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Bio-on

Bio-on, tutti i particolari sul pastrocchio plastificato

Bufera sulla società quotata Bio-on. Tutte le ultime novità con la Borsa che ha sospeso a tempo indeterminato il titolo

 

E’ durato 12 anni il volo di Bio-on la società bolognese specializzata nella produzione di bioplastiche totalmente biodegradabili (realizzate attraverso la fermentazione batterica dei residui della barbabietola da zucchero e della canna da zucchero), controllata e guidata da Marco Astorri e Guido Cicognani che era arrivata, grazie a una lunga bolla speculativa a valere qualcosa come 1,4 miliardi – unico Unicorn italiano dopo il fenomeno Yoox – nel luglio di un anno fa, dopo aver messo a segno balzo prodigiosi e spesso incomprensibili a Piazza Affari, ha scritto Mf-Milano Finanza, che ha aggiunto: “Nell’inchiesta della Commissione di vigilanza presieduta da Paolo Savona è finita anche Banca Finnat, global coordinator e specialist di Bio-On”.

LA STORIA DI BIO-ON

Da regina dell’Aim, il mercato di Borsa italiana dedicato alle piccole imprese, ai sequestri per 150 milioni della guardia di finanza. E’ uno tsunami quello che ha travolto la società di bioplastiche Bio-on, che ha visto azzerati i suoi vertici societari dall’inchiesta della Procura di Bologna che li accusa di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. La vicenda rischia di trasformarsi in un nuovo caso di ‘risparmio tradito’, con oltre un miliardo di euro di capitalizzazione bruciata e i piccoli azionisti già pronti a costituirsi parte civile. Ecco tutti i dettagli.

CHE COSA HA DECISO BORSA ITALIANA SU BIO-ON

Borsa Italiana ha reso noto OGGI che i titoli di Bio-on “sono sospesi a tempo indeterminato dalle negoziazioni”. La decisione arriva dopo che la procura di Bologna ha emesso una serie di misure cautelari nei confronti del gruppo della bioplastica e dei suoi vertici, accusati di manipolazione di mercato e false comunicazioni sociali.

IL BLITZ SU BIO-ON

Ecco i risultati del blitz di ieri delle forze dell’ordine su input della magistratura: tre misure cautelari per i vertici di Bio-on (il cofondatore Marco Astorri è da ieri agli arresti domiciliari, mentre il vicepresidente Guido Cicognani e il presidente del Collegio sindacale Gianfranco Capodaglio sono stati interdetti dall’esercizio dei ruoli aziendali) , sei persone indagate (tra cui gli altri due membri del Cda, il Cfo Pasquale Buonpensiere e il revisore contabile di EY Alberto Rosa), e 150 milioni di euro sequestrati in via preventiva nell’operazione “Plastic Bubbles” condotta dalla Guardia di Finanza di Bologna.

DA DOVE NASCE L’INCHIESTA

L’inchiesta è stata aperta sulla scia delle accuse mosse lo scorso luglio dal fondo americano Quintessential – mosse svelate dal Fatto Quotidiano – contro la start-up bolognese delle bioplastiche, ex unicorno dell’Aim, ora ribattezzata da alcuni osservatori la Parmalat bolognese.

CHI E’ FINITO NEI GUAI

E pensare che il 9 luglio del 2018 il titolo Bio-on era arrivato a toccare i 70 euro, il suo massimo di sempre, attribuendo alla società una capitalizzazione ‘monstre’ di 1,3 miliardi, tutta fondata sulle prospettive future. A finire nei guai sono Marco Astorri, fondatore e presidente del cda, agli arresti domiciliari su disposizione del Gip Alberto Ziroldi, Guido Cicognani, socio e vice presidente, e Gianfranco Capodaglio, presidente del Collegio sindacale, questi ultimi due raggiunti da misure cautelari interdittive del divieto di esercitare ruoli direttivi di persone giuridiche. In tutto sono nove gli indagati. E’ datato 24 luglio l’inizio della ‘fine’ di Bio-on.

