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Tutte le priorità energetiche dei dirigenti italiani. L’analisi di Federmanager

Che cosa si legge nello studio “Una strategia energetica per l'Italia”  curato da Federmanager presieduta da Stefano Cuzzila e chi c'era alla presentazione della ricerca

Al governo“si chiede di tenere conto del fatto che una strategia condivisa sull’energia e l’industria è il primo passo per ottenere il massimo risultato in termini di benessere economico dalla decarbonizzazione”. Alle imprese “si chiede di recuperare i ritardi competitivi accumulati sulle tecnologie verdi più promettenti. L’innovazione è la via. La collaborazione europea il modo per percorrerla più rapidamente”.

È la conclusione alla è giunto lo studio di Federmanager “Una strategia energetica per l’Italia” presentato a Roma alla presenza, tra gli altri, di Stefano Cuzzilla e Giacomo Gargano rispettivamente presidente di Federmanager nazionale e Federmanager Roma, Sandro Neri, coordinatore della Commissione energia di Federmanager, Carlo di Primio, presidente dell’Aiee, il sottosegretario allo Sviluppo economico Davide Crippa (M5S), Tullio Berlenghi, capo della segreteria tecnica del ministro dell’Ambiente, e Simone Togni dell’Anev.

I NUMERI DELL’ITALIA

L’Italia vale il 10% delle emissioni di gas serra nell’Ue a 28 che a sua volta conta il 9% a livello mondiale. Per rispettare gli obiettivi di contenimento entro i 2 gradi occorre tagliare drasticamente le emissioni. Solo il 33% del fabbisogno di energia primaria è utilizzato nella trasformazione di energia elettrica. La penetrazione nei consumi finali è al 20% nello scenario Sen ma l’indice è destinato a non andare oltre il 24% al 2030.

Secondo l’analisi di Federmanager il tessuto produttivo italiani è oggi pronto ad affrontare le sfide per valorizzare le sue eccellenze in chiave low carbon, anche se la principale sfida è nel settore dei trasporti. Tanto che uno degli obiettivi della Sen è rinverdire il parco veicolare (il 75% è costituito da mezzi con standard inferiore a Euro 5).

Un altro obiettivo è raggiungere un’intensità di Ricerca&Sviluppo pari al 3% e utilizzare tecnologie digitali il cui risparmio a livello globale è calcolato in 80 miliardi di dollari all’anno tra il 2016 e il 2040. Tuttavia, avverte lo studio, “all’Italia sembra mancare una strategia di sviluppo industriale. Il nostro paese non ha saputo cogliere diverse opportunità in merito alle tecnologie per lo sfruttamento di risorse rinnovabili rispetto ad altre realtà europee” portando “all’aumento di importazione di componenti da altri paesi”.

Basti pensare che al 2030 la Sen prevede azioni per 175 miliardi di investimenti di cui oltre l’80% in rinnovabili ed efficienza per dare vita a una nuova specializzazione industriale dell’Italia e che nel 2016 il nostro paese ha segnato “un saldo commerciale negativo per l’aggregato delle tecnologie energetiche low-carbon di 637 milioni di euro”.

Nel complesso il fatturato del fotovoltaico ha rappresentato il 43% del totale (46% se si considerano anche le imprese straniere con sede in Italia), mentre il fatturato dell’eolico è stimato per il 2017 in 170 milioni di euro pari al 31%. È l’efficienza energetica però quella che ha smosso più l’economia nel 2016: “Con i suoi 28 miliardi di euro di valore aggiunto a fronte di investimenti di 4 miliardi e spese per Operation & Maintenance di 3 miliardi”.

COSA DICE LO STUDIO

Il percorso di decarbonizzazione che il nostro paese sta portando avanti consente, secondo lo studio, di cogliere numerosi vantaggi in quanto offre “grandi opportunità all’industria nazionale, migliora la sicurezza degli approvvigionamenti di energia, salvaguardia l’ambiente e il paesaggio e migliora la salute dei cittadini”.

Insomma, la strada italiana che porta alla riduzione dell’impatto delle attività economiche del pianeta deve conciliarsi con il territorio rispettare cioè il tessuto produttivo, sociale e ambientale. Il punto chiave, suggerisce ancora lo studio, è però “la dimensione”: “Produttività dei fattori, specializzazione produttiva, struttura imprenditoriale. Tutto sembra suggerire che sia la piccola scala la giusta dimensione per l’Italia. Per la transizione energetica, ciò potrebbe tradursi nell’accordare priorità d’azione agli interventi puntuali a carattere distribuito, con efficacia sulla singola impresa o famiglia”. In questo senso, “le grandi realtà aziendali nazionali non sarebbero escluse. Anzi sarebbero chiamate a contribuire in modo decisivo all’offerta di nuovi beni e soprattutto servizi nonché a realizzare le necessarie infrastrutture strategiche”.

