skip to Main Content

Dugin

Attentato Dugin: ipotesi e scenari

L’attentato ai Dugin rappresenta un evento di grande impatto politico che può rientrare nella casistica degli attacchi false-flag? L’intervento di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”

 

Il 20 agosto scorso, un’esplosione causata da un ordigno nascosto nella sua macchina, uccide Dar’ja Dugina che era alla guida. Il padre è rimasto illeso perché salito su un’altra auto. Entrambi erano arrivati a bordo della stessa autovettura ed avevano partecipato al festival “Tradizione”.

La decisione di Aleksander Dugin di non rientrare in macchina con la figlia, presa all’ultimo minuto, potrebbe lasciare presupporre che il vero obiettivo fosse il filosofo ultranazionalista, definito in Occidente come il fondatore del “nazionalismo russo” ed impropriamente ritenuto “l’ideologo di Putin”.

Sull’agguato teso ad Aleksander Dugin e sua figlia Dar’ja, gli analisti e gli esperti di intelligence hanno dato differenti interpretazioni e valutazioni, rese ancora più complesse se si considera che entrambi, molto probabilmente, sono affiliati all’intelligence militare russa, il GRU.

Aleksander Dugin appartiene al gruppo di potere legato all’intelligence militare. Suo padre era un generale del GRU sovietico (Direzione principale dei Servizi segreti) e lo stesso Dugin è stato consigliere sia di Surkov che Naryshkin, Capi dei Servizi segreti esteri russi (SVR), oltre che responsabile di diversi Advisory Board afferenti al Cremlino. Dugin è anche ritenuto l’ispiratore delle ottime relazioni tra il presidente Putin ed il premier turco Recep Tayyip Erdoğan, principale attore nelle sinora inconcludenti trattative di pace tra Russia e Ucraina. Tuttavia, la visione ultra-reazionaria e radicale della Russia espressa dal filosofo non è condivisa dal presidente Putin che lo ha fatto allontanare da tutte le università russe, emarginato dagli ambienti politici che contano e dai mass media.

Molti analisti ed esperti di intelligence ritengono che anche la figlia Dar’ja Dugina fosse un agente del GRU, ingaggiata come giornalista per la Tsargrad TV – controllata dal GRU – e corrispondente di guerra associata all’intelligence militare. Diventata nota anche all’estero per essersi sempre espressa in difesa dei separatisti del Donbas e a favore dell’invasione russa in Ucraina, la Dugina ha incontrato diversi esponenti politici europei dell’estrema destra ed attivamente sostenuto e assistito il movimento dei “gilet gialli” in Francia. Ha coordinato la collaborazione tra il movimento di Alain Soral e Marie Le Pen, che l’intelligence russa ha sponsorizzato nel tentativo di indebolire il governo Macron e per aiutare la Le Pen nella recente campagna elettorale francese.

Sia Aleksander Dugin che la figlia Dar’ja Dugina sono inclusi nelle liste delle persone sanzionate dalla UE e dal U.S. Department of Treasury, concernenti le misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

LE INDAGINI DELL’FSB

Sugli autori, le motivazioni e gli obiettivi che si celano dietro dell’attentato si stanno sviluppando molte ipotesi ma come ho più volte descritto, in una guerra come quella in atto in Ucraina, la propaganda e la disinformazione Russa rendono vano qualsiasi tentativo di accertamento della verità.

Secondo la versione ufficiale russa, diffusa poche ore dopo l’attentato dall’FSB dichiarando di aver chiuso le indagini e di aver individuato i responsabili dell’uccisione di Dar’ja Dugina, senza nemmeno attendere le conclusioni del Comitato investigativo russo ha, prevedibilmente, dato la colpa all’Ucraina, che peraltro nega ogni addebito.

In effetti, i risultati delle indagini lampo che hanno permesso agli inquirenti di risolvere il caso in meno di 48 ore, oltre ad evidenziare l’estrema efficienza (postuma) delle capacità investigative dell’FSB, sollevano forti dubbi sulla loro attendibilità, con elementi che farebbero propendere verso una organizzazione dell’attentato molto più complessa da quella descritta dall’FSB all’opinione pubblica russa ed ai media internazionali.

