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Cop26

Perché Africa e America Centrale sbuffano per la Cop26

Le mosse di Africa e America Centrale nella Cop26

 

Nella conferenza sul clima i negoziatori africani e latinoamericani si sono opposti con forza alle risoluzioni della conferenza.

Infatti, i negoziatori avevano sollecitato i relatori della conferenza sulla questione della vulnerabilità, e cioè sulle conseguenze che il riscaldamento globale ha su alcune isole come le isole Marshall e le Maldive.

D’altra parte, esiste dal 2012 un Forum sulla vulnerabilità al Clima, che riunisce i 43 paesi più minacciati dal cambiamento climatico e comprende quattordici paesi africani (Burkina Faso, Comore, Ghana, Kenya, Ruanda, Madagascar, Malawi, Marocco, Niger, Senegal, Sudan, RDC, Tanzania e Tunisia).

Un discorso analogo non può che essere fatto anche per quelli dell’America Latina e in modo particolare quelli dell’America centrale. Stiamo alludendo in modo particolare al Nicaragua e al Guatemala, che infatti si sono fermamente opposti insieme ai negoziatori africani alle risoluzioni poste in essere dalla conferenza.

Ma è emerso anche un altro problema altrettanto significativo, se non addirittura di maggiore rilevanza, e cioè il metodo attraverso il quale viene calcolato il carbonio. Questo metodo, che è stato approvato dalle Nazioni Unite, tende a sopravvalutare gli sforzi per ridurre la deforestazione e soprattutto tende a danneggiare le misure poste in essere da paesi come il Congo o il Gabon che invece hanno varato progetti molto più significativi di quelli varati dal Brasile in materia di deforestazione. Insomma, la conferenza sul clima non ha portato a soluzione concrete determinato profonde divisioni che avranno delle conseguenze tutt’altro che marginali su medio-lungo termine.

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