liquido è interamente nelle mani dell’Occidente che difficilmente, viste le sanzioni imposte alla Russia, la metterà a disposizione di Gazprom.

Se la Russia puntava a rientrare tra i primi quattro esportatori globali di GNL entro il 2030, secondo Henderson questo obiettivo non potrà essere raggiunto prima del 2040 (“forse”).

In ogni caso le vendite di GNL da parte della Russia, anche contando quelle effettuate da altre compagnie come Novatek, non saranno sufficienti a rimpiazzare i volumi persi in Europa.

GLI SCENARI PER GAZPROM

Come ricorda l’analista indipendente Oliver Alexander, con gli attuali terminal la Russia può produrre l’equivalente di 42 miliardi di metri cubi di GNL; ciò significa, secondo Alexander, che “ci vorranno decenni anche solo per avvicinarsi alla produzione” che Gazprom smista attraverso le sue pipeline.

Una vera alternativa al declino per Gazprom dunque non esiste. È per questo motivo che Putin ha recentemente ventilato la possibilità di ricostruire la relazione con l’Europa e ha anche fatto riferimento alla possibilità di attivare quel ramo del Nord Stream 2 che non è stato danneggiato dai recenti sabotaggi.

Ma l’Europa non mangia la foglia: per dirla con la portavoce del governo tedesco Christiane Hoffmann, “indipendentemente dal possibile sabotaggio delle due pipeline, abbiamo visto che la Russia non è un affidabile fornitore di energia”.

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