L’FSB sostiene che Natalya Vovk, una cittadina ucraina di Mariupol, sarebbe l’autrice dell’atto terroristico. Secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini del Servizio di Intelligence Internazionale, Natalya Vovk è entrata in Russia il 23 luglio insieme alla figlia Sophia Shaban, ha affittato un appartamento nello stesso comprensorio dove viveva Dar’ja Dugina ed il 20 agosto ha fatto saltare in aria, con 400 grammi di tritolo, la Jeep di proprietà di Aleksander Dugin utilizzata per recarsi al villaggio Bolshie Vyazemy, a pochi chilometri da Mosca.

L’FSB ritiene che la Vovk abbia fatto esplodere l’auto con un telecomando a distanza dopo essersi assicurata che Dugin e sua figlia si erano diretti assieme verso l’auto nel parcheggio e che a bordo vi erano due persone. Ma il filosofo è salito su un’auto diversa, quindi chi era l’altra persona nell’auto distrutta dall’esplosione? Non ci sono informazioni in merito ed i servizi di sicurezza russi non forniscono alcun dettaglio su questa seconda vittima. Ciò può significare che gli autori dell’attentato siano stati ingannati sulla presenza di Dugin a bordo dell’auto, oppure che quest’ultimo sia stato opportunamente salvato, lasciando molti dubbi su chi fosse l’obiettivo dell’attentato: lui, entrambi o solo la figlia?

L’attentatrice Natalya Vovk, sempre secondo l’FSB, ha successivamente attraversato il confine con l’Estonia a Pskov il 21 agosto, dopo aver percorso indisturbata oltre 800 km in poche ore.

Gli analisti evidenziano che essendo schedata dall’FSB, la Vovk non poteva entrare o uscire legalmente dalla Russia, perché registrata nel database russo Nemesis, come appartenente al reggimento Azov, riconosciuto come organizzazione terroristica dalla Russia. Inoltre, gli investigatori dell’FSB sostengono che la Vovk ha circolato liberamente a Mosca con auto aventi targhe del Kazakistan, della DPR e dell’Ucraina.

L’indagine dell’FSB afferma anche che l’autrice dell’omicidio ha raggiunto il confine con l’Estonia a bordo di un’auto di fabbricazione inglese, una Mini Cooper, (…sottintendendo un coinvolgimento dei Servizi del Regno Unito?) con immatricolazione ucraina. Ipotesi poco credibile anche questa, perché dopo un attentato di quella portata, la persona al volante di quell’auto avrebbe dovuto attirare l’attenzione delle guardie di frontiera e dell’FSB al confine. Avrebbero sicuramente controllato il database antiterrorismo e riconosciuto una sospetta terrorista facente parte del reggimento Azov. Tutti questi dettagli sui movimenti della presunta autrice dell’assassinio, ove fossero veritieri, farebbero prospettare una totale inefficienza delle guardie di frontiera, dell’intelligence, delle Forze di polizia, soprattutto di quelle che presidiano con spasmodica attenzione tutte le strade della capitale Mosca.

In effetti, i rapidissimi risultati delle indagini dell’FSB non solo risultano poco credibili agli occhi degli analisti occidentali ma sono stati criticati anche in Russia.

LO SCENARIO POLITICO E LO SCONTRO AL CREMLINO

Gli ultimi sviluppi al Cremlino in materia di politica estera, in un contesto di aggravamento della situazione in Ucraina, sono anche una conseguenza dello scontro in atto tra i principali attori politici istituzionali: il Servizio Informazioni delle Forze Armate Russe GRU, il Servizio Federale per la Sicurezza della Federazione russa FSB ed il Servizio di Intelligence internazionale SVR. Una lotta per il potere in corso da diverso tempo, che si sta intensificando sotto l’influenza di diversi fattori: il passaggio di poteri in Russia per il dopo Putin, lo squilibrio del sistema politico ed economico del Paese, la risposta dell’Europa all’invasione dell’Ucraina ed il rafforzamento della Nato, che secondo l’FSB ed il SVR sono la conseguenza diretta delle scelte sbagliate dei cosiddetti “siloviki”, ovvero il blocco di Difesa e Sicurezza del governo che ha completamente mancato l’obiettivo della “guerra lampo” contro Kyiv.

