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Guerra Ibrida

Serve una nuova Cortina di Ferro contro le autocrazie?

Per difendersi dalla Guerra ibrida delle autocrazie, l’Occidente dovrebbe ripristinare la cortina di ferro? L'intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”

Nei messaggi di cordoglio per la morte di Michail Gorbačëv, Segretario generale del Partito Comunista negli anni ‘80, ultimo presidente dell’Unione Sovietica e premio Nobel per la pace, i Capi di Stato e di Governo occidentali gli hanno riconosciuto il merito di aver dato vita alla “perestrojka” (ricostruzione) e con essa di aver permesso all’Unione Sovietica di avviare un processo di “uskorenie” (accelerazione), “demokratizacija” (democratizzazione) e “glasnost’” (trasparenza), che però in pochi anni ne consacrò il disfacimento più o meno pacifico, nonostante l’esercito sovietico avesse ancora molte armi per opprimere il suo popolo e migliaia di ordigni nucleari per minacciare la pace globale.

Tuttavia, Gorbaciov non aveva molte altre opzioni per evitare il collasso dell’“impero del male” (evil empire) come lo definì l’8 marzo 1983 Ronald Reagan, in un discorso pronunciato davanti all’Associazione Evangelica Nazionale, a Orlando – Usa – per riferirsi all’Unione Sovietica.

Fu, invece, grazie alla strategia globale adottata dal presidente Ronald Reagan nel contrastare l’URSS dal punto di vista economico e tecnologico – cosa che si era impegnato a fare nella campagna elettorale che lo portò alla Casa Bianca del 1980 – e che realizzò mandando in bancarotta il sistema comunista dell’Unione Sovietica.

Strategia portata avanti parallelamente a quella di Papa Giovanni Paolo II. Storico l’incontro in Vaticano avvenuto il 1 dicembre 1989, tra il Papa polacco e il presidente sovietico. La foto mentre si stringono la mano fa il giro del mondo: Gorbaciov accanto al Papa Giovanni Paolo II mentre nell’est Europa crollano i regimi comunisti ed ha termine la “Guerra Fredda[1]”.

Oggi, come 40 anni fa, non riconoscere che l’attuale Federazione Russa è diventata la più grande minaccia strategica per l’Europa e che deve essere contrastata in ogni ambito, economico, tecnologico, cibernetico, compreso quello militare, non ci porterà a fermare l’aggressione armata alle democrazie del successore dell’Unione Sovietica, quello che Ronald Reagan definirebbe la “minaccia esistenziale alla libertà” del nostro tempo, ovvero l’attuale presidente della Russia Vladimir Putin ed il suo Governo.

[1] Guerra Fredda: “Confronto mondiale tra Stati Uniti e Unione Sovietica iniziato nel secondo dopoguerra. L’espressione (in ingl. cold war) fu coniata dal giornalista americano W. Lippmann per descrivere un’ostilità che non sembrava più risolvibile attraverso una guerra frontale tra le due superpotenze, dato il pericolo per la sopravvivenza dell’umanità rappresentato da un eventuale ricorso alle armi nucleari”. (Treccani)

IL CREMLINO REAGISCE SERIAMENTE SOLO A POSIZIONI DI FORZA

Il timore di imporre dure sanzioni a Mosca nel periodo 2014-2021 non ha evitato né l’escalation della minaccia all’Europa né le perdite economiche dei Paesi UE. Ciò significa che, evitando di rispondere con misure incisive a causa del timore dell’aggressività russa, l’Occidente non riesce a minimizzarne i rischi, i ricatti e le conseguenze. Al contrario, il Cremlino interpreta questa incertezza come sostegno di alcune forze politiche amiche, indecisione e/o paura di una futura mossa della Russia, consentendo a Mosca di intraprendere azioni sempre più aggressive. Esattamente come è accaduto con l’invasione dell’Ucraina ed ora con l’uso del Gas come strumento di guerra economica.

La guerra in Ucraina ha dimostrato che le conseguenze dell’acquiescenza alla Russia e del business as usual portano a gravi perdite economiche e sociali in tutta Europa e serie minacce alla sicurezza internazionale. Poiché l’obiettivo della Russia non è solo l’Ucraina, ma tutti i territori che hanno fatto parte dell’Impero russo, nonché le istituzioni dell’UE e della NATO, come esplicitato nella nuova dottrina di politica estera basata sul “mondo russo”, approvata dal presidente Vladimir Putin lunedì 5 settembre 2022.

