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Energie Rinnovabili

Cosa fanno le aziende italiane di tecnologie per le rinnovabili. Report Intesa Sanpaolo

Le imprese di tecnologie per le rinnovabili hanno registrato un tasso di crescita del fatturato molto più elevato rispetto a quelle del manifatturiero. Cosa dice il rapporto della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.

 

(Pubblichiamo di seguito un estratto del rapporto della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, pubblicato questo mese, e intitolato Transizione energetica: la filiera delle tecnologie delle rinnovabili in Italia. Una sintesi è disponibile su Start Magazine cliccando qui.)

LE STRATEGIE DELLE IMPRESE ITALIANE DELLA FILIERA DELLE RINNOVABILI

Per comprendere se ed in che modo le imprese della filiera delle rinnovabili si distinguano dalle altre imprese attive in settori tecnologicamente affini, abbiamo comparato i loro dati di bilancio e le informazioni disponibili su brevetti, certificazioni e marchi internazionali con quelli delle imprese appartenenti al manifatturiero e, più nello specifico, ai settori ad alto contenuto ingegneristico. Per creare però un benchmark che dia maggior peso ai settori più rilevanti nella filiera delle rinnovabili, abbiamo ripesato le variabili dei settori ad alto contenuto ingegneristico secondo la composizione settoriale del fatturato del campione delle imprese della filiera FER.

Inoltre, per tenere conto del fatto che oltre il 42% delle aziende della filiera è di medie o grandi dimensioni (contro solo l’11% del totale delle imprese del manifatturiero presenti in ISID), tutta l’analisi che segue è svolta a parità di dimensioni delle imprese.

Le imprese della filiera delle rinnovabili risultano molto innovative (con l’innovazione misurata con la probabilità di avere almeno un brevetto) e contribuiscono ad oltre l’8% dei brevetti del manifatturiero italiano al 2018. In generale, sono anche più innovative rispetto alle imprese appartenenti ai settori ad alto contenuto ingegneristico (27% di imprese con almeno un brevetto tra quelle delle rinnovabili contro il 10% del campione benchmark). Questo risultato emerge soprattutto per le micro, piccole e medie imprese mentre tra le grandi, dove quasi 1 impresa su 2 ha almeno un brevetto in tutto il manifatturiero, la differenza si riscontra soprattutto a livello di numero di brevetti (intensive margin) piuttosto che in termini di probabilità di brevettare (extensive margin). In altre parole, per le grandi imprese che tendono comunque a brevettare, soprattutto nei settori ad alto contenuto ingegneristico, l’appartenenza alla filiera sembra determinare il “quanto” investire, piuttosto che il “se” investire. Infatti, il numero di brevetti tra le 64 grandi imprese del campione delle rinnovabili arriva a 3.641, per una media di brevetti per impresa pari a 57 (contro la media pari a 19 delle grandi imprese del campione benchmark).

Le imprese delle rinnovabili tendono anche ad investire di più in certificazioni e marchi internazionali per difendere la loro reputazione ed il loro posizionamento strategico. La probabilità che una media o grande impresa abbia registrato un marchio internazionale è di circa 6 punti percentuali maggiore tra le imprese della filiera rinnovabili rispetto a quelle del campione benchmark. Non si riscontrano, in questo ambito, differenze significative tra le piccole imprese che tendono però ad avere più certificazioni di qualità rispetto al campione benchmark e al manifatturiero.

GLI INVESTIMENTI

Dal punto di vista degli investimenti, abbiamo individuato le aziende che utilizzano un impianto di produzione di energia rinnovabile (e che quindi sono non solo produttori ma anche utilizzatori delle tecnologie FER) incrociando i codici fiscali delle imprese con la lista dei beneficiari degli incentivi del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) per la produzione di energia rinnovabile.

Ben 118 imprese, tra le 400 del campione, risultano beneficiarie degli incentivi con un tasso di incidenza che è quasi 3 volte maggiore rispetto alla media delle imprese in ISID, stimata pari al 10,8%.In ambito tecnologico, basandoci sulla classificazione OECD delle tecnologie ambientali, ovvero connesse alla riduzione delle emissioni, abbiamo preso in considerazione anche la tipologia di brevetti depositati dalle imprese della filiera. Innanzitutto, i dati brevettuali confermano il forte livello di specializzazione di queste imprese: una quota significativa dei loro brevetti rientra nella classificazione di tecnologia ambientale dell’OECD e quasi un’impresa su 5 ha almeno un brevetto green, per un totale di 432 brevetti. Oltre il 30% di questi brevetti riguarda tecnologie relative all’efficientamento energetico e all’installazione di impianti rinnovabili; il 28% riguarda tecnologie direttamente connesse alla generazione di energia rinnovabili. In linea con i risultati presentati nel terzo capitolo, le tecnologie principali tra quelle di generazione di energia da FER sono il fotovoltaico (8,5% del totale) ed il solare termodinamico (7,5%).

I dati di bilancio aggiungono dettagli interessanti alla fotografia fatta sinora delle aziende della filiera FER. Innanzitutto, anche a parità di dimensioni e soprattutto tra le imprese di grandi dimensioni, le imprese delle rinnovabili risultano più grandi rispetto ai controfattuali, sia in termini di fatturato che in termini di addetti. Più eterogenei e meno indicativi i risultati per quanto riguarda l’età media e la patrimonializzazione (misurata dal patrimonio netto in percentuale del passivo), che si distanziano dal campione benchmark solamente nelle grandi imprese.

LE CAPACITÀ DI CRESCITA

Ma l’elemento più interessante che emerge dai dati di bilancio è la forte capacità di crescita delle imprese delle rinnovabili. Le imprese del campione hanno infatti registrato, in ogni classe dimensionale, un tasso di crescita del fatturato dal 2017 al 2019 molto più elevato sia rispetto alle imprese del campione benchmark che rispetto a quelle del manifatturiero. Questo risultato è in linea con l’incremento della domanda per queste tecnologie, sostenuto dal processo di transizione verso una produzione energetica più sostenibile.

Meno positiva risulta la performance se si guarda ai margini (misurati con il margine operativo lordo in percentuale del fatturato) e alla redditività (misurata dal ROI). Un’analisi più approfondita delle voci del conto economico rivela però che le imprese delle rinnovabili di grandi dimensioni spendono leggermente di più per acquisti di input rispetto alle imprese del campione benchmark e del totale del manifatturiero.

L’andamento crescente dei prezzi di alcune materie prime fondamentali in questo mercato, come il silicio, e dei relativi semilavorati (semiconduttori) ha portato quindi al ribasso i margini delle grandi imprese di questa filiera. Per quanto riguarda invece le imprese di dimensioni minori, sono i costi per servizi a pesare di più sul totale del fatturato, rispetto alle imprese dei campioni di riferimento. Ma l’elemento che bisogna considerare nella lettura della redditività è che si tratta di un settore che richiede investimenti ingenti e dal rendimento incerto. In linea con la loro
maggiore propensione a brevettare, le imprese micro e piccole delle rinnovabili hanno infatti una quota di immobilizzazioni immateriali sul totale dell’attivo molto più elevata rispetto alle imprese delle stesse dimensioni del campione benchmark (per le micro si osservano valori pari a quattro volte quelli delle imprese del campione benchmark).

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