La Cina sta cercando di rafforzare la sua capacità di influenzare i prezzi dei metalli industriali, dei quali è una grandissima consumatrice, convincendo le società straniere a effettuare scambi sulla borsa dei futures di Shanghai: una mossa che, secondo Reuters, avrebbe l’effetto di frammentare i mercati globali di queste materie prime e ridurre la centralità della London Metal Exchange di Londra, attiva dal 1877.
IL PIANO DELLA CINA SUI PREZZI DEI METALLI
Negli ultimi vent’anni la Cina ha investito e acquisito un gran numero di progetti estrattivi all’estero per assicurarsi le forniture dei metalli necessari al suo settore industriale e al processo di transizione energetica (che richiede grosse quantità di rame, litio, cobalto, terre rare e non solo). Adesso ha intenzione di compiere il passo successivo, ossia ottenere un maggiore potere di determinazione dei prezzi di queste commodities, benché abbia perso quote di mercato negli scambi dei contratti sui metalli.
Stando alle fonti di Reuters, Pechino sta lavorando per convincere gli investitori internazionali a utilizzare la Shanghai Futures Exchange, con l’obiettivo di far ottenere ai contratti scambiati su questa borsa lo status di riferimento internazionale (o benchmark, in gergo).
I benchmark basati sulla borsa di Shanghai eliminerebbero la necessità, per le aziende cinesi, di “agganciare” i loro contratti fisici ai prezzi scambiati sulla London Metal Exchange; al contrario, le società straniere si ritroverebbero a dover effettuare degli scambi sulla Shanghai Futures Exchange per influenzare i prezzi di riferimento nei loro contratti. Uno scenario del genere, in poche parole, comporterebbe uno spostamento dell’influenza sul mercato finanziario (e non solo) dei metalli dall’Occidente alla Cina.
LE DICHIARAZIONI DEL DIRETTORE GENERALE DELLA BORSA DI SHANGHAI
Lo scorso giugno il direttore generale della Shanghai Futures Exchange, Wang Fenghai, ha dichiarato che “solo attraverso l’apertura possiamo attirare gli investitori stranieri, partecipare al processo di determinazione dei prezzi della borsa di Shanghai e quindi aumentare l’influenza sui prezzi”. Per favorire l’attrazione degli attori stranieri – ha aggiunto – la Shanghai Futures Exchange si concentrerà sul potenziamento della capacità di consegna transfrontaliera.
LO STOCCAGGIO NEI MAGAZZINI
Due fonti hanno detto a Reuters che la borsa punta nel breve termine a espandersi nel campo dello stoccaggio internazionale dei metalli – a partire da Singapore – per competere con la London Metal Exchange e la sua rete di oltre 450 magazzini, contenenti migliaia di tonnellate di alluminio, rame e altri metalli.
L’agenzia ha aggiunto che “una volta che la borsa di Shanghai avrà deciso di offrire lo stoccaggio di metalli al di fuori della Cina, il processo di registrazione dei magazzini sarà una questione di settimane, se non di giorni, dato che esistono già strutture nei porti in cui si registrano grandi flussi di metalli”.
È DIFFICILE SOSTITUIRE LA LONDON METAL EXCHANGE, MA…
Benché la Cina valga da sola oltre la metà dei consumi globali di rame, alluminio e zinco, e benché ne sia anche una grande produttrice, il piano per sostituire la London Metal Exchange e fare della borsa di Shanghai il centro internazionale di determinazione dei prezzi è comunque di difficile realizzazione.
Bisogna tuttavia ricordare che dal 2012 la London Metal Exchange è di proprietà della Hong Kong Exchanges and Clearing, la società che gestisce la borsa di Hong Kong, in Cina. La borsa di Londra ha detto di stare lavorando alla quotazione di nuovi contratti sui metalli basati sui prezzi di Shanghai e di voler approvare l’espansione della sua rete di magazzini a Hong Kong entro la fine dell’anno.
CINA CONTRO STATI UNITI, DI NUOVO
L’ostacolo principale al piano cinese per l’internazionalizzazione della Shanghai Futures Exchange è il fatto che da circa dieci anni questa borsa ha perso rilevanza rispetto al mercato statunitense Comex. Nel 2023, infatti, Shanghai ha rappresentato circa il 15 per cento degli scambi globali di futures sul rame, mentre la quota di Comex era del 22 per cento. Nei primi nove mesi del 2024, inoltre, i volumi degli scambi di rame a Shanghai sono crollati di quasi il 43 per cento su base annua.
La Cina è ostacolata anche dalle restrizioni alla convertibilità degli yuan (la valuta cinese) in dollari statunitensi (la principale valuta di riferimento negli scambi internazionali) e dal fatto che i soggetti stranieri intenzionati a effettuare scambi sulla borsa di Shanghai dovranno avere dei conti in yuan, la cui internazionalizzazione è ancora limitata.
I potenziali investitori esteri sono disincentivati dall’operare in Cina anche per via della normativa statale sul controllo della volatilità, che limita la quantità di denaro trasferibile all’estero.