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ENERG

Eni, Enel, A2a, Iren, Acea e non solo. Ecco i veri effetti del decreto sugli extraprofitti

Il governo vuole tassare gli extraprofitti delle società energetiche e raccogliere 4 miliardi per contenere l'impatto economico della crisi ucraina. Ma le aziende in Borsa non hanno avuto contraccolpi troppo negativi. Ecco perché secondo gli analisti

 

Nel decreto Energia da 4,4 miliardi di euro, approvato dal governo per contenere l’impatto economico della guerra in Ucraina, è prevista una tassa del 10 per cento sui cosiddetti “extraprofitti” riportati negli ultimi sei mesi dalle società energetiche. Ovvero le aziende che producono, rivendono e/o esportano energia elettrica, gas naturale, gas metano e prodotti petroliferi.

LE PAROLE DI DRAGHI E FRANCO

Con extraprofitti si intendono – come spiegato dal presidente del Consiglio, Mario Draghi – gli “straordinari profitti che i produttori stanno facendo grazie all’aumento dei costi delle materie prime” come il gas naturale e il greggio.

Il ministro dell’Economia Daniele Franco ha detto che “tratterremo una quota del margine tra operazioni attive a fini IVA e operazioni passive a fini IVA” con riferimento all’ultimo semestre dell’anno scorso. “Interverremo dove i margini sono significativi”.

COME FUNZIONA IL PRELIEVO

La base imponibile del prelievo viene calcolata a partire dal saldo tra le operazioni attive e quelle passive (al netto dell’IVA) nel periodo 1 ottobre 2021-31 marzo 2022, e il saldo nel periodo 1 ottobre 2020-31 marzo 2021.

Se l’incremento del profitto è superiore a 5 milioni di euro, verrà applicato un contributo del 10 per cento.

L’ANALISI DI LITURRI

Su Startmag, il commercialista e analista Giuseppe Liturri ha scritto che, con il decreto in questione, il governo penalizza le imprese piuttosto che agire sulle cause di mercato dietro al forte aumento dei prezzi dell’energia.

“Osservando com’è stata progettata” la norma, nota Liturri, “viene quasi da pensare che sia stata concepita appositamente per farsela bocciare, ottenendo solo l’importante risultato di guadagnare tempo in attesa del prossimo Consiglio Europeo del 24 e 25 marzo, da cui si attendono importanti indicazioni sulle misure di breve e medio/lungo periodo per contenere l’impatto di questa crisi energetica”.

L’ANALISI DI EQUITA SIM

Su MF-Milano Finanza la banca d’investimento Equita SIM ha spiegato che, nel settore delle utilities (le società di distribuzione di gas ed elettricità), l’impatto del decreto riguarderà soprattutto la generazione energetica da fonti rinnovabili, dall’idroelettrico e waste-to-energy, perché “gran parte della generazione è stata venduta forward a prezzi inferiori a quelli di mercato”.

Secondo Equita, comunque, gli impatti sulle imprese saranno complessivamente limitati e il governo potrebbe non riuscire a raccogliere i 4 miliardi che si prefigge.

GLI IMPATTI SU ENI, ENEL, A2A E NON SOLO

Secondo le stime di Equita, infatti, la base imponibile per A2A sarà di 70-75 milioni e di 30 milioni per Acea, con impatti inferiori ai 10 milioni. Limitati gli impatti anche per Enel, Iren ed Hera. Erg, invece, potrebbe avere degli impatti sulle produzioni di energia solare per 4-5 milioni. Per Eni, infine, “nel caso più negativo”, la tassazione ammonterebbe a “qualche centinaio di milioni di euro”.

LA REAZIONE DELLA BORSA

Almeno finora, i mercati non sono sembrati preoccupati per il decreto del governo e i titoli in borsa delle aziende energetiche sono generalmente cresciuti.

Secondo Javier Suarez, analista di Mediobanca Securities citato dal Sole 24 Ore, la reazione della Borsa di Milano è coerente con le aspettative degli investire sull’impatto limitato della misura. “Ad oggi, secondo i nostri calcoli, per le società del settore che copriamo l’impatto è molto ridotto”, ha detto; “inoltre vediamo più esposte le società energy, piuttosto che le utility”.

“Inoltre”, aggiunge, “non sottovaluterei la forte e ulteriore spinta alle rinnovabili che arriva dal governo alla luce del contesto energetico europeo e che gioca a favore di alcuni di questi titoli”.

L’ANALISI DI STEVANATO

Dario Stevanato, professore di diritto tributario all’Università di Trieste, ha scritto sul suo blog che l’imposta sugli extraprofitti delle società energetiche pone una questione di settorialità: “questi prelievi riguardano soltanto le imprese operanti nel settore dell’energia […] lasciando indenni tutte le altre, che pure hanno o possono aver realizzato extraprofitti in tempi assai recenti (penso ad esempio ai risultati prodotti dalle imprese della GDO e dai supermercati durante il lock-down, che hanno tratto vantaggio dalle modifiche forzate alle abitudini di consumo dovute alla pandemia)”.

Stevanato fa notare come sia necessario provare il “carattere immeritato di tali guadagni, che devono essere riconducibili a situazioni eccezionali di carattere esogeno che non riflettono il merito o il rischio imprenditoriale […]. Altrimenti, si finirebbe per colpire in modo punitivo il merito imprenditoriale e le attività economiche che hanno avuto il “torto” di sovraperformare il proprio mercato di riferimento”.

È poi necessario, aggiunge il tributarista, che il “termine temporale di paragone sia effettivamente un periodo ‘normale’, poiché altrimenti il calcolo verrebbe falsato e l’extra-profitto si rivelerebbe una illusione ottica”. Il periodo preso in considerazione non sarebbe però normale, secondo Stevanato, perché “influenzato dalle restrizioni e limitazioni connessi alla pandemia”.

L’intervento del governo, infine, “si pone sostanzialmente in deroga, anche stavolta tacita e non espressa, con il principio di irretroattività sancito dall’art. 3 dello Statuto dei diritti del contribuente”.

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