L’asset informativo della GRU non solo ottiene ed assorbe enormi finanziamenti, ma nella lotta di potere al Cremlino rappresenta un attore troppo indipendente che plasma la politica russa, ed approfittando della sua indiscussa capacità di produrre narrazioni ideologiche, talvolta riesce ad influenzare anche la visione del mondo del presidente Putin.

Nikolai Patrushev, dopo oltre vent’anni come intermediario di potere dietro le quinte e sostenitore della linea l’FSB, nonostante sia stato recentemente investito da una massiccia campagna di epurazione e trasferimenti forzosi di uomini di spicco, tra i quali il Direttore del 5° servizio Sergei Beseda, starebbe assumendo un ruolo di forza trainante del Cremlino. Recentemente la sua evidente sovraesposizione anche su temi economici ha alimentato i sospetti su una sua presunta aspirazione a sostituire o a succedere a Putin, tra le persistenti speculazioni sulla salute del presidente e la caduta di credibilità dei Generali per la mancata conquista di Kyiv.

In questo contesto di scontro si inquadra il ruolo ricoperto dal filosofo Aleksander Dugin che, secondo alcuni media di estrema destra, avrebbe influenzato l’ideologia di Putin ed il processo decisionale nell’intraprendere l’”Operazione Militare Speciale”. Queste opinioni, invece, irritano l’Amministrazione presidenziale, poiché tendono ad ingabbiare la politica del Cremlino in termini di una filosofia ultra-nazionalista ed estremista, impregnata di tradizionalismo e violenza. Mentre il pensiero politico e filosofico della Russia che il presidente Vladimir Putin vuole incarnare e che spesso cita nei suoi discorsi, fa riferimento al filosofo fervente cristiano ortodosso Nikolaj Berdjaev e al prof. Ivan Ilyin, deciso oppositore di qualsiasi guerra in generale, ma deciso sostenitore che il dovere di ogni russo è quello di difendere la Madre Patria se coinvolta nella guerra.

Il vertice dell’FSB, essendo abituato a operare nell’ambito dell’ideologia universale della Guerra Fredda, come lo stesso Putin, ritiene che l’errata e manipolata narrazione da parte dell’intelligence militare e dei più alti generali delle Forze armate, sia stata la principale ragione dell’impantanamento dell’esercito russo in Ucraina.

GLI SCENARI, LE IPOTESI E LE MOTIVAZIONI DELL’ATTENTATO

Gli scenari che elaborano gli analisti sull’uccisione di Dar’ja Dugina sono diversi e propensi a ritenere che l’attentato possa essere anch’esso conseguenza dello scontro tra le fazioni in guerra al Cremlino, dove il gruppo che fa capo all’FSB, il servizio segreto sostenuto da Nikolai Patrushev, potente Segretario del Consiglio di sicurezza e stretto alleato di Putin dai tempi in cui erano insieme al Kgb di San Pietroburgo, combatte la sua battaglia di potere contro l’intelligence militare.

Una delle ipotesi che si ritiene plausibile è che l’omicidio di Dar’ja Dugina possa essere stato organizzato proprio dall’FSB nell’ambito di una situazione di lotta interna tra FSB e GRU.

In quanto affiliato al GRU, l’uccisione della figlia davanti ai suoi occhi potrebbe essere un segnale sia al filosofo che alla linea intransigente del GRU, sottoponendo entrambi ad una crescente pressione che potrebbe diventare ancora più dura. Se questa ipotesi corrispondesse alla realtà, il GRU potrebbe, a sua volta, reagire, alzando la posta in gioco nella corsa per il potere e destabilizzando ulteriormente gli equilibri politici in seno al Cremlino.

Un’altra ipotesi plausibile è che l’attentato possa essere stato organizzato ed eseguito per ordine del presidente Putin come ulteriore motivo per galvanizzare il sostegno pubblico, per far sopportare i sacrifici economici derivanti dalle sanzioni e giustificare il nuovo decreto che entrerà in vigore il 1° gennaio 2023 che prevede un significativo aumento delle dimensioni dell’esercito russo con l’arruolamento di altri 137mila soldati. Una decisione necessaria per compensare le grosse perdite subite in Ucraina nel corso di questi primi sei mesi di invasione (si parla di oltre 45 mila militari uccisi), e soprattutto come un segnale del fatto che il Cremlino si stia preparando a continuare la guerra.