La “politica umanitaria” di 31 pagine, pubblicata a più di sei mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, afferma che la Russia dovrebbe “proteggere, salvaguardare e far progredire le tradizioni e gli ideali del mondo russo”. Sebbene presentata come una sorta di strategia di soft power, sancisce nelle idee politiche ufficiali sulla politica e la religione russa che alcuni estremisti hanno usato per giustificare l’occupazione di Mosca di parti dell’Ucraina e il sostegno alle entità filo-russe separatiste nell’est del paese. Dice che i legami della Russia con i suoi compatrioti all’estero le hanno permesso di “rafforzare sulla scena internazionale la sua immagine di paese democratico che lotta per la creazione di un mondo multipolare”.

Putin ha per anni evidenziato quello che vede come il tragico destino di circa 25 milioni di russi etnici che si sono trovati a vivere al di fuori della Russia in nuovi stati indipendenti quando l’Unione Sovietica è crollata nel 1991, un evento che ha definito una catastrofe geopolitica. La Russia ha continuato a considerare l’ex spazio sovietico, dai Paesi Baltici all’Asia centrale, come la sua legittima sfera di influenza – una visione fortemente osteggiata da molti di quei paesi e dall’Occidente.

La “nuova” politica afferma che la Russia dovrebbe aumentare la cooperazione con le nazioni slave, la Cina e l’India, e rafforzare ulteriormente i suoi legami con il Medio Oriente, l’America Latina e l’Africa.

Risulta quindi evidente che i rischi per l’Europa continueranno ad aumentare fino alla sconfitta militare (poco probabile) oppure a quella politica o al default economico della Russia.

Per prevenire lo sviluppo di ulteriori scenari critici in Europa, è altamente raccomandabile ricominciare ad adottare una politica che si è già dimostrata efficace a costringere l’”Impero del male”, ruolo assunto dalla Russia attuale, a cadere, e cioè, ripristinando la “cortina di ferro[2]” nei confronti del Cremlino e dei suoi alleati.

[2] Cortina di ferro: “Espressione, che si diffuse, tradotta dall’inglese iron curtain, dopo il discorso del premier inglese Winston Churchill del marzo 1946, per indicare la separazione, territoriale e ideologica, esistente fra i paesi dell’Europa orientale e quelli dell’Europa occidentale, venutasi a creare dopo la Seconda guerra mondiale e mantenutasi fino al 1990, in seguito alla divisione dell’Europa in due sfere d’influenza, sovietica e angloamericana, praticamente stabilita di massima già durante la conferenza di Yalta nel 1945″. (Treccani)

PER DIFENDERSI DALLA GUERRA ASIMMETRICA DEL CREMLINO E DALLE AUTOCRAZIE, L’EUROPA DOVREBBE RIPRISTINARE LA CORTINA DI FERRO?

L’aggressione all’Ucraina e la necessità di contrastare la guerra ibrida russa deve spingere l’UE e la Nato a ripristinare, quantomeno in parte, i deterrenti utilizzati contro Mosca in epoca sovietica, per bloccare e ritirare i fondi russi dall’economia occidentale, per limitare la libera circolazione dei russi nei nostri Stati.

Sanzioni economiche senza precedenti sono già state adottate e stanno mordendo l’economia russa, come dimostrano le continue reazioni scomposte e le sempre più aggressive ingerenze sulla nostra politica della portavoce di Lavrov su un’Italia “spinta al suicidio economico dagli Usa”. Ma non è la sola a minacciare e a interferire in campagna elettorale, c’è un inquietante video diffuso dalla Compagnia energetica russa Gazprom, ci sono le continue minacce dell’ex presidente della Federazione Dmitrij Medvedev ed una potente macchina della disinformazione sui social media, alimentata anche da alcuni esponenti politici che evidentemente non hanno a cuore l’interesse nazionale. Ma non si è ancora fatto abbastanza. I ritardi, le indecisioni, le posizioni ambigue e filorusse di alcuni politici nell’imposizione di limitazioni ancora più dure, le opportunità di bypassarle offerte alle aziende russe ed ai suoi oligarchi da alcuni Paesi alleati (Turchia e Israele per citarne due) hanno dato a Mosca il “via libera” per invadere l’Ucraina dopo aver sfidato un Occidente inerte al dispiegamento di centinaia di migliaia di truppe al confine ucraino nella primavera del 2021.

