Nel suo editoriale di apertura dell’inserto L’Economia del Corriere della Sera, l’ex-direttore Ferruccio de Bortoli ha approfondito la questione del rinnovo delle concessioni idroelettriche, da lui definito “un concentrato […] potenzialmente esplosivo di questioni divisive” perché mette insieme la transizione energetica, il caro-bollette, la tutela della concorrenza e le autonomie regionali.
LA QUESTIONE DELLE CONCESSIONI IDROELETTRICHE, IN BREVE
La questione, in breve, è la seguente. In quasi cent’anni le concessioni per le centrali idroelettriche, che valgono circa il 15 per cento della produzione elettrica nazionale, sono state prorogate molte volte, ma entro il 2029 saranno scadute per l’86 per cento (in parte lo sono già, per più del 15 per cento). Nel 2021 l’allora governo di Mario Draghi agganciò l’apertura di gare per le concessioni idroelettriche agli obiettivi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ad oggi, però, queste gare non sono state organizzate: le ragioni sono diverse.
Da una parte, le aziende concessionarie – le maggiori sono Enel, A2A, Edison e Iren – sono generalmente contrarie alla gare perché le concessioni le assicurano grossi ricavi. Dall’altra, anche il governo e le amministrazioni locali sono titubanti a procedere in quanto azionisti delle società prima citate: il ministero dell’Economia possiede infatti il 23,6 per cento di Enel; i comuni di Milano e Brescia hanno ciascuno il 25 per cento di A2A; quelli di Genova, Torino, Reggio Emilia e Parma sono gli investitori principali di Iren. Fa eccezione Edison, che è parte del gruppo francese Edf.
A queste ragioni economico-politiche se ne aggiunge poi un’altra di “tutela nazionale”, in un certo senso: in assenza di reciprocità normativa a livello europeo, infatti, si teme che l’apertura delle gare possa finire per compromettere l'”italianità” di questi asset, che sono rilevantissimi per la sicurezza energetica ed economica dal paese. In altre parole, la paura è che le concessioni idroelettriche italiane finiscano nelle mani di operatori stranieri.
Nell’Unione europea non c’è uniformità normativa e di condizioni: non tutti i paesi membri utilizzano lo strumento della concessione (nell’Europa settentrionale, ad esempio, è diffuso il permesso); la durata stessa delle concessioni, poi, è variabile e generalmente più lunga di quella italiana; infine, le aziende italiane non possono competere nelle gare estere, mentre gli stranieri potrebbero farlo in Italia.
DE BORTOLI CRITICA L’ANTITRUST
“Anche chi ama le liberalizzazioni”, scrive De Bortoli su L’Economia, “non vorrebbe fare la figura dell’ingenuo aprendo a gare con colossi stranieri, anche finanziari, fortemente competitivi grazie alle protezioni dei loro Paesi”.
L’ex-direttore del Corriere e firma autorevole del quotidiano Rcs sposa di fatto – ma senza far emergere esplicitamente la sua posizione – le argomentazioni delle aziende concessionarie, peraltro senza mai nominarle, spiegando che gli impianti idroelettrici “sono stati rimodernati più volte e necessitano di interventi continue” (più lunghe sono le concessioni, meglio si ammortizzano le spese), e che il loro ritorno sugli investimenti “è inferiore alla media europea”. “Senza contare”, aggiunge, “che ad aggravare i costi dell’idroelettrico ci sono anche i canoni regionali e non vi è alcuna garanzia sulla quantità di acqua disponibile per la produzione di energia”. A supporto di queste tesi, De Bortoli cita un rapporto di Ambrosetti, realizzato però in collaborazione con Enel, che è stato presentato all’ultimo forum di Cernobbio.
De Bortoli conclude il suo articolo con una velata critica a Roberto Rustichelli, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che durante una recente audizione in Senato ha detto che i margini operativi lordi nel settore idroelettrico “raggiungono anche valori nell’ordine del 50-80 per cento dei ricavi”, invitando le autorità a definire delle procedure di assegnazione basate su parametri “competitivi, equi e trasparenti”. Per il giornalista, invece, si tratta di una “rigida applicazione di principi forse non più attuali”.
DE BORTOLI CONTRO GIAVAZZI
La ricostruzione di De Bortoli è praticamente opposta a quella di Francesco Giavazzi, economista ed editorialista di spicco del Corriere. Qualche mese fa Giavazzi, proprio dalle pagine del quotidiano un tempo diretto da De Bortoli, aveva esortato il governo a trovare “la forza di scontrarsi con le aziende elettriche, Enel e altri produttori di rinnovabili. Si muove invece nella direzione opposta la recente decisione di allungare per 20 anni, senza gara, le concessioni non solo per le centrali idroelettriche ma anche per la distribuzione di elettricità, grazie a un emendamento dell’ultima ora alla Legge di bilancio”.