In questa ipotesi l’attentato a Dugin rientrerebbe nella strategia degli attacchi false-flag (sotto falsa bandiera) che la Russia usa spesso sferrare per iniziare guerre, per ottenere il sostegno pubblico, per coprire i crimini, per eliminare nemici e traditori.

È utile ricordare che quando l’anonimo agente del KGB Vladimir Putin venne scelto dall’allora presidente della Federazione Russa Eltsin per diventare primo ministro, Patrushev prese il posto di Putin come capo dell’FSB. Da allora ci si domanda se Patrushev, come capo dell’FSB, possa aver avuto un ruolo nella serie di attentati mortali che nel 1999 uccisero più di 300 persone e che furono attribuiti ufficialmente ai terroristi ceceni.

La decisiva reazione di Putin come primo ministro determinò una nuova guerra russa in Cecenia, che da sconosciuto funzionario del KGB lo fece diventare eroe nazionale, costruendo la sua scalata al potere fino a farlo eleggere presidente della Federazione russa pochi mesi dopo.

L’attentato ai Dugin rappresenta un evento di grande impatto politico che può rientrare nella casistica degli attacchi false-flag, in quanto:

  1. I media statali e la macchina della propaganda russi possono utilizzare questo attentato per fomentare ancora di più la rabbia pubblica contro l’Ucraina e l’Occidente.
  2. Aver individuato l’Estonia come Paese di transito di un sospetto terrorista, fornisce al Cremlino un pretesto per esercitare ulteriori pressioni sul governo di Tallinn, che di recente è stato protagonista dell’avvio di sanzioni anti-Russia da parte dell’Unione Europea (con restrizioni sui visti e sulle esportazioni di energia). In questo modo, l’Estonia diventa un ulteriore obiettivo politico chiave per la propaganda interna e per le future strategie militari del Cremlino, interessato ad aprire un secondo fronte in Europa. A conferma di tale ipotesi il senatore Vladimir Dzhabarov anch’egli proveniente dall’FSB, ha subito ventilato la possibilità di un’azione dura contro Tallinn.
  3. L’attentato compiuto nella Capitale rappresenterebbe un’azione clamorosa portata avanti per fomentare l’estrema destra, uccidendo la figlia di uno dei suoi più famosi ideologi come Aleksander Dugin, ed al contempo “punirlo”.
  4. Quella fazione della destra estremista della politica russa reagirà dando la caccia ai “traditori”, cioè a quei cittadini russi che si oppongono alla guerra, terrorizzando quelli moderati e non abbastanza sostenitori delle politiche del Cremlino.

Comunque, malgrado le indagini lampo e la poco credibile ricostruzione dell’FSB, tra le ipotesi non si può certamente escludere che l’attentato sia stato organizzato ed eseguito dai Servizi di intelligence Ucraini, in quanto Dugin è considerato un pericoloso nemico dell’Ucraina a causa delle sue posizioni di straordinaria violenza espresse contro i cittadini ucraini sia durante l’attuale conflitto che nella precedente invasione della Crimea.

Infine, vi è anche la possibilità che l’attentato faccia parte della strategia di lotta di un nuovo movimento di dissidenti anti-Putin e contro la guerra in Ucraina, descritto in una intervista rilasciata al Guardian da Ilya Ponomarev, ex deputato della Duma critico del Cremlino e riparato a Kiev, secondo il quale l’assassinio della Dugina sarebbe opera di un sedicente gruppo dissidente russo anti-Putin, descritto come Esercito Repubblicano Nazionale (NRA).

Come diceva Eschilo nel 525 a.C. “in guerra, la verità è la prima vittima”, e grazie alle indiscusse ed efficaci capacità della macchina di disinformazione e propaganda russa, il Cremlino riesce a trasformare gli aggressori in aggrediti, gli invasi in invasori, riuscendo perfino a suscitare sentimenti di solidarietà per chi promuove la cultura della violenza.

Back To Top