Al contempo, un mercato small scale, sarebbe in grado di valorizzare l’ingegneria italiana per competere in campi come l’efficienza energetica nell’edilizia da abbinare all’antisismico e nella generazione termica ad alta efficienza e basso impatto ambientale. Naturalmente senza trascurare la mobilità da cui “deve arrivare un segnale forte verso la sostenibilità” nel rinnovo del parco veicolare, nei combustibili alternativi, e nell’incremento del trasporto pubblico. “La Strategia energetica nazionale 2017 indica una direzione tecnologica per la decarbonizzazione del sistema energetico italiano al 2030. La scelta ricade sulle tecnologie più competitive, senza considerare il ruolo e la posizione competitiva dell’industria nazionale su queste tecnologie. Se lo avesse fatto, avrebbe proposto, in alcuni punti, indirizzi diversi”, ha concluso lo studio.

LE PRIORITÀ

Tra le priorità individuate dallo studio rientrano quelle di ridurre i costi amministrativi per le imprese, incentivando lo sviluppo di nuove filiere nazionali green, la promozione dell’efficienza energetica riqualificando le imprese (specialmente a livello edilizio), investire in innovazione e nuove tecnologie con un quadro più semplificato e con procedure amministrative più chiare e trasparenti. E ancora: introdurre una strategia sullo sviluppo industriale che rafforzi le tecnologie e la ricerca per competere con altri paesi e creare un circolo virtuoso pubblico-privato in grado di attivare un quadro di investimenti rilevante.

CRIPPA: VOLANO OCCUPAZIONALE DA SMANTELLAMENTO DELLE PERFORAZIONI E DA SETTORE EOLICO OFFSHORE GALLEGGIANTE

“Siamo convinti di avere delle sfide epocali davanti e il piano energia clima, attualmente in una fase di interlocuzione con l’Ue, è la linea programmatica dell’azione di governo – ha detto Crippa -. Presto avremo un tavolo di discussione sul piano. Ma sulla sfida del 30% dei consumi proveniente da Fer” è “fondamentale migliorare la parte autorizzativa”. Anche sul piano triennale per la ricerca “c’è un percorso importante da intraprendere. Abbiamo pensato a un focus sullo storage” che “consenta però di collegarsi con il mercato”. “Stiamo anche riattivando il Fondo nazionale per l’efficienza energetica che era fermo al 2014 con una disponibilità di 185 milioni di euro”. Mentre “il decreto Fer è stato notificato alla Commissione Ue e stiamo aspettando la sua ratifica. Quando tornerà non ci aspettiamo grandi osservazioni. Insomma – ha chiosato il sottosegretario – siamo di fronte a un percorso di cambiamento” anche per quanto riguarda “le moratorie sulle trivellazioni che non c’era nella Sen ed è stato interpretato come un non interesse per la questione”. Su questo punto però “bisogna considerare che parliamo di concessioni quarantennali che termineranno cioè nel 2060 e ciò non sembra compatibile con gli scenari” europei e globali: “ma un ragionamento sarà fatto anche con il ministero dell’Ambiente”. Direttamente collegato è il tema dello smantellamento delle perforazioni: “Qui c’è un volano occupazionale che si può far partire e un altro aspetto a cui guardiamo con attenzione è il decreto Fer 2 per il settore eolico offshore galleggiante in cui parte delle realtà produttive” oggi impegnate negli idrocarburi “possano trovare occasione per una riconversione industriale da esportare poi sugli scenari internazionali”.

GLI ALTRI INTERVENTI

In apertura dei lavori Cuzzilla ha esortato a portare avanti “nuove strategie” anche puntando sulla “formazione per essere competitivi. Se un azienda vuole esserlo – ha aggiunto – dobbiamo abbassare il costo dell’energia e faremo di tutto per farlo. Con il Mise stiamo lavorando su questo”. Gargano ha evidenziato, invece, come il nostro paese sia il secondo in Europa e terzo nel mondo ad aver realizzato il conto termico “ma anche i primi al mondo sui contatori elettronici da cui sono partite poi le smart grid, ma non siamo stati in grado di sfruttare questa innovazione”.

Nel suo intervento Di Primio ha ricordato che la Sen prevede azioni per 175 miliardi di investimenti “di cui oltre l’80% in rinnovabili ed efficienza energetica. Il PnieC – ha proseguito – prevede investimenti incrementali di 184 miliardi. Una visione industriale al 2030 deve prevedere una convergenza verso tecnologie mature e nuove soluzioni per raggiungere il processo di decarbonizzazione.

In questo senso l’Italia deve innanzitutto individuare i suoi punti forza e debolezza”, ha ammesso il presidente dell’Aiee. Togni, infine ha auspicato che il piano energia clima “non sia un libro dei sogni” e vengano realizzati “gli atti necessari da parte degli imprenditori” e ci sia “capacita manageriale per trasformare i piani in concreto. Oggi non siamo nella situazione di dire quanto costano al paese le rinnovabili perché ormai sono un risparmio e non un costo. Infatti non si chiedono risorse per nuovi incentivi ma una modifica sulla regolazione che è l’elemento che dovrà consentire di realizzare concretamente la decarbonizzazione”.

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