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L’industria chimica europea reggerà al boom delle plastiche in Cina?

L'Europa non deve preoccuparsi solo della sovrapproduzione di acciaio, ma anche di plastiche. La Cina, infatti, si sta dotando di ulteriore capacità, che potrebbe riversare all'estero e aggravare la crisi (già seria) del comparto chimico. Tutti i dettagli.

L’Europa non deve preoccuparsi solo della sovrapproduzione di acciaio, ma anche di prodotti chimici. Negli ultimi dieci anni, infatti, la Cina – la maggiore produttrice al mondo di plastiche, derivate del petrolio – ha costruito altri sette grandi siti petrolchimici; se deciderà di rivendere all’estero questo abbondante surplus, la crisi dell’industria chimica nel Vecchio continente potrebbe farsi ancora più grave.

COME ANDRÀ LA PRODUZIONE DI PLASTICHE IN CINA NEL 2025

Mossa dal raggiungimento dell’autosufficienza, la Cina ha superato gli Stati Uniti ed è diventata la prima produttrice globale di etilene e del suo derivato, il polietilene, uno dei materiali plastici più versatili e infatti utilizzatissimo in tanti prodotti. Nel 2025 la produzione cinese di polietilene aumenterà ancora, del 18 per cento, crescendo più della domanda interna (che si fermerà al +10 per cento). Le importazioni, di conseguenza, caleranno del 13 per cento, stando alle previsioni della società di consulenza Jlc.

LA PRODUZIONE INTERNA SOSTITUIRÀ LE IMPORTAZIONI

Ma Pechino non è solo la maggiore produttrice di plastiche del pianeta, ma anche – e di gran lunga – la maggiore consumatrice: l’anno scorso ha importato quasi quindici milioni di tonnellate di polietilene, più dell’intera domanda europea. La crescita della produzione nazionale, però, ridurrà la necessità di acquistare plastiche dall’estero, quindi i produttori localizzati nel resto del mondo dovranno trovare nuovi mercati.

ULTERIORI AUMENTI DELLA CAPACITÀ NEL 2026

Anche perché nel 2026 la capacità produttiva cinese di polietilene dovrebbe aumentare ancora nel 2026, del 16 per cento. Tuttavia, alcuni investimenti in nuovi impianti potrebbero venire cancellati: il surplus di offerta sta facendo scendere i prezzi e riducendo i margini di profitto per gli operatori. Ad esempio, la compagnia petrolifera statale Sinopec – la maggiore produttrice di etilene dal petrolio nel paese – ha riportato quest’anno grosse perdite nella sua divisione chimica.

L’IMPATTO DELLA SOVRACCAPACITÀ CINESE SULL’EUROPA

La sovrabbondanza di plastica rispetto alla domanda interna indurrà le società cinesi a esportare. Già nei primi dieci mesi del 2025 le esportazioni nelle Filippine, nel Bangladesh, in Arabia Saudita e nel continente africano sono aumentate; in Vietnam, in particolare – il principale mercato estero per i prodotti chimici cinesi -, sono cresciute dell’88 per cento su base annua.

Gli enormi volumi di plastiche cinesi sul mercato metteranno ancora più pressione ai produttori petrolchimici europei, che già faticano a sostenere la concorrenza non soltanto con la Cina ma anche con gli Stati Uniti, dove i prezzi dell’energia – e di conseguenza i costi operativi degli stabilimenti – sono molto più bassi.

– Leggi anche: La Cina inonderà l’Europa di plastica a prezzi stracciati?

IL PIANO D’AZIONE EUROPEO

Lo scorso luglio la Commissione europea ha presentato un piano d’azione per l’industria chimica e annunciato il lancio della Critical Chemical Alliance, un’associazione alla quale parteciperanno gli stati membri e le aziende del settore: si occuperà di “affrontare i rischi di chiusura di capacità nel settore” e “individuerà i siti produttivi critici che necessitano di un sostegno politico”. Bruxelles, inoltre, ha fatto sapere che applicherà delle misure di difesa commerciale per garantire la parità di condizioni e che monitorerà le importazioni di prodotti chimici.

Secondo le stime dell’European Chemical Industry Council, un’associazione di categoria, negli ultimi due anni è stata programmata la chiusura di oltre undici milioni di tonnellate di capacità chimica in Europa, con un impatto su ventuno grandi stabilimenti. Questa perdita rappresenterebbe un serio problema economico-industriale per il continente, visto che il settore chimico vale all’incirca il 5-7 per cento del fatturato manifatturiero e dà lavoro a oltre 1,2 milioni di persone.

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