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Come i fondi attivisti sul clima incalzano i colossi dell’energia

Clima ed energia. Tutte le sfide dei colossi del settore

L’obiettivo di raggiungere il risultato di emissioni nette pari a zero entro il 2050 per le aziende del settore energetico sta diventando un vero e proprio must. La stessa spinta degli investitori “attivisti”, particolarmente attenti, cioè, alle questioni ambientali, a far sì che tali aziende si impegnino a raggiungere ambiziosi obiettivi climatici in tutto il mondo, sta entrando in una fase nuova.

SOUTHERN COMPANY NEL CLUB DELLE EMISSIONI NETTE ZERO

Basti pensare che anche il colosso dell’energia americano Southern Company si è impegnato a raggiungere il target di emissioni nette pari a zero entro la metà del secolo, unendosi a un folto gruppo di altre utilities che nell’ultimo anno si sono impegnate con promesse simili.

Secondo quanto riferisce il sito della radio locale wabe.org ciò non significa che l’azienda con sede ad Atlanta o le sue consociate come la Georgia Power non rilasceranno più gas a effetto serra in atmosfera, ma che la Southern Company farà di tutto per compensare tale inquinamento.

BP CHIEDE DI NON FERMARSI PER COLPA DELLA PANDEMIA

D’altronde anche la Bp, durante l’assemblea annuale, ha tenuto a ribadire che la pandemia di COVID-19 non avrebbe alterato i piani climatici lanciati dall’azienda a febbraio. E come si legge sul Financial Times ha addirittura invitato i governi “a spingere sull’acceleratore” per quanto riguarda il contrasto ai cambiamenti climatici. L’azienda ha comunque in programma di svelare i dettagli del suo piano a settembre.

LA SFIDA? IL MODO CONCRETO CON CUI SI RAGGIUNGERANNO GLI OBIETTIVI SUL CLIMA

Come evidenziato da Axios, tuttavia, se da un lato è vero che questo tipo di impegni a lungo termine sta crescendo nel settore dell’energia in tutto il mondo e rimangono delle nicchie ancora riluttanti nell’intraprendere azioni a beneficio del clima, soprattutto negli Stati Uniti – basti pensare alle major statunitensi ExxonMobil e Chevron – la vera sfida sarà “verificare in che modo le aziende, concretamente, decideranno di trasformare i loro impegni in passi concreti visto che finora anche se ci sono stati diversi livelli di specificità, rimangono ampi spazi da riempire”.

TIMORE CHE GLI OBIETTIVI SIANO TROPPO AMBIZIOSI

Secondo Andrew Logan, che fa parte del gruppo di investimenti sostenibili Ceres, “il pressing per avere maggiori dettagli sul modo in cui questi piani verranno implementati sarà sicuramente il prossimo passo di tutte queste aziende”, si legge su Axios. In particolare, ha aggiunto, “c’è preoccupazione riguardo al fatto che gli obiettivi a breve termine che le aziende si sono prefissate sono abbastanza ambiziosi per raggiungere effettivamente i target al 2050 senza doversi sobbarcarsi qualche sviluppo miracoloso sul fronte della tecnologia”.

CLIMATE ACTION 100+ HA GIÀ CHIESTO LUMI A BP

E in effetti basta dare un’occhiata alla dichiarazione degli investitori affiliati alla rete Climate Action 100+, che se da un lato accolgono con favore i passi di BP nel settore clima, dall’altro chiede maggiore chiarezza su come faranno a raggiungerli a breve e medio termine.

Lo stesso è accaduto per la Southern Company che ha un mix energetico fortemente dipendente dal gas e dal carbone: Lila Holzman del gruppo di difesa degli azionisti As You Sow ha detto di non “vedere l’ora di capire con più chiarezza come l’azienda raggiungerà questo nuovo obiettivo, soprattutto per quanto riguarda il gas naturale”.

Amy Harder di Axios ha recentemente esaminato il piano di Duke Energy, che fornisce alcune specifiche, ma che “si basa molto su una vaga serie di tecnologie a basse emissioni di carbonio che non sono ancora commercialmente sostenibili”.

Mentre per quanto riguarda Bp, ha evidenziato Logan ad Axios, “penso che l’annuncio di settembre – supponendo che sia sufficientemente dettagliato – porterà ad altre domande puntuali e, si spera, ad alcuni piani più dettagliati da parte dei colleghi di BP”.

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