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Sabotaggio Nord Stream

Chi ha sabotato i gasdotti europei? Ipotesi e analisi

Il caso dei due gasdotti sabotati che passano sotto il Mar Baltico e che trasportano gas dalla Russia alla Germania. L'approfondimento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”

Oramai è chiaro che si tratti di azioni deliberate e non di incidenti, quelle che hanno causato grosse perdite nel gasdotto Nord Stream 1 che passa sotto il Mar Baltico e che trasporta(va) gas dalla Russia alla Germania. Si tratta di 4 falle causate da diverse esplosioni, alcune delle quali confermate anche dai sismologi che hanno registrato due potenti detonazioni che hanno preceduto le dispersioni di gas in mare. La prima esplosione è stata registrata dalla rete sismica nazionale svedese nelle prime ore della notte di lunedì 26 settembre scorso a sud-est dell’isola danese di Bornholm. Una seconda esplosione, più forte, a nord-est dell’isola, nella stessa notte, ha fatto segnalare ai sismografi fenomeni sismici equivalenti a quelli di un terremoto di magnitudo 2,3 registrate da diverse stazioni sismografiche in Danimarca, Norvegia e Finlandia.

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, attraverso il gasdotto danneggiato, Nord Stream 1, passava più di un terzo delle esportazioni di gas naturale russo verso l’UE. Il Nord Stream 2 sarebbe dovuto entrare in funzione nel 2022, ma la Germania ne ha bloccato l’uso a febbraio dopo il tentativo, fallito, di dissuadere la Russia dall’invadere l’Ucraina.

Mosca ha quindi iniziato a ridurre i flussi di gas attraverso il Nord Stream 1 all’inizio dell’anno, sostenendo che le sanzioni occidentali causano difficoltà tecniche, facendo così lievitare i prezzi del gas e dell’energia a livelli record e spingendo l’UE verso la recessione.

Ad agosto Mosca ha completamente interrotto le esportazioni lungo il gasdotto, a causa dell’ulteriore inasprimento delle sanzioni economiche imposte dall’UE per il perdurare della guerra d’invasione dell’Ucraina. Una violazione contrattuale che porterà Gazprom ad affrontare cause legali miliardarie da parte dei clienti europei se non dovesse riprendere i flussi di gas lungo il Nord Stream 1. Il gasdotto Nord Stream 1, lungo 1.224 chilometri, per l’entità dei danni che ha subito è improbabile potrà essere riparato in breve tempo ed in grado di trasportare gas verso l’Europa quest’inverno, anche se ci fosse la volontà politica di rimetterlo in funzione. Anzi, l’entità dei danneggiamenti e le tempistiche necessarie per le riparazioni, potrebbero addirittura comportarne la chiusura permanente.

Sebbene siano pieni di gas, i gasdotti Nord Stream 1 e 2 attualmente non forniscono gas all’Europa e con il passare delle ore sono sempre più evidenti le impronte che questo sabotaggio sia da inquadrare nell’ambito dello stallo energetico con la Russia provocato dalla guerra in Ucraina.

Tutti i Servizi di intelligence stanno indagando ma al momento non ci sono informazioni che indichino chi potrebbe essere il responsabile di questi sabotaggi in acque internazionali. Intanto l’operatore tedesco Nord Stream AG ha avviato un’indagine per valutare i danni all’infrastruttura ed i pericoli derivanti dalla continua fuoriuscita del gas, il cui flusso non è stato interrotto (e non si sa nemmeno se e quando verrà bloccato dalla Russia).

Certamente è da evidenziare il sincronismo dell’incidente con il recente aumento dell’attività navali e della presenza di droni russi nel Mare del Nord con l’inaugurazione del Baltic Pipe, il gasdotto a lungo atteso che porterà il gas norvegese in Polonia per rafforzare l’indipendenza energetica dell’Europa da Mosca.

Il Baltic Pipe è un elemento strategico per la sicurezza energetica dell’Unione Europea e inizierà a portare il gas norvegese in Polonia attraverso la Danimarca e il Mar Baltico il 1° ottobre.

Se da un lato non si può escludere alcuno scenario, dall’altro si può ragionevolmente affermare che non si tratta di incidente ma di un atto di sabotaggio, sicuramente da collegare alla crisi geopolitica innescata dall’invasione dell’Ucraina che rappresenta un ulteriore passo verso l’escalation della guerra ibrida in atto.

Ovviamente gli scambi di accuse tra Occidente e Russia sono reciproci, ma la complessità di questa operazione di sabotaggio subacqueo in mare aperto determina un’altra certezza: chiunque sia l’autore, siamo davanti all’azione di un attore statale, russo o antirusso, e dell’ennesimo attacco ‘false flag”, che rientrerebbe nella strategia degli attacchi sotto falsa bandiera che la Russia usa spesso sferrare per iniziare guerre, per ottenere il sostegno pubblico, per creare panico tra le popolazioni, per coprire crimini, per eliminare nemici e traditori.

L’USO COERCITIVO DELL’ENERGIA E LE TATTICHE IBRIDE

Se guardiamo a chi beneficerebbe effettivamente di un maggiore caos sul mercato del gas in Europa, e del messaggio che questa azione di sabotaggio trasmette al mondo, fondamentalmente vi è un solo attore statale indiziato principale in questo momento, ed è la Russia.

I gasdotti Nord Stream sono al centro di uno scontro energetico tra Europa e Russia dopo l’invasione dell’Ucraina a fine febbraio ed il crollo delle forniture di gas russo ha provocato un’impennata dei prezzi, spingendo i governi a contribuire ad alleviare il peso delle bollette energetiche insostenibili per le famiglie e le imprese, con forti probabilità di razionamenti dell’energia durante l’inverno e di recessione economica.

