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Exxon difende la plastica contro il blocco dell’Onu

L'industria petrolchimica, guidata da Exxon, e alcuni dei principali paesi produttori di petrolio si oppongono a un regolamento Onu per limitare la produzione della plastica. Le plastiche sono causa di emissioni e rifiuti, ma i materiali alternativi potrebbero essere meno sostenibili.

La società petrolifera statunitense ExxonMobil sta guidando la reazione dell’industria petrolchimica internazionale a un regolamento delle Nazioni Unite per limitare la produzione di plastica e ridurre così l’inquinamento e i rifiuti. Le plastiche, infatti, sono derivate del petrolio e del gas naturale e valgono quasi il 3,5 per cento delle emissioni globali.

EXXON DIFENDE LA PLASTICA

Exxon è una delle principali aziende produttrici di plastica, e per questo ha tenuto a sottolineare al Financial Times che “il problema è l’inquinamento, non la plastica. Un limite alla produzione di plastica non ci sarà d’aiuto in termini di inquinamento e ambiente”.

Exxon ha prodotto più di undici milioni di tonnellate di polietilene nel 2023 e possiede uno stabilimento di riciclo chimico delle plastiche – un processo diverso da quello tradizionale, meccanico – a Baytown, in Texas. A detta dell’azienda, le alternative agli imballaggi in plastica potrebbero avere un’impronta emissiva più grande: le plastiche sono infatti relativamente leggere e richiedono quindi meno energia per venire fabbricate e trasportate rispetto ad alcuni materiali alternativi.

L’INDUSTRIA PETROLIFERA HA BISOGNO DELLA PLASTICA

Secondo la Business Coalition for a Global Plastics Treaty, l’associazione favorevole a una riduzione della produzione mondiale di plastiche, il settore petrolifero vede nella plastica un’opportunità di profitto perché la transizione energetica causerà un ridimensionamento del mercato dei combustibili fossili, che nella generazione elettrica e nei trasporti verranno parzialmente sostituiti da fonti e tecnologie più pulite. Sono oltre duecento le aziende che hanno aderito alla Business Coalition for a Global Plastics Treaty, tra cui Walmart, Pepsi  e L’Oréal.

CHI SPINGE PER IL RICICLO ALL’ONU

Non c’è tuttavia un accordo, tra i membri delle Nazioni Unite, su cosa fare per gestire le plastiche e le quattrocento milioni di tonnellate di scarti generati ogni anno. L’industria petrolchimica e un gruppo di paesi produttori di petrolio (tra cui l’Arabia Saudita, l’Iran e la Russia) stanno spingendo per l’approvazione di un trattato focalizzato sul riciclo della plastica piuttosto che sulla limitazione della produzione.

La plastica rappresenta da sola il 50 per cento della domanda dell’industria petrolchimica. La richiesta di plastiche a livello internazionale è prevista raddoppiare entro il 2050; per il 2060, secondo l’OCSE, i rifiuti plastici quasi triplicheranno. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia nei prossimi cinque anni la petrolchimica sarà la “singola maggiore contribuente” alla crescita della domanda di petrolio, che risentirà dell’elettrificazione dei trasporti e della diffusione delle fonti rinnovabili.

L’UNIONE EUROPEA E GLI EMIRATI FAVOREVOLI AI LIMITI ALLA PRODUZIONE

Favorevole agli obblighi di riduzione della produzione di plastica è l’Unione europea, ma anche un paese molto legato all’oil & gas come gli Emirati Arabi Uniti. La posizione europea è che il riciclo è un processo spesso sconveniente perché anti-economico, senza contare che solo una piccola frazione di tutta la plastica – circa il 10 per cento, secondo l’OCSE – viene riciclata. L’Organizzazione stima che gli investimenti nei processi di riciclo debbano raggiungere un valore totale di 1000 miliardi di dollari entro il 2040; attualmente sono fermi a nemmeno 20 miliardi.

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