I rischi di conflitto nucleare, così come le minacce alla sicurezza e alla stabilità politica del continente europeo, sono aumentati in modo significativo anche per il sostegno che la Cina sta offrendo al Cremlino. Di fatto, con la guerra all’Ucraina, la crisi tra Russia e Occidente non era mai stata così grave durante tutto il periodo della Guerra Fredda. Una delle concause di questa escalation è stata la sottovalutazione del pericolo rappresentato dalla strategia (più volte enunciata) del presidente Putin e dalla inadeguata risposta dell’Occidente, che prima del crollo dell’Unione Sovietica rispondeva in modo più deciso alle sfide e manteneva Mosca a distanza di sicurezza con adeguate politiche di deterrenza, impedendo così al Cremlino di infiltrarsi nelle istituzioni e nelle strutture di governance europee.

Sono aumentati anche i rischi di infiltrazione e di missioni da parte di agenti dell’intelligence russa, ed a seguito delle aperture che l’Europa ha offerto ai russi siamo di fronte ad un’impennata di operazioni sovversive, di disinformazione e di ingerenza condotte con grande aggressività in diversi Stati UE.

Il paragone con il periodo della Guerra Fredda indica che, nonostante le minacce poste dall’Unione Sovietica, la cortina di ferro ha impedito ai sovietici di svolgere la loro attività sul territorio europeo. La limitata presenza economica sovietica nell’UE ha ridotto la capacità di Mosca di avere un impatto critico sulle nostre economie, di sponsorizzare apertamente forze politiche e movimenti separatisti. Allo stesso tempo, la cortina di ferro ha reso molto difficile ai Servizi del Patto di Varsavia di condurre operazioni di spionaggio, di accedere alle tecnologie ed alla Ricerca occidentali.

L’esistenza della cortina di ferro e l’elevato interesse del popolo sovietico per l’Occidente, come alternativa alla realtà comunista, hanno posto le basi per il crollo del regime sovietico. Contrariamente, l’attuale propaganda interna, le leggi liberticide e le repressioni che vietano qualsiasi forma di dissenso e le frontiere europee aperte scoraggiano la già scarsa domanda di valori democratici in Russia. L’aspettativa che i cosiddetti liberali russi siano in grado di cambiare la situazione politica nel loro Paese dall’estero è irrealizzabile; porterà piuttosto allo sfruttamento da parte dell’intelligence russa delle nostre mancate restrizioni alla libertà di movimento di cittadini russi per sviluppare reti di agenti e spie in Europa. Solo la popolazione politicamente attiva che risiede all’interno della Russia renderà possibile una svolta politica sostenuta dall’élite.

Pertanto, ripristinare la politica della cortina di ferro è principalmente nell’interesse dei Paesi dell’UE, perché consentirebbe di:

– ridurre l’influenza e l’ingerenza russa sui processi democratici (incluse le elezioni) e prevenire scenari critici per la sicurezza europea ed internazionale;

– incentivare gli sviluppi tecnologici e le fonti energetiche alternative in risposta al ricatto del gas russo;

– chiudere la porta all’utilizzo della giurisdizione europea per il riciclaggio di denaro ed alle attività imprenditoriali da parte di oligarchi, funzionari, politici e cittadini russi, indebolendone l’influenza economica distruttiva;

– ridurre i rischi di infiltrazione degli agenti dei Servizi segreti russi;

– scoraggiare l’uso della guerra ibrida contro l’Occidente da parte della Russia e di altri avversari come la Cina ed esercitare deterrenza per contrastare i loro preparativi per un conflitto militare contro gli interessi vitali dell’Occidente;

– vincere la guerra dell’informazione.

LA GUERRA INESISTENTE NEL DIBATTITO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE

In Italia la campagna elettorale, conseguente alla caduta del Governo Draghi dovuta ad un solo fattore – l’appoggio incondizionato a Zelensky ed alla Nato – non tocca quasi mai l’argomento guerra in Ucraina se non come concausa dell’aumento dei costi energetici e come tema di demarcazione tra atlantisti e filorussi.

Alcuni politici che si candidano a guidare il Paese invece di mostrare l’indignazione che un aggressore, in questo caso l’esercito russo, dovrebbe provocare per le centinaia di bambini uccisi, per le migliaia di vittime civili, per i milioni di profughi costretti a lasciare le loro case, per la distruzione di uno Stato sovrano, per l’uso geopolitico delle risorse naturali, riescono, all’opposto, a mostrare dubbi sull’efficacia delle sanzioni economiche richiedendone la sospensione, rivendicando lo stop all’invio di armi per la difesa dell’Ucraina, offrendo così solidarietà agli aggressori.

È pura demagogia ed è utopistico sperare che togliendo le sanzioni alla Russia i prezzi delle bollette caleranno per indulgenza del presidente Putin, così come è assolutamente anomalo il fatto che, secondo i sondaggi, all’opinione pubblica italiana, preoccupata dei rincari non interessi la difesa dei valori democratici, la difesa della pace, la difesa della libertà.

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