IL DOSSIER DEL FONDO AMERICANO

Quel giorno il fondo americano Quintessential ha pubblicato un dossier con cui accusava l’azienda di essere “una nuova Parmalat a Bologna”, un “castello di carte” destinato “al collasso totale”. A questo punto la Procura ha cominciato a muoversi e le indagini delle fiamme gialle hanno evidenziato numerose irregolarità per quanto riguarda la formazione dei bilanci e l’informazione societaria riportata al mercato, con particolare riferimento ai ricavi e al livello di produzione dichiarati dalla società bolognese.

I DUBBI DEGLI INQUIRENTI

La capacità produttiva di bio-polimeri dell’impianto di Castel San Pietro, infatti, veniva rappresentata come di mille tonnellate l’anno, quando in realtà dall’inizio del 2019 ad oggi si attestava sulle 19 tonnellate. Nel dettaglio è stato rilevato come gran parte dei ricavi iscritti nei bilanci della società dal 2015 al 2018 fossero falsi, con riguardo alle tempistiche e modalità di realizzazione, mentre parte dei ricavi generati da cessioni di licenze nei confronti di due joint venture contabilizzate nel 2018, sarebbe frutto di operazioni fittizie.

CHE COSA SCRIVE IL GIP

Per il Gip “le false informazioni di bilancio sono risultate strettamente funzionali ad accrescere la capitalizzazione” e, di conseguenza, rendere più appetibili sul mercato le azioni della società. Una strategia comunicativa utilizzata dal presidente Astorri, che viene definita “roboante, ammiccante, ed ottimisticamente proiettata verso obiettivi sempre più significativi”, ma che in realtà creava aspettative ingannevoli. Lo stesso fondatore, intercettato al telefono, dice: “Mi prendo il mio pezzo di responsabilità, ma non è solo colpa nostra. È colpa del sistema che ci ha indotto a fare queste comunicazioni”.

LE PAROLE DEL PROCURATORE CAPO

Il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, ha spiegato che l’intervento degli investigatori ha evitato “che potesse esplodere con effetti ancora più devastanti una bolla economica che certamente avrebbe arrecato ancora maggiori danni”. Per quanto riguarda i lavoratori dello stabilimento di Castel San Pietro, invece, Amato assicura che, per quanto le compete, la Procura sta facendo il possibile per salvaguardarli. Nel frattempo il sindacato per la tutela dell’investimento e del risparmio di Milano (Siti), ha chiamato a raccolta tutti gli azionisti invitandoli a costituirsi parte civile nel futuro procedimento penale.

LE INTERCETTAZIONI DI ASTORRI

‘Fammi sto conto economico al 31 dicembre, perché quello che io vorrei annunciare e’ un conto economico dignitoso che ci porti tranquillamente 300 milioni, di adesso, di attuale capitalizzazione’. Cosi’ a fine agosto il presidente di Bio-on, Marco Astorri, dopo lo scoppio dello scandalo legato alle accuse del fondo Quintessential, si esprimeva con un consulente in una conversazione intercettata dagli inquirenti nell’ambito dell’inchiesta sulla società. E’ solo uno dei tanti aspetti che emerge dall’ordinanza, firmata dal gip, che ha portato il numero uno di Bio-on agli arresti domiciliari. Nella documentazione, secondo l’accusa, emerge uno spaccato delle azioni messe in campo nel corso degli anni da Astorri per alterare il valore del titolo in Borsa, dalla vendita dei ‘warrant’ collegati all’andamento a Piazza Affari del titolo al conteggio dei ricavi ‘finalizzata ad aumentare la capitalizzazione della società”. In un altro passaggio intercettato, sempre Astorri spiega al consulente ‘poi dopo cominceremo a fare il lavoro con tutti gli altri per fare in modo di tornare più alti, pero’ io oggi ho bisogno diciamo, effettivamente, di un ebitda (margine operativo lordo ndr) intorno ai 20 milioni, per giustificare 300 milioni di capitalizzazioni’. Riferendosi alla Bio-on, Astorri poi ricorda al suo interlocutore: ‘Siamo nel settore tecnologico, siamo bellissimi e fichissimi’. Nelle sue parole emergono più volte anche le preoccupazioni per la Consob: “Mettiamo tranquilla l’autorita’ ma poi ci telefona’.

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