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Africa Petrolio

Fatti e fuffe sulla transizione energetica. Parla Sapelli

Intervista a Giulio Sapelli, professore di Storia economica

La pandemia di COVID-19 sembra aver esasperato una condizione strutturale del mercato petrolifero, dove una domanda stagnante si contrapponeva ad un’offerta invece eccedente. Già in precedenza la transizione energetica aveva reso incerto il futuro del greggio. Professor Sapelli, siamo davvero giunti alla fine di un’epoca, o il petrolio ha ancora un futuro?

La domanda di petrolio è stagnante perché c’è una stagnazione secolare: la crescita è inferiore a quella prevista. Ci sono stati grandi problemi in Mesopotamia e in Africa del nord con le guerre in Siria e in Libia: guerre che hanno colpito le fonti energetiche, ma che hanno anche interrotto le comunicazioni. La crescita dell’Africa, poi, non è stata così rapida come si pensava.

Ma i combustibili fossili continuano ad essere i più richiesti su scala mondiale. Per quanto riguarda il petrolio, il cambiamento più grande avvenuto negli ultimi quarant’anni ha a che vedere con le modalità di scambio: i barili non si scambiano per quantità fisiche ma per quantità finanziarie. I prezzi sono crollati perché non si erano previste le chiusure pandemiche; milioni di barili erano già stati venduti ma non sarebbero stati collocati.

Tra la pandemia e il passaggio finanziario, che cosa ha avuto un impatto maggiore sul mercato petrolifero?

Ovviamente la finanziarizzazione, che resterà anche quando la crisi del coronavirus sarà rientrata. L’elemento geopolitico è l’unico caso che alimenta la volatilità in maniera “fisica”, perché ci sono delle interruzioni alle forniture.

C’è chi sostiene che la fine del petrolio sia imminente. Per lei è così?

Sono cinquant’anni che ci si chiede se sia giunta la fine del petrolio. Eppure i dati del consumo di petrolio sono in costante aumento. L’accumulazione capitalistica non ha finito di conquistare tutto il mondo. E finché ci sarà accumulazione di capitale, ci sarà bisogno di petrolio. Con cosa si produrrà la plastica, altrimenti? Con la plastic tax si rischia di tornare all’età della pietra.

Per quanto riguarda il gas naturale, invece, al momento se ne parla come di una risorsa fondamentale per la sostituzione del carbone e per l’affiancamento delle rinnovabili. Ma quali sono le prospettive di lungo periodo?

Penso che il vero protagonista della transizione energetica sia proprio il gas naturale, specialmente dopo i risultati tecnologici raggiunti con la liquefazione, che permettere di compiere un passo in avanti. Il gas liquefatto costa di più, certo, ma la liquefazione permette di trasportarlo via mare, per poi rigassificarlo successivamente. C’è anche l’idrogeno: anche in questo caso sono stati fatti passi in avanti importantissimi.

La convincono gli obiettivi energetici fissati dall’Unione e dagli stati europei?

Gli obiettivi energetici non si possono fissare dall’alto. E sicuramente avremo bisogno di tutte le fonti. Io penso, ad esempio, che sarà impossibile eliminare del tutto il carbone: si pensi alla Germania – più del 30 per cento dell’elettricità tedesca è prodotta con il carbone –, oppure alla Polonia. Si pensi soprattutto alla Cina, dove praticamente tutto va a carbone.

(Estratto di un articolo pubblicato su Energia Oltre)

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