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Alluminio

Perché il colpo di stato in Guinea fa schizzare l’alluminio

I mercati temono che il colpo di stato in Guinea creerà instabilità e complicherà l'estrazione di bauxite: i prezzi dell'alluminio sono ai massimi da dieci anni. Ecco cosa succede e perché

Il colpo di stato militare in Guinea, nell’Africa occidentale, ha contribuito a far aumentare ulteriormente i prezzi dell’alluminio, che già nei giorni precedenti avevano raggiunto il livello più alto in dieci anni.

COSA SUCCEDE AI PREZZI DELL’ALLUMINIO

Il 31 agosto scorso, infatti, i contratti trimestrali per l’alluminio – un metallo leggero, resistente e riciclabile – avevano raggiunto i 2722,5 dollari a tonnellata, il massimo dal maggio del 2011.

IL RUOLO DELLA CINA

Il rialzo si spiegava con la decisione del governo della regione cinese del Guangxi di imporre controlli più stringenti sui consumi energetici. Il Guangxi è uno dei poli più importanti della Cina e del mondo per la produzione di alluminio e di allumina (un ossido utilizzato nel processo di ottenimento dell’alluminio); l’industria dell’alluminio, poi, richiede grosse quantità di energia per funzionare ed emette grandi quantità di gas serra.

Il timore dei mercati, quindi, era che la minore produzione cinese (che vale da sola quasi il 60 per cento del totale mondiale) avrebbe reso più difficile il soddisfacimento della domanda di alluminio, che è in crescita per via della ripresa economica dalla crisi del coronavirus: il metallo viene ampiamente utilizzato nei settori automobilistico e degli imballaggi, ma anche nei dispositivi per le energie rinnovabili.

Uday Patel, analista presso la società di consulenza Wood Mackenzie, ha detto a Reuters che nel 2021 l’output di alluminio proveniente dalla Cina sarà superiore a quello del 2020, ma inferiore rispetto ai volumi previsti all’inizio dell’anno per circa 500mila-600mila tonnellate.

IL RUOLO DELLA RUSSIA

Il rialzo dei prezzi dell’alluminio è dovuto anche alla nuova tassazione imposta dalla Russia sulle esportazioni minerarie e metallurgiche, per i mesi da agosto a dicembre: l’aliquota è del 15 per cento, oppure un minimo di 254 dollari per tonnellata di alluminio.

La società russa Rusal vale il 6 per cento delle forniture mondiali di questo metallo, i cui volumi nel 2020 sono stati stimati a 65 milioni di tonnellate.

IL LEGAME TRA LA GUINEA E L’ALLUMINIO

Il colpo di stato in Guinea, del quale sappiamo ancora poco, ha creato preoccupazione nei mercati, che temono che l’instabilità politica possa influenzare negativamente l’estrazione di bauxite, una roccia necessaria alla produzione di allumina e, conseguentemente, di alluminio.

La Cina è la maggiore produttrice di alluminio al mondo, e oltre la metà delle importazioni cinesi di bauxite arrivano proprio dalla Guinea; segue l’Australia con il 31 per cento circa, ma tra Pechino e Canberra ci sono forti tensioni politiche e commerciali.

Per il momento, comunque, non sono state segnalate problematiche alle filiere tra la Guinea e la Cina. L’azienda cinese Aluminum Corporation of China – il maggiore produttore di alluminio nel paese, che possiede peraltro un progetto sulla bauxite in Guinea – ha detto che tutte le sue attività procedono in maniera normale e che dispone di ampie riserve di bauxite nei suoi impianti in Cina.

COME VANNO I PREZZI

Oggi i prezzi dell’alluminio alla London Metal Exchange, il riferimento internazionale, sono cresciuti dell’1,8 per cento, arrivando a 2775,5 dollari a tonnellata: il massimo dal maggio 2011. Alla borsa di Shanghai, in Cina, l’alluminio si scambiava stamattina a 2750 dollari.

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