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Come Francia e Germania si agitano sul Green new deal

In Germania Merkel gioca su forti investimenti mentre in Francia Macron è alle prese con il nucleare. L’articolo di Nunzio Ingiusto Si fa presto a dire green new deal europeo. Tanti impegni, molte attese e uno scenario energetico in movimento. I due Paesi più aggressivi verso la decarbonizzazione – Germania e Francia – in queste…

Si fa presto a dire green new deal europeo. Tanti impegni, molte attese e uno scenario energetico in movimento. I due Paesi più aggressivi verso la decarbonizzazione – Germania e Francia – in queste settimane si danno punti a vicenda su chi arriverà prima agli obiettivi al 2030. O, almeno, pensa di arrivare prima. La Germania fino ad oggi ha annunciato più di 1 miliardo di euro per passare all’idrogeno e alle altre rinnovabili. Non è detto che si sia fermata e che le sue industrie non siano chiamate a fare anche qualcosa di più rapido. Si tratta di scelte di medio periodo che, se centrate nei tempi, potranno dare alla Merkel la leadership anche di questa delicata transizione.Il suo ex alleato forte – la Francia – ha la stessa ambizione.

Macron, come su altre recenti questioni, non si sottrae alla sfida con i tedeschi, anche se sui costi dell’energia deve fronteggiare una dura opposizione interna. Ma a ben guardare i due Paesi si trovano su piani diversi nella partita continentale dei prossimi 10 anni. Angela Merkel ha un buon sostegno popolare, mentre Emmanuel Macron per vincere deve fare i conti con l’azienda energetica più importante del suo Paese: l’Edf. “Senza nucleare non c’è nessuna possibilità ragionevole di arrivare alla neutralità carbone, come, tra gli altri, l’Agenzia internazionale dell’energia ha appena ricordato”, ha detto a Le Figaro, il presidente di Edf, Jean-Bernard Levy. Il manager si è sentito in dovere di ricordare ai francesi che la riduzione di energia prodotta dalle centrali nucleari non è nei programmi dell’azienda. Tutt’altro. A partire dal più antico impianto di Fessenheim, la chiusura non è stata chiesta da Edf, com’era trapelato 20 giorni fa. Il blocco del nucleare non sarebbe, insomma, legato a una evoluzione tecnologica o della domanda. Sarebbe una decisione politica, che obbliga Edf a chiudere unità che funzionano bene. Una precisazione autorevole, dopo la notizia secondo cui un piano di manutenzione degli impianti avrebbe comportato perdite di 30 terawattora di elettricità per quest’anno. Sulla Francia, in poche parole, una stangata eccessiva, riconducibile agli annunci dell’establishment di voler spegnere 14 rettori nucleari in 7 centrali nei prossimi 5 anni.

È singolare, d’altra parte, che per abbassare il nucleare, il governo francese avesse annunciato lo stanziamento di 1 miliardo e 800 milioni per produrre biogas ed eolico, di cui ora non si capisce la sorte. Servono o no questi soldi? Il primato europeo delle rinnovabili al 2030 è o no realistico? Edf, intanto, valuta la situazione dei prezzi. Quelli medi di produzione dal nucleare viaggiano verso i 46 euro per megawattora Levy ha spiegato che bisogna pensare ad una separazione più forte tra l’Edf che produce elettricità nucleare e chi la rivende nelle stesse condizioni degli altri fornitori. Di certo la costruzione del nuovo reattore a Flamanville in Normandia è slittata al 2023. Un tempo giusto per capire chi corre di più tra Francia e Germania verso il new deal e soprattutto se le fonti tradizionali saranno effettivamente ridotte.

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