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Pannelli solari, così Cina e Usa si scontrano nel Sud-est asiatico

Per aggirare i dazi americani, la Cina sta spostando la produzione di pannelli solari dal Vietnam ad altri paesi del Sud-est asiatico. Ecco fatti, numeri, mosse e contromosse di Washington e Pechino.

Alcune delle principali aziende cinesi che realizzano pannelli solari in Vietnam, come Longi e Trina Solar, hanno iniziato a ridurre la produzione e a licenziare gli operai per via dei nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni di questi dispositivi dalla Thailandia, dalla Malaysia, dalla Cambogia e – appunto – dal Vietnam.

Si tratta di una misura introdotta per proteggere la (ri)nascente industria fotovoltaica americana dalla concorrenza cinese a basso costo, che viene delocalizzata nel Sud-est asiatico e da lì venduta negli Stati Uniti. La Cina, però, ha già adottato delle contromisure: come accennato, sta ridimensionando le fabbriche in Vietnam per aprirne di nuove in Indonesia e in Laos, due paesi non distanti e non colpiti dalle tariffe statunitensi.

Secondo i calcoli di Reuters, la capacità produttiva prevista di questi nuovi stabilimenti indonesiani laotiani è grossomodo equivalente alla metà dei pannelli solari che sono stati installati negli Stati Uniti nel 2023. L’agenzia parla infatti di un massiccio ricollocamento della produzione solare cinese in Indonesia e Laos all’interno di un “enorme gioco del gatto e del topo” tra Pechino e Washington.

CINA E AMERICA NEL MERCATO DEI PANNELLI SOLARI

Stando a SPV Market Research, la Cina vale direttamente circa l’80 per cento del commercio internazionale di pannelli solari, e i suoi stabilimenti nel Sud-est asiatico rappresentano quasi tutta la quota rimanente. Quanto agli Stati Uniti, le loro importazioni di pannelli solari hanno raggiunto il valore record di 15 miliardi di dollari nel 2023; e anche se quelle provenienti dalla Cina erano pressoché nulle, il Vietnam, la Thailandia, la Malaysia e la Cambogia hanno rappresentato l’origine dell’80 per cento degli acquisti: nei fatti, erano comunque pannelli cinesi ma “mediati” dal Sud-est asiatico.

Vent’anni fa la situazione era molto diversa: gli Stati Uniti valevano infatti il 13 per cento del commercio mondiale di celle solari, mentre la Cina e il Sud-est asiatico messi insieme rappresentavano appena l’1 per cento.

I PROGETTI DELLA CINA IN LAOS E INDONESIA

Reuters riporta che negli ultimi diciotto mesi sono partiti almeno quattro progetti cinesi o collegati alla Cina in Indonesia e in Laos, e altri due sono stati annunciati. Messi insieme, questi progetti hanno una capacità produttiva di pannelli o celle solari di 22,9 gigawatt. La maggioranza dei dispositivi qui prodotti verranno venduti negli Stati Uniti, il secondo mercato solare più grande al mondo (lo precede quello cinese) e uno dei più redditizi, considerato che negli ultimi quattro anni i prezzi dei pannelli solari in America sono stati in media del 40 per cento più alti di quelli in Cina.

Nei primi otto mesi del 2024 le importazioni statunitensi di dispositivi solari dall’Indonesia sono quasi raddoppiate di valore su base annua, raggiungendo i 246 milioni di dollari. Quelle dal Laos ammontano a 48 milioni di dollari, mentre nel periodo gennaio-agosto 2023 il loro valore era zero.

LA DECISIONE DI BIDEN, LA PROMESSA DI TRUMP E LA MOSSA DELLE AZIENDE CINESI

L’amministrazione di Joe Biden vuole che il paese recuperi capacità manifatturiera nelle tecnologie fondamentali per la transizione energetica – non solo pannelli fotovoltaici ma anche batterie, turbine eoliche, elettrolizzatori, reattori modulari, veicoli elettrici – e ha messo a punto una legge apposita, l’Inflation Reduction Act; i produttori solari, però, si sono spesso lamentati con il governo per la concorrenza sleale dei pannelli cinesi, economicissimi anche per via dei generosi sussidi statali.

Oltre ai dazi su Vietnam, Thailandia, Malaysia e Cambogia, a maggio l’amministrazione Biden ha annunciato un aumento (dal 25 al 50 per cento) delle tariffe sulle celle solari cinesi. Donald Trump ha promesso che, se vincerà le elezioni, imporrà un dazio del 60 per cento su tutti i prodotti importati dalla Cina.

Alcune aziende solari cinesi o a partecipazione cinese – come Illuminate USA, di cui l’americana Invenergy possiede il 51 per cento e Longi il restante 49 per cento – stanno aprendo delle fabbriche sul territorio statunitense per evitare le barriere commerciali e cercare di accedere agli incentivi dell’Inflation Reduction Act. Secondo Reuters, entro il 2025 queste aziende disporranno di una capacità manifatturiera di pannelli solari negli Stati Uniti da 20 GW, cioè quanto basta per soddisfare metà della domanda nazionale.

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