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Cingolani

Plastiche monouso, ecco l’accordo Ue che piace all’Italia

Direttiva Ue sulle plastiche monouso, in cosa consiste l'accordo con l'Unione europea annunciato dal ministro Cingolani (Transizione ecologica)

 

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha annunciato oggi di aver “già trovato” un accordo con l’Unione europea in merito alla direttiva sulle plastiche monouso, anche nota come SUP (Single-Use Plastic) o come 2019/904.

CHE COSA PREVEDE LA DIRETTIVA SULLE PLASTICHE MONOUSO

La normativa, che entrerà in vigore il prossimo 3 luglio, porterà alla messa al bando di posate, stoviglie, contenitori per bevande e imballaggi in plastica pensati per l’utilizzo singolo. L’obiettivo è ridurre la quantità di rifiuti plastici e il loro impatto sull’ambiente, coerentemente con l’agenda “verde” perseguita da Bruxelles, che passa per la riduzione delle emissioni di gas serra e per l’economia circolare.

Come ricorda Wired, la direttiva europea riguarda anche i bicchieri e le tazze di carta che presentano anche un solo strato di plastica: in questo caso però non è previsto il divieto, ma l’obbligo di riduzione dei loro consumi. Le stime dicono che solo in Italia si consumano circa 20 milioni di bicchieri monouso di carta al giorno.

LE CRITICHE DI GIORGETTI (MiSE)

L’Italia ha una posizione molto critica nei confronti della direttiva SUP. A fine maggio il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti (Lega), aveva per esempio proposto “di porre una riserva sull’entrata in vigore” della norma europea, che “riguarda anche settori tipo quello della carta che oggettivamente non mi sembrano così negativi sotto l’aspetto ambientale come quello della plastica”. Giorgetti aveva allora invitato a “un ripensamento” e a prendere in considerazione “una diversa tempistica nell’uscita dalla produzione di prodotti come bicchieri e piatti di carta”.

A preoccupare Giorgetti è il possibile impatto economico della direttiva, a suo dire mossa da “un approccio ideologico che penalizza le industrie italiane lasciando sul terreno ‘morti e feriti’ in termini di fallimenti aziendali e disoccupazione”

LE CRITICHE DI CONFINDUSTRIA

Le preoccupazioni di Giorgetti sono state condivise dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che aveva parlato di un testo – redatto su spinta austriaca – “fortemente pregiudizievole nei confronti dell’industria italiana, di quella tedesca e dell’intera industria europea”.

Come riportato dal Sole 24 Ore, Bonomi aveva richiesto l’intervento del commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni, al fine di evitare “un danno enorme per l’industria italiana”, importante produttrice di bicchieri e piatti rivestiti da un leggero strato di plastica.

“Credo che la impropria, ingiustificata e sproporzionata applicazione della direttiva potrebbe”, secondo Bonomi, “sottoporre l’industria italiana ed europea a un’interpretazione giuridicamente infondata, del tutto inaccettabile per gli interessi nazionali”.

LE CRITICHE DI CINGOLANI (MiTE)

Critico verso la direttiva SUP, nei suoi aspetti tecnici, è stato di recente anche il ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani: contesta in particolare la messa al bando, da parte di Bruxelles, delle plastiche biodegradabili e compostabili, sulle quali l’industria italiana è avanti.

In audizione alla commissione Ecomafie della Camera, riportato dall’agenzia Energia Oltre, Cingolani aveva appunto dichiarato che “forse è troppo semplicistico dire che le plastiche sono solo quelle che si riciclano al cento per cento. Ho chiesto di valutare il fatto che la stessa Commissione europea sta finanziando la ricerca sulle plastiche biodegradabili, ma non le ammette come plastiche per certe applicazioni. Questo è un danno anche per la nostra industria; ci sono tecnologie che potrebbero salvare capra e cavoli. Ci sono materiali biodegradabili che possono sostituire la plastica da petrolio, senza essere considerate plastiche, ma che hanno lo stesso uso”.

L’ACCORDO ITALIA-UE

La ‘rivalutazione’ della direttiva che in quell’occasione Cingolani aveva detto di aver chiesto al vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, sembrerebbe essere stata accolta.

Come annunciato dal ministro a Radio 24 e riportato dall’ANSA, “l’accordo con Bruxelles è già trovato. Il problema non c’è, grazie a un’interlocuzione più tecnica che politica, che fa bene a tutti”.

“L’accordo”, ha spiegato, “è che si continueranno a rivedere le linee guida in funzione delle nuove soluzioni tecnologiche, ed è stato riconosciuto il fatto che, se ho un bicchiere di carta che è il 90% carta e il 10% plastica, non me lo pesano come tutto plastica, ma riconoscono che c’è solo il 10%”.

“Quando io ho parlato con il vicepresidente Timmermans”, ha proseguito Cingolani, “ci siamo confrontati con la massima serenità e abbiamo convenuto senza alcun contrasto. Siamo tutti d’accordo che la plastica vada ridotta, non esiste discussione su questo punto. Quando sono arrivato pochi mesi fa, ho letto le linee guide e ho trovato abbastanza questionabile un punto: alla fine l’unica plastica che viene ammessa è quella riciclabile. Questo vuol dire che noi continuiamo a produrre plastiche che, sia pure in maniera ritardata dal riciclo, un giorno diventeranno rifiuto. In maniera cieca invece sono state definite non utilizzabili tutte le altre plastiche, anche le più moderne, quelle a base di fibre vegetali. Il che riflette una lettura un po’ vecchia delle tecnologie recenti”.

LA GESTIONE DELLE PLASTICHE COMPOSTABILI

La gestione degli oggetti monouso in plastica biodegradabili e compostabili porta con sé problemi impiantistici. Uno studio recente di Greenpeace riporta l’opinione a questo proposito di Utilitalia, l’associazione delle imprese che operano nel settore dei servizi pubblici (gestione dei rifiuti, dell’acqua, dell’energia elettrica, del gas).

Utilitalia invitava appunto a “evitare che le scelte siano dettate dalle sole logiche di mercato, senza che sia costruita una preventiva strategia che coinvolga tutti i soggetti della filiera. Il rischio, nelle attuali condizioni, è che chi ha la
responsabilità di gestire i rifiuti derivanti dai prodotti in bioplastica si trovi a dover attuare scelte fatte da altri. Scelte basate non sugli attuali sistemi di raccolta e trattamento, né su quelli attualmente in progetto, ma unicamente sul fascino attribuito a questi prodotti. Inevitabilmente il costo di tali scelte ricadrà allora sugli stessi utenti che pagano i costi del servizio, i quali incorporano al loro interno anche i costi di raccolta, selezione e trattamento dei rifiuti organici e delle stesse bioplastiche”.

Mentre alcuni oggetti in bioplastiche vengono infatti processati negli impianti senza particolari difficoltà (le buste per la spesa, ad esempio), “altre tipologie di manufatti presentano diversi livelli di criticità in molti processi di trattamento”.

Queste criticità, scrive Greenpeace, fanno sì che “una parte dei prodotti in materiale biodegradabile e compostabile conformi alla norma citata avviati ad impianti di compostaggio potrebbe venire allontanata (e viene di fatto allontanata in diversi casi) insieme alle plastiche tradizionali ed alle altre impurità nella fase di vagliatura ed avviata ad impianti di incenerimento/discarica”.

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