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Alluvione Emilia Romagna

Alluvione in Emilia-Romagna, dal 1961 mai così tanta pioggia. Parla il prof. Castellarin (Unibo)

L'alluvione in Emilia-Romagna che ne giro di venti giorni hanno colpito la stessa zona dell'Emilia-Romagna sono eventi anomali. Conversazione con il prof. Attilio Castellarin, ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia presso Alma Mater Studiorum di Bologna.

L’alluvione in l’Emilia-Romagna, sia da un punto di vista meteo–climatico che idrologico, è un evento “assolutamente anomalo, e forse anomalo è anche un eufemismo”.

A usare queste parole nette è il prof. Attilio Castellarin, ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia presso Alma Mater Studiorum di Bologna.

Le alluvioni in realtà sono state due, una i primi giorni di maggio e poi il secondo evento, quello dal 15 al 17, ha scaricato sulla regione precipitazioni che hanno superato i 450 millimetri in diverse città e ha causato l’esondazione di 21 fiumi e allagamenti in 37 comuni. Restano attive almeno un migliaio di frane, di cui circa 300 più significative concentrate in 54 comuni.

IRENE PRIOLO: “SETTE MILIARDI DI DANNI MATERIALI”

Residenti e volontari stanno lentamente liberando case, strade e locali commerciali, inondati dal fango portato nei centri abitati dalle piene dei fiumi ingrossati dalle piogge torrenziali. Resta pesante il bilancio delle vittime e dei danni materiali dell’alluvione in Emilia-Romagna: 14 morti, 23 mila sfollati e miliardi di euro di danni.

“Non c’è ancora una stima precisa ma i danni saranno di oltre sette miliardi” ha detto Irene Priolo, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, con delega alla protezione civile. “I due miliardi messi a disposizione dal Governo – ha detto – sono importanti e sono stati messi sulle imprese. Ma il conto complessivo sarà molto più alto, anche perché abbiamo molte infrastrutture danneggiate e un fronte mai visto di frane”. Il Governo, inoltre, ha previsto l’assegnazione di un contributo fino a 900 euro mensili come contributo all’alloggio per gli sfollati.

DAL 1961 MAI DUE ALLUVIONI IN 20 GIORNI IN EMILIA-ROMAGNA

Nei primi giorni di maggio, tra l’1 e il 3, c’è stato un evento di pioggia esteso e persistente che ha interessato proprio le stesse zone, anche se di entità più bassa. “Da quando c’è un database sistematico, cioè dal 1961, nei mesi primaverili, non c’è mai stato un evento analogo o assimilabile – dice il prof. Attilio Castellarin -. E questo è quanto è riportato nel rapporto dell’evento 1-3 maggio prodotto dell’Agenzia Arpae dell’Emilia-Romagna. Bene, l’evento del 16-19 maggio è stato addirittura più importante, in termini quantitativi di precipitazione caduta e di estensione territoriale, ed ha trovato bacini già praticamente saturi”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: IN ALCUNE ZONE DELL’APPENNINO ROMAGNOLO CADUTA LA PIOGGIA DI UN ANNO

Dopo l’evento dei primi di maggio ci sono state condizioni di tempo variabile questo ha inciso sull’umidità dei suoli che sono stati investiti dalle piogge del 16-19 maggio. “In alcune zone dell’alto Appennino romagnolo si è scaricata dall’inizio del mese (maggio ndr) una quantità d’acqua impressionante, confrontabile con quanto piove mediamente in un anno, in zone circoscritte, o in circa sei mesi in zone più ampie”, aggiunge il prof. Castellarin. L’anomalia non riguarda solo l’abbondanza delle precipitazioni ma anche il periodo dell’anno in cui sono avvenute. “È un’anomalia il fatto che sia l’evento dei primi di maggio che quello del 16-19 siano stati innescati praticamente dalla presenza di correnti cicloniche che sono rimaste stazionarie sullo stesso punto con il loro centro, grossomodo in Italia centrale, e hanno innescato il movimento antiorario di correnti d’aria calde e umide che hanno risalito l’Adriatico, scaricando ingenti precipitazioni su i rilievi appenninici ma anche in pianura, con concomitanti mareggiate dal lato costa – spiega il docente dell’Alma Mater -. Quindi una situazione che per sua natura rende la restituzione delle portate di piena più complicata lato costa perché le mareggiate inducono livelli marini più alti del normale. E questo fa sì che i corsi d’acqua romagnoli con foce in Adriatico abbiano avuto maggiori difficoltà a scaricare acqua in mare, creando condizioni estremamente critiche per le porzioni più vallive e più prossime alla costa del reticolo idrografico. Sono condizioni sicuramente straordinarie, da un punto di vista meteo-climatico, ma anche idrologico in questo periodo dell’anno”.

