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Il trumpismo di Biden sarà sculacciato dal Wto? Report Ispi

I dazi americani sull'acciaio e l'alluminio sono contrari alle regole del Wto. Sul commercio, Biden fa come Trump? L'analisi del professor Stefano Riela per ISPI.

I dazi statunitensi su prodotti di acciaio e di alluminio del 2018 sono contrari alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Questa la conclusione raggiunta il 9 dicembre scorso dal panel istituito dall’organo di risoluzione delle controversie del WTO. Sebbene si tratti di un passaggio procedurale relativo a un numero limitato di prodotti, i risvolti di tale decisione contribuiscono a fare chiarezza sulla politica economica degli Stati Uniti e sul possibile futuro per il commercio internazionale. Cominciamo con un riepilogo dei fatti.

I DAZI DI TRUMP

Nel 2018 l’amministrazione Trump ha introdotto dazi doganali supplementari del 25% e del 10% su alcuni prodotti di acciaio e di alluminio. In quanto membro del WTO, gli Stati Uniti hanno dovuto motivare questi dazi e hanno chiamato in causa la sicurezza nazionale, ovvero la necessità di proteggere i produttori nazionali di acciaio e di alluminio dalle distorsioni del mercato causate dalla sovrapproduzione dei due metalli su scala globale.

Alcuni Paesi esportatori, che sarebbero stati danneggiati da questa decisione, hanno subito attivato la procedura della risoluzione delle controversie del WTO per “invitare” gli Stati Uniti a desistere. L’Unione Europea (UE), per esempio, ha richiesto agli USA un’esenzione come quella ottenuta da Argentina, Australia, Brasile, Corea del Sud, Canada e Messico. Nonostante le intense negoziazioni tra Bruxelles e Washington, la mancata esenzione ha fatto sì che il 1° giugno 2018, data in cui entravano in vigore i nuovi dazi americani sulle importazioni dall’UE, la Commissione Europea attivava la procedura del WTO sostenendo l’illegittimità della motivazione addotta dagli Stati Uniti. Altri Paesi – quali Svizzera, Norvegia, Cina, Turchia, India e Russia – si erano rivolti al WTO avanzando obiezioni analoghe a quelle della Commissione. Tuttavia, la posizione degli Stati Uniti era chiara: soltanto il Paese interessato può decidere quando la sua sicurezza nazionale è a rischio e il WTO non ha potere per mettere in discussione tale decisione.

L’USO DELLA SICUREZZA NAZIONALE

I dazi sono business as usual per i Paesi membri del WTO e dell’accordo che ne aveva posto le basi, il General Agreement on Tariffs and Trade (GATT). Sebbene contrari in linea di principio al libero commercio, alcuni dazi possono essere uno strumento per garantire l’equità del commercio internazionale. Si pensi al caso dell’export favorito da prezzi eccessivamente bassi (il cosiddetto dumping) oppure da sovvenzioni pubbliche; in questi casi i Paesi penalizzati possono adottare dazi per proteggersi da tali pratiche considerate sleali. Ancora, un Paese può adottare dei dazi se registra un aumento significativo e inatteso di importazioni tale da mettere a serio rischio le imprese nazionali. E infine c’è l’eccezione della sicurezza nazionale secondo la quale un Paese può disapplicare gli impegni presi in sede di WTO – per esempio vietando le importazioni, le esportazioni o aumentando i dazi – quando il commercio riguarda materiali radioattivi, armi, munizioni oppure “in tempo di guerra o di altra emergenza nelle relazioni internazionali”.

Quest’ultima eccezione, figlia del periodo post-bellico in cui si chiudevano le negoziazioni per il GATT poi firmato nel 1947, è abbastanza peculiare. Mentre in caso di dumping, di sovvenzioni, di aumento delle importazioni, o di commercio di materiali specifici il Paese interessato ha un onere probatorio chiaro, la definizione di “guerra o di altra emergenza nelle relazioni internazionali” è meno quantificabile e lascia molta discrezionalità ai singoli paesi come dimostra la posizione degli Stati Uniti sopra riportata. Per questo motivo, per quasi sette decenni, i membri del WTO hanno evitato di invocare la sicurezza nazionale il cui potenziale distruttivo per il libero commercio è stato equiparato da illustri studiosi ad un “vaso di Pandora” e ad un “buco nero”.

Prima degli Stati Uniti era stata la Russia a utilizzare la sicurezza nazionale per giustificare comportamenti discriminatori nei confronti di un altro membro del WTO. In particolare l’Ucraina si era rivolta al WTO nel 2016 lamentando restrizioni da parte della Russia al traffico commerciale originato in Ucraina in transito verso il Kazakistan, Kirghizistan e altri Paesi. In questo caso l’organo del WTO aveva dichiarato legittime le restrizioni della Russia. Dall’invasione russa del Donbass e della Crimea nel 2014 era apparsa evidente l’emergenza nelle relazioni tra i due Paesi.

