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Distillerie

Anche le distillerie nel Green new Deal?

Le distillerie non vanno associate solo a grappe e brandy. Sono protagoniste di un processo utile alla rigenerazione energetica. Il corsivo di Nunzio Ingiusto

 

Divieti e restrizioni soprattutto per i più giovani. L’alcol in generale fa male alla salute. Poi apprendiamo che la sua larga produzione fa bene all’ambiente. Addirittura aiuta la riconversione energetica. Fermi a contrastare le emissioni nocive delle fonti fossili, spesso trascuriamo che la distillazione di alcoli e acquaviti aiuta le città a respirare meglio. In un anno, proprio la distillazione ha fatto risparmiare 500mila tonnellate di CO2 e ha prodotto 300mila megawatt di energia verde. Forse non siamo gli unici a dimenticarcene, poiché abbiamo letto pochi contributi a riguardo.

I distillatori, riuniti in Associazione –AssoDistil– comunque, lodano il proprio lavoro ed hanno obiettivi green per i prossimi anni. Per aumentare la credibilità, hanno prodotto un report promuovendolo come documento di sostenibilità. Riguarda le attività delle distillerie italiane e della rete collegata ai territori. Un’eccellenza, con decine di impianti utili non solo al consumo alimentare. Bere prodotti distillati piace, ma il business è concentrato in una vasta gamma di prodotti. Oltre alla tavola, ci sono anche l’alcol per uso carburante (bioetanolo), l’alcool per uso industriale, olii vegetali, mangimi e fertilizzanti. Beni che intercettano il fabbisogno italiano di utilizzo di fonti pulite. Nel caso della distillazione, va apprezzato in più il reimpiego dei residui che generano, biogas e biometano. Un sistema circolare positivo.

Veneto e Trentino Alto Adige sono le Regioni più produttive. Ma Emilia Romagna, Lazio e Toscana tengono il passo anche con buoni livelli occupazionali. I dati forniti da AssoDistil, in ogni caso, non toccano gli effetti delle acquaviti, delle grappe, dei brandy sulla salute umana. La loro affidabilità riguarda i risultati energetici che entrano nella strategia di passaggio alle fonti rinnovabili. Ed è chiaro che tutti i processi industriali innovativi hanno diritto di essere valutati per ciò che sono. La politica che dovrebbe dare segnali di attenzione larghi, ha l’occasione per rapportarsi a questo mondo produttivo.

Il nostro report ha un approccio olistico, ha spiegato Antonio Emaldi, presidente AssoDistil. È un punto di partenza che va dalle produzioni agricole al prodotto finito e confezionato. A dispetto di tante importazioni, qui vale molto la qualità dei prodotti di base per distillare ed ottenere carburanti bio. Una ricchezza integrata che ha sviluppato un network associativo. Ora sappiamo che è concentrato su “funzioni” diverse da quelle alimentari: produzione di solventi, vernici, oli, farmaceutici, utili ad un economia che vuole cambiare. Non sarebbe male, allora, se la politica impegnata a parlare di come spendere i soldi del Recovery Fund se ne accorgesse.

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