NEGLI ULTIMI ANNI SEMPRE PIÙ PIOGGE PRIMAVERILI E MENO AUTUNNALI

Un’anomalia riguarda la stagione nella quale sono avvenute le due alluvioni. “Di solito eventi di questo tipo si manifestano in autunno – ci spiega il prof. Castellarin -. È stato anche osservato che eventi di precipitazione estrema, non cumulati su più giorni, come in questo caso specifico, ma eventi di precipitazione massimi annuali, con durate tra sei e 12 ore, negli ultimi cinquant’anni si sono spostati molto in avanti nella stagione, forse anche in virtù di temperature accresciute. Quindi se prima si verificavano in periodi autunnali, adesso è molto frequente trovare eventi di questo tipo nel tardo autunno, addirittura nell’inizio dell’inverno. In detti periodi, specie sui rilievi, parte della precipitazione si fermava sotto forma di accumulo nevoso. Nel caso particolare dei due eventi maggio, poi, l’anomalia stagionale è ancora più evidente. Siamo in primavera e abbiamo assistito a due eventi spazialmente molto estesi e persistenti, aventi una durata prolungata, circa due giorni, accaduti a quindici giorni di distanza l’uno dall’altro”.

LA SECONDA ALLUVIONE HA INCONTRATO UN TERRENO INCAPACE DI TRATTENERE ALTRA ACQUA

Gli eventi sono stati persistenti anche da un punto di vista spaziale, perché è piovuto esattamente nelle stesse zone. “Sicuramente gestire questa tipologia di evento con sistemi di difesa idraulica progettati in altre epoche e con meno dati a disposizione è compito arduo, se non impossibile – continua il prof. Castellarin -. E, ripeto, la seconda precipitazione ha incontrato suoli ad elevato contenuto idrico e, per alcuni corsi d’acqua, un sistema di arginature già provato dalla piena precedente, con argini in alcuni casi infradiciati, se non compromessi in seguito a sormonti e rotture”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: OGGI NON ABBIAMO I MEZZI PER DIFENDERCI DA FENOMENI DI QUESTO TIPO

Secondo il report del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente l’Emilia-Romagna, lo scorso anno è la regione che edificato più suolo alluvionabile, cioè soggetto, con una fascia di rischio medio, ad andare incontro ad alluvioni. Nel 2021 sono stati artificializzati 991,9 ettari in aree a pericolosità idraulica media (MPH), di cui 501,9 solo in Emilia- Romagna, 74,3 in Veneto e 69,1 in Piemonte. “Il problema del consumo di suolo è sentito in tutte le aree caratterizzate da uno sviluppo importante socioeconomico come la Pianura padana, quindi non solo l’Emilia-Romagna, ma anche la Lombardia e il Veneto – precisa il prof. Castellarin -. Il consumo del suolo è sicuramente un problema sentito. Certo è che, ci troviamo di fronte a una tipologia di evento diversa da quelli a cui eravamo abituati in passato, e diversa da quella per cui i presidi di difesa idraulica esistenti sono stati progettati negli anni passati. Non possiamo fare altro che adattarci a questi cambiamenti. Ora, purtroppo, siamo sicuramente e tragicamente più consapevoli di ciò che può avvenire e della scala spaziale che eventi di questo tipo possono assumere, coinvolgendo simultaneamente ad esempio l’intero reticolo idrografico del distretto Romagnolo”.

LA MANCATA TUTELA DEL TERRITORIO

Gli interventi di mitigazione del rischio alluvionale in Pianura padana progettati in passato devono essere rivalutati e ottimizzati in base alle nuove necessità. “Un argine in cui purtroppo esistano delle tane di animali è un argine che dà garanzie di protezione idraulica molto scarse – spiega il professore dell’Unibo -. Le arginature devono essere controllate e monitorate, e devono poter lavorare in sintonia anche con altri interventi, come ad esempio le casse di espansione, aree di pianura destinate ad allargarsi in occasione degli eventi più severi, ma non solo. Quello del rispetto del suolo è un problema antico, dagli anni ‘70 in avanti il territorio della Pianura padana ha visto un aumento significativo dei beni esposti al pericolo alluvionale. Questo è fuori di dubbio”.

ALLUVIONE IN EMILIA-ROMAGNA: TUTTA ACQUA CHE ANDRÀ SPRECATA

Ai danni, umani e materiali, causati dall’alluvione si aggiungerà la beffa di veder andare sprecata una parte significativa dell’acqua caduta sulla Romagna. “Lavorare sui sistemi di accumulo delle acque, sui sistemi di serbatoi, è molto probabilmente una delle strade da seguire. Certo è che quando l’acqua cade in così poco tempo si fa anche fatica a trattenerla e gestirla – aggiunge il prof. Castellarin -. Materialmente, nel senso che tutti i serbatoi hanno una ben precisa capacità di invaso e, se l’acqua che vi arriva è superiore, ovviamente la parte eccedente prosegue il suo percorso verso valle, senza poter essere gestita. Se il nostro futuro è costellato da eventi che sono distanziati gli uni dagli altri da mesi siccitosi 4, 5, 6 mesi e poi nell’arco di 48 ore cade l’equivalente di pioggia che prima cadeva 6, 7 mesi, il problema già complesso della gestione delle risorse idriche superficiali si complica ulteriormente”.

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