Mosca, sabotando una propria infrastruttura, inutilizzata a causa delle sanzioni, crea ulteriore caos nella crisi energetica europea.

Una minaccia esplicita che qualcosa di simile potrebbe accadere anche alle pipeline che trasportano il gas norvegese.

Con un attacco “false flag” che danneggia i gasdotti tra la Russia e l’Europa, il Cremlino può:

  • accusare l’Occidente (sostenitore dell’Ucraina) di aver sabotato le infrastrutture per l’esportazione di gas russo;
  • creare ulteriore caos nel mercato energetico causando aumenti del prezzo del gas e dell’energia, destabilizzando ancora di più le economie europee;
  • mettere sotto pressione i Governi europei, incrementando il danno psicologico e creando ulteriore panico tra cittadini attraverso la strategia della paura;
  • avvertire (minacciare) che i gasdotti sono vulnerabili agli attacchi e che nonostante il loro impegno, gli Stati Uniti non sono in grado di garantire la sicurezza energetica europea.
  • sfruttare il danneggiamento del gasdotto per affermare che l’interruzione dei flussi di gas verso l’Europa sono causa di forza maggiore – circostanze fuori dal suo controllo dovute a un evento imprevisto – e di conseguenza evitare di pagare le penali previste dai contratti;
  • creare le condizioni per sbloccare ed utilizzare il Nord Stream 2 (ove non fosse anch’esso danneggiato), da sempre fortemente osteggiato dagli Usa e bloccato dalle sanzioni, ed al contempo garantire che non possa essere nuovamente bloccato, poiché il percorso alternativo è inutilizzabile;
  • oppure, comunicare di voler rompere definitivamente ogni rapporto energetico con l’Europa occidentale e soprattutto con la Germania, rea di sostenere attivamente l’Ucraina e di aver deciso di riamare il proprio esercito, stanziando il 2% del proprio PIL per la Difesa;
  • minacciare la Polonia e la Norvegia che inaugurano il loro gasdotto;
  • risolvere i problemi di stoccaggio e smaltire il surplus di gas invenduto all’Europa disperdendolo nell’ambiente;
  • evidenziare l’esposizione ai rischi dell’infrastruttura del gas e dell’energia europea.

Il Cremlino ovviamente respinge qualsiasi responsabilità sull’accaduto e sicuramente nei prossimi giorni lancerà una campagna mediatica sul coinvolgimento degli Stati Uniti nel sabotaggio, disinformazione che si intensificherà se verranno rese pubbliche dai Servizi d’intelligence occidentali prove di un coinvolgimento russo.

In teoria potrebbero essere diversi i possibili mandanti occidentali di un attacco “false flag”, ed escludendo l’Ucraina, in quanto non è in possesso delle capacità tecnologiche e logistiche per portare a termine un’operazione di tale complessità, il Cremlino accuserà gli Usa, perché hanno sempre contrastato la costruzione del Nord Stream 2 ed il presidente Biden, che qualche giorno prima dell’invasione russa dell’Ucraina dichiarò che quel gasdotto sarebbe stato chiuso in caso di aggressione, come effettivamente decise di fare la Germania. Perfino gli stessi europei che non dipendono energeticamente dal gas russo o che lo esportano, potrebbero apparentemente trarre dei vantaggi dal danneggiamento dei gasdotti Nord Stream, per eliminare dal tavolo della UE ogni forma di ricatto di Mosca ed al contempo vanificare gli sforzi di qualche Paese e di quei politici europei determinati a togliere le sanzioni e ad accettare cedimenti verso gli interessi russi.

Il vantaggio principale per un ipotetico attore statale occidentale, ottenuto dal danneggiamento dei gasdotti Nord Stream 1 e 2, ove questi fossero operativi, consisterebbe nell’impedire alla Russia di continuare a guadagnare miliardi di dollari (rubli) dalla vendita del gas e dall’utilizzarlo come strumento di ricatto e di guerra economica contro l’Europa a dispetto delle sanzioni. Con questo sabotaggio, in pratica verrebbe meno la possibilità da parte della Russia di usare il suo gas come arma di coercizione geopolitica.

Ma nessuno in Europa è interessato ad utilizzare queste tattiche di guerra ibrida che alimentano instabilità nel mercato dell’energia ed aggravano la crisi socioeconomica, mentre è evidente che la Russia sia tornata alle operazioni in stile Guerra Fredda che sono state pianificate ed ora vengono attuate per un conflitto ibrido contro l’Occidente.

LE INIZIATIVE DELLA NATO PER LA DETERRENZA

In un significativo inasprimento delle tensioni tra Russia e Occidente, dopo gli alert che la Cia avrebbe dato al governo tedesco qualche settimana prima, su possibili attacchi ai gasdotti Nord Stream 1 e 2 del Mar Baltico, la Nato ha definito il danneggiamento del gasdotto Nord Stream un “sabotaggio deliberato” ed ha avvertito la Russia che l’Alleanza militare è pronta a difendere con una “risposta unita e determinata” le proprie infrastrutture critiche e le forniture energetiche dell’Europa da eventuali “attacchi deliberati”.

Dopo la deterrenza economica con le sanzioni, e quella nucleare – cioè la capacità di fare capire ai russi che non possono usare le armi nucleari contro l’Ucraina perché si esporrebbero a una rappresaglia certa – arriva la deterrenza contro le tattiche ibride. È attraverso la deterrenza di un Occidente che deve mostrarsi unito e determinato: “se fai questo, la Nato risponderà”, che si può dissuadere il presidente Putin dall’imboccare una strada che possa innescare un conflitto globale, ed allo stesso tempo dare credibilità e forza ad una mediazione che possa portare Mosca a fermare la guerra contro il popolo ucraino ed iniziare un vero negoziato.

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