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Così la Germania ha respinto l’assalto della Cina nell’energia elettrica

L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino Secondo altolà dei tedeschi all’ingresso dei cinesi nella rete elettrica nazionale che questa volta hanno messo in campo una misura straordinaria. Dando seguito alle intenzioni già dichiarate nei mesi scorsi, il governo di Berlino è riuscito a impedire per la seconda volta che il gruppo statale State Grid Corporation…

Secondo altolà dei tedeschi all’ingresso dei cinesi nella rete elettrica nazionale che questa volta hanno messo in campo una misura straordinaria. Dando seguito alle intenzioni già dichiarate nei mesi scorsi, il governo di Berlino è riuscito a impedire per la seconda volta che il gruppo statale State Grid Corporation of China (SGCC) riuscisse ad acquisire il 20% di 50Hertz, impresa che gestisce il sistema di trasporto elettrico nel Nord Est della Germania. Motivo: salvaguardia della sicurezza nazionale. L’operazione è avvenuta attraverso un meccanismo di passaggi che coinvolge la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), l’Istituto di credito per la ricostruzione, la banca pubblica tedesca nata nel secondo dopoguerra per impulso degli Stati Uniti e detenuta per l’80% dal governo federale e per il 20% dai Länder. Sul 20% di 50Hertz ambito dai cinesi, e detenuto dal Fondo infrastrutturale australiano IFM, esisteva un diritto di prelazione del gruppo industriale belga Elia che deteneva già l’80% e che lo ha fatto valere girando poi la quota alla banca pubblica tedesca.

Il primo annuncio è stato dato nella mattinata di venerdì 27 luglio da un portavoce di Elia ed è stato subito dopo confermato dalle autorità tedesche, in un comunicato stampa congiunto dei ministeri dell’Economia e delle Finanze. I due ministri hanno sottolineato come l’intervento della KfW debba essere considerato temporaneo, “una soluzione ponte” che già include la “prospettiva di vendita della quota”. Chiaro anche il motivo dell’azione: “Seguendo considerazioni relative alla sicurezza politica, il governo ha grande interesse alla tutela di infrastrutture energetiche ritenute critiche”, prosegue il comunicato ufficiale, che rimarca anche le aspettative della popolazione e delle imprese a una distribuzione di energia affidabile.

Nonostante i tentativi di rinsaldare e approfondire i rapporti commerciali fra Germania e Cina, esternati in maniera plateale in funzione anti-Trump anche durante il vertice di tre settimane fa a Berlino fra Angela Merkel e il premier Li Keqiang, le preoccupazioni tedesche per l’espansione degli investitori cinesi restano forti. Specie quando le mire si appuntano su un settore strategico come quello energetico o sulle imprese ad alto contenuto tecnologico e innovativo.
Così Berlino ha inteso inviare a Pechino un messaggio politico chiaro stoppando un’azienda come la State Grid Corporation of China, considerata la più grande società elettrica al mondo con un fatturato di 350 miliardi di dollari nel 2017 e oltre un milione e mezzo di addetti: quest’anno è stata inserita al secondo posto tra le grandi compagnie mondiali dal Fortune Global 500, la lista dei primi 500 gruppi economici mondiali, stilata in base al fatturato e pubblicata annualmente dalla rivista americana Fortune. Ma la società è sotto il diretto controllo del partito comunista e nella sua pagina web tiene alto il motto aziendale: “Radice e anima di un’impresa statale è supportare il vertice del partito e rafforzarne la costruzione”. Ragioni più che opportune, secondo Berlino, per evitare che potesse mettere le mani su un’infrastruttura delicata come quella della rete energetica tedesca, nonostante il tabloid Bild noti che SGCC, nel suo shopping europeo, abbia già operato acquisizioni in Italia e Portogallo. E nonostante i piani di espansione verso l’Europa – specie per quanto riguarda l’interesse alle reti e il progetto della cosiddetta Via della seta energetica – siano tutt’altro che segreti, come illustrato in questo precedente articolo su Start Magazine.

50Hertz, dal canto suo, è un gestore di trasporto di elettricità che ha sede a Berlino ed opera nel Nord Est della Germania, rifornendo di gas la capitale e i cosiddetti nuovi Länder, cioè le vecchie regioni della Ddr, ma anche l’area fortemente industrializzata di Amburgo. Impiega 1000 addetti, ha un valore stimato in 1,8 miliardi di euro e lo scorso anno ha registrato un fatturato di 224,6 milioni di euro, secondo quanto riportato dalla Süddeutsche Zeitung. In Germania quattro gestori si sono divisi il compito di distribuire l’energia: Transnet BW (tedesco) serve il Sud Ovest, Amprion (tedesco e svizzero) le regioni più occidentali, l’olandese Tennet gestisce la dorsale Sud Est-Nord Ovest che va dalla Baviera alla Bassa Sassonia e allo Schleswig-Holstein, esclusa Amburgo che insieme a Berlino e i Länder orientali rientra appunto sotto 50Hertz (ora belga e tedesca).

La partita di scacchi fra Berlino e Pechino su 50Hertz era partita all’inizio di quest’anno, quando i cinesi avevano per la prima volta manifestato il loro interesse sulla quota minoritaria del 40% detenuta allora dall’australiana IFM, che da tempo aveva manifestato intenzioni di vendita. Su pressioni del governo tedesco, la belga Elia si era mossa per consolidare la propria maggioranza, acquistando il 20% delle azioni e raggiungendo così la quota dell’80%. I cinesi però non hanno mollato, provando ad acquistare il rimanente 20%: operazione nuovamente fallita di nuovo per l’intervento del governo tedesco, l’acquisizione da parte dei belgi e il temporaneo parcheggio delle quote alla KfW.

Ma il confronto continua anche su altri versanti. Appena il giorno prima, Berlino aveva annunciato il veto verso un’altra acquisizione di un’impresa tedesca da parte di Pechino: si tratta della Leifeld Metal Spinning, azienda produttrice di macchine utensili della Vestfalia nota a livello mondiale per lo sviluppo di tecnologie molto avanzate su materiali utilizzabili anche nel settore nucleare e nell’industria spaziale. Il veto verrà formalizzato nel consiglio di gabinetto del primo agosto utilizzando la clausola che prevede l’intervento del governo quando un’acquisizione pone problemi di sicurezza nazionale.

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