Il tema dell’energia è strettamente connesso a quello dell’economia e dell’occupazione. E’ tempo che il il Governo pensi ad una politica nazionale per l’industria italiana
Lo sviluppo economico e occupazionale di un Paese è strettamente connesso con la politica energetica che ne condiziona in modo diretto e significativo il livello della qualità della vita e la crescita. Ovviamente, la strategia economica incide estremamente anche sui non meno importanti fattori ambientali.

Energia: serve una visione “politica”
Il punto è proprio che solo una visione “politica” dovrebbe poter indirizzare verso obiettivi comuni di sviluppo senza far prevalere gli interessi di parte che, nel lungo periodo, non aiutano la crescita di un paese ma solo di qualcuno.
Uno degli aspetti principali da analizzare come causa della mancanza di intervento su queste materie è lo scollamento temporale tra l’efficacia delle politiche energetiche e la durata dei mandati elettorali, dove i primi sono assai più lunghi dei secondi. Viene quindi a mancare, qualora non vi fosse una forte spinta etica, il ritorno elettorale delle scelte assunte nello svolgimento delle proprie funzioni.
Aggiungiamo poi che la complessa articolazione degli interessi industriali ed economici legati al mondo dell’energia rende assai difficile la definizione dei vari ambiti e molto scivoloso ogni tipo di intervento. Esito di questo contesto è un crescente distacco che ha lasciato spazio di manovra ad altri soggetti che a vario titolo sono intervenuti sul tema determinando gli attuali contorni di sviluppo del settore energetico nazionale.
Rinnovabili: manca una programmazione di lungo termine
Analizzando l
Purtroppo, però, mancano gli strumenti normativi per poter sfruttare questo potenziale, che tra l’altro ha dimostrato di essere la fonte rinnovabile più economicamente vantaggiosa per il sistema. Il settore attende, infatti, il Decreto ministeriale che deve regolare le Aste per l’ultimo quadriennio 2017-2020, senza le quali non sarà possibile realizzare queste iniziative industriali. Gli operatori tuttavia confidano nelle parole del Ministro Calenda che ha promesso come subito dopo la presentazione della Strategia energetica e climatica nazionale il Ministero dello Sviluppo economico provvederà a licenziare pure il nuovo provvedimento per dare continuità al settore, quindi a cavallo dell’estate prossima si dovrebbe avere un quadro più completo.
L’inerzia della politica
Questa inerzia della politica ha lasciato spazio a sempre più frequenti decisioni della giustizia, così Tar, Consiglio di Stato e Suprema Corte stanno sempre più spesso determinando, su questioni rilevanti, le politiche energetiche nazionali. Basti ricordare le sentenze sulla “Robin Tax”, sullo “Spalma Incentivi”, sugli oneri di sbilanciamento delle Fer o quelle relative all’annullamento delle moratorie regionali, solo per fare alcuni esempi.
Questi episodi sono indicativi di come i ritardi o le dimenticanze della politica di fatto inneschino interventi esterni volti a risolvere situazioni particolarmente spinose. In taluni casi si è addirittura dovuto ricorrere al voto referendario su questioni per le quali sarebbe stato certamente meglio un intervento della politica (ricordiamo il nucleare, le trivelle e la devoluzione della competenza legislativa tra Stato e Regioni in tema di energia).
Da questo quadro emerge invece la necessità che vi sia un deciso passo avanti nella direzione di riportare le politiche energetiche al centro del programma politico, anche tramite una definizione di obiettivi condivisi di medio e lungo periodo.

Le fonti rinnovabili sono state penalizzate da questi continui cambi.
E’ ora che il Governo pensi seriamente al tema energetico
In questo contesto l’auspicio è che la nuova Strategia energetica nazionale, lanciata dal Ministro Calenda, possa finalmente significare una riappropriazione del Governo centrale della politica energetica, ristabilendo quella centralità di indirizzo di cui il nostro settore necessita. Questa delicatissima fase di transizione deve portarci alla definizione degli obiettivi al 2030 e al 2050 come richiesto dagli accordi della Cop 21 di Parigi e indicarci chiaramente quali siano le aspirazioni del nostro Paese di fronte a tali impegni. In gioco c’è molto, dalla riconversione industriale allo sviluppo tecnologico, dal recupero dei livelli occupazionali alla leadership nelle nuove tecnologie (in particolare sulle reti e sulla mobilità) e noi dobbiamo essere in grado di seguire e guidare questo cambiamento.
Simone Togni
Articolo Pubblicato su Il Pianeta Terra di Febbraio 2017






