Il gasdotto della discordia deve diventare un boomerang per Putin. Questa è l’idea di Joe Biden sul Nord Stream 2, la seconda pipeline sotto il Baltico che dovrebbe raddoppiare il flusso di gas diretto dalla Russia alla Germania. Contrastato dagli Usa, ostacolato dai partner europei centro-orientali, il progetto made in Putin e Schröder, caparbiamente portato avanti da Angela Merkel, finisce nel calderone delle possibili sanzioni americane, nel caso Mosca dia corpo ai timori di Washington, invadendo l’Ucraina.
Il gasdotto è completato e pronto per entrare in funzione. I russi avrebbero voluto far affluire il gas già quest’anno, ma non avevano fatto i conti con la burocrazia tedesca. L’agenzia federale tedesca per l’energia elettrica e per le comunicazioni ha infatti sospeso il procedimento di autorizzazione in attesa che l’azienda che ne gestirà l’operatività si organizzi secondo il diritto tedesco per uniformarsi alla vincolante direttiva Ue. Un cavillo denso di complicazioni diplomatiche perché, tra i vari passaggi ancora necessari, il via libera definitivo potrebbe arrivare a metà del prossimo anno e fino ad allora molte cose possono ancora accadere.
Ad esempio, che la partita di scacchi sul confine russo-ucraino scappi di mano. E allora Biden vuol spingere Berlino a rovesciare la condizione posta per ammorbidire la sua opposizione al gasdotto: interrompere la distribuzione del gas se la Russia utilizza le sue fonti energetiche per ricattare l’Ucraina. Il presidente americano ne avrebbe parlato nel bilaterale telefonico con Angela Merkel, pochi minuti prima di affrontare Putin nel vertice telematico. Era l’ultimo giorno in carica per la cancelliera. Da oggi il boccino passa nelle mani di Olaf Scholz. Che sul tema specifico ha finora utilizzato due carte molto simili: della diplomazia e della vaghezza.
Ma che la questione sia tornata sul tappeto lo scrivono oggi quotidiani statunitensi e tedeschi. E che il gasdotto possa diventare una leva di manovra in mano all’occidente piuttosto che in mano russa è evidente dalla coincidenza tra due posizioni, espresse da un lato e dall’altro dell’Atlantico.
Da Washington, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha sottolineato come “il fatto che il gas non scorra dentro i tubi significa che Nord Stream 2 non è operativo e che non può essere sfruttato da Putin”: e quindi “è una leva per l’occidente, se Putin vuole vedere il gas fluire attraverso quel gasdotto, potrebbe non voler correre il rischio di invadere l’Ucraina”. E da Berlino il nuovo ministro dell’Economia e Clima Robert Habeck, vice cancelliere verde, sembra parlare la stessa lingua: “Nord Stream 2 non è ancora autorizzato, discuteremo ancora di come evolve la situazione in Ucraina e se il tema dell’entrata in esercizio del gasdotto può avere un effetto distensivo”. lo ha detto ieri nella conferenza stampa di presentazione del nuovo governo, accanto a un Olaf Scholz molto più prudente ed evasivo.
Chi non crede a un cambio di rotta tedesco è l’ex cancelliere Gerhard Schröder, sponsor del progetto e manovratore dietro le quinte di importanti pedine dentro l’Spd. Intervistato al Bundestag a margine dell’elezione di Scholz, Schröder ha escluso che “la Russia abbia interesse a provocare una guerra” e ha invitato a non credere troppo alle indiscrezioni lanciate dagli Stati Uniti. Quanto a Nord Stream 2, “è un progetto approvato e entrerà presto in funzione, perché è nel grande interesse non solo della Germania ma dell’intera Europa”.