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Metalli

La Cina ha un problema con le terre rare?

La Cina domina la raffinazione delle terre rare, metalli strategici per l’industria e la difesa. Ma dipende sempre più dall’estero – anche dagli Stati Uniti – per le forniture della materia grezza. È una condizione che preoccupa Pechino.

La Cina domina le filiere globali delle terre rare, un gruppo di diciassette metalli “critici” perché utilizzati nella costruzione di apparecchi elettronici, dispositivi per le energie rinnovabili, automobili e sistemi d’arma. La newsletter specializzata The Rare Earth Observer ha notato tuttavia dei movimenti particolari: forse perché spinta dal timore di rimanere senza, Pechino ha aumentato notevolmente le importazioni di questi elementi.

I LIVELLI DI IMPORTAZIONE ED ESTRAZIONE DELLE TERRE RARE

Nel 2021, infatti, la Cina ha importato il 40 per cento di terre rare grezze in più; parallelamente, la sua quota di estrazione è scesa al 58 per cento del totale mondiale, molto meno rispetto al picco del 98 per cento toccato nel 2010. Il dato segnala che gli altri paesi stanno aumentando la produzione di terre rare per garantirsi una maggiore certezza degli approvvigionamenti.

L’estrazione mineraria, tuttavia, non basta ad assicurare l’autonomia: per utilizzarle nei prodotti tecnologici – spesso nella forma di magneti –, le terre rare devono prima venire lavorazione attraverso processi complicati. Il minerale grezzo va innanzitutto frantumato e macinato per ricavare i metalli; dopodiché si passa alla fase di separazione chimica dei vari elementi; in ultimo, le terre rare vanno raffinate in modo da ottenere metalli dalla purezza elevata.

IL “DISAGIO” DELLA CINA

La Cina possiede un quasi-monopolio su ogni fase di lavorazione delle terre rare successiva all’estrazione. Se è vero che questo le garantisce una forte presa sulle catene del valore globali, d’altra parte la obbliga a importare grosse quantità di minerali grezzi con i quali alimentare i suoi processi industriali. Le terre rare si estraggono principalmente – oltre che nella stessa Cina – in Australia, negli Stati Uniti e in Myanmar.

Thomas Krümmer, autore della newsletter The Rare Earth Observer, ha spiegato a Quartz che la Cina possiede meno del 20 per cento delle riserve mondiali di terre rare, ma vale oltre l’85 per cento della loro raffinazione: questo squilibrio, a suo dire, è causa di “disagio” per Pechino.

IL LEGAME CON GLI STATI UNITI

“La Cina dipende in larga misura dalle importazioni di materie prime di terre rare dall’estero e sa benissimo che questa dipendenza potrebbe essere usata contro di lei”, ha detto Krümmer. “Cosa farebbero se gli Stati Uniti tagliassero loro le forniture di Mountain Pass?”.

Mountain Pass, in California, è l’unica miniera di terre rare negli Stati Uniti: è gestita da MP Materials, che solitamente invia il materiale grezzo estratto in Cina per farlo raffinare; l’azienda ha però intenzione di aprire un impianto di separazione sul territorio americano, e si è recentemente accordata con la clientela giapponese per fornirle direttamente – una volta che la struttura entrerà in funzione – i materiali processati, eliminando l’intermediazione cinese.

Nel 2021 la sola miniera di Mountain Pass ha rappresentato il 15 per cento dell’estrazione globale di terre rare.

ANCHE GLI SCIENZIATI CINESI LANCIANO L’ALLARME

L’anno scorso Wang Anjian, un accademico cinese dell’Accademia delle Scienze geologiche di Pechino, ha dedicato un paper proprio alla contrazione del settore minerario cinese: “la sicurezza delle materie prime per il grande sistema industriale della Cina”, scriveva, “è preoccupante”.

Per compensare l’insufficiente produzione interna, le aziende della filiera cinese delle terre rare stanno aumentando gli investimenti in forniture di materia grezza all’estero, firmando contratti di approvvigionamento a lungo termine, spiega Quartz.

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