I DAZI DI BIDEN

Mentre il panel del WTO lavorava al caso, la Presidenza degli Stati Uniti passava a Joe Biden e, il 31 ottobre 2021, il nuovo inquilino della Casa Bianca trovava un accordo con la Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen per eliminare i dazi supplementari. Anche perché l’UE non è stata ad aspettare inerte la decisione del panel arbitrale e il 22 giugno 2018 introduceva dazi supplementari su alcuni prodotti americani per contraccambiare il danno subito, i cosiddetti dazi di ritorsione. Interessante il caso del dazio sulle motociclette americane passato dal 6% al 31%. Dopo soli tre giorni, il 25 giugno, la Harley-Davidson annunciava di voler spostare parte della produzione americana altrove per continuare a vendere nel ricco mercato europeo, bypassando così i nuovi dazi di ritorsione.

L’apertura degli Stati Uniti nei confronti dell’UE non deve dare l’illusione di un radicale cambio di passo nel post-Trump. Se con l’accordo bilaterale l’UE ha eliminato i suoi dazi supplementari di ritorsione, gli Stati Uniti non hanno eliminato completamente i loro, rimossi ma soltanto entro un certo limite di importazioni dall’UE. Inoltre, merita attenzione il comunicato del 9 dicembre scorso della Rappresentante per il commercio degli Stati Uniti, diramato poche ore dopo che il panel del WTO aveva dichiarato illegali i dazi americani: “Gli Stati Uniti respingono fermamente l’errata interpretazione e le conclusioni del panel del WTO pubblicate oggi […]. Gli Stati Uniti hanno mantenuto la posizione chiara e inequivocabile, per oltre 70 anni, secondo cui le questioni di sicurezza nazionale non possono essere riesaminate nella risoluzione delle controversie del WTO e il WTO non ha l’autorità per mettere in dubbio la capacità di un membro del WTO di rispondere ai diversi tipi di minaccia per la sua sicurezza […]”.

SCONTRO AL WTO?

È probabile che l’organo di risoluzione delle controversie del WTO approvi le conclusioni del panel del 9 dicembre scorso ribadendo che la sicurezza nazionale può essere invocata ma soltanto nei casi espressamente previsti. Come quando, in base a quanto affermato dal WTO  nel caso tra Ucraina e Russia, sono a rischio “gli interessi relativi alle funzioni fondamentali dello Stato, ovvero la protezione del suo territorio e della sua popolazione da minacce esterne e il mantenimento della legge e dell’ordine pubblico domestico”. Ammesso e non concesso il rispetto del criterio dell’emergenza nelle relazioni internazionali, è difficile immaginare che dei prodotti di acciaio o di alluminio provenienti dalla Svizzera o dalla Norvegia siano in grado di porre un rischio per l’ordine pubblico negli Stati Uniti.

Tuttavia, gli Stati Uniti possono impugnare le conclusioni del panel di fronte all’organo di appello. Nell’attesa del verdetto finale, l’impugnazione sospende la legittimità di eventuali dazi di ritorsione adottati dai Paesi esportatori danneggiati. Peccato che questa sospensione durerebbe ad libitum in quanto l’organo di appello del WTO è paralizzato dall’11 dicembre 2019, ovvero da quando gli Stati Uniti, già durante la Presidenza di Barack Obama, hanno lasciato che il numero dei giudici scendesse sotto il numero minimo stabilito (tre): un atto di sabotaggio che va avanti da oltre venti anni nei confronti di organo accusato dagli Stati Uniti di abusare del suo potere.

DAL MULTILATERALISMO DEL WTO AL BILATERALISMO

Il caso sollevato dai dazi sui prodotti di acciaio e alluminio avrà conseguenze di natura commerciale limitate dato il numero circoscritto di prodotti coinvolti. Quello che ha un impatto significativo è l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti del commercio internazionale che, nel passaggio da Trump a Biden, ha cambiato l’estetica ma poco la sostanza. Atteggiamento confermato dall’Inflation Reduction Act (IRA) del 16 agosto 2022, un piano federale di ampia portata che include 391 miliardi di dollari (quasi un quinto del Pil italiano) per promuovere consumi e investimenti green. Per esempio, i cittadini americani potranno beneficiare di uno sconto fino a 7.500 dollari per l’acquisto di una nuova auto elettrica, ma a condizione che una buona parte della batteria sia realizzata negli Stati Uniti o in un Paese con il quale sia in vigore un accordo di libero scambio quali Canada e Messico. Anche l’UE è riuscita a strappare il 29 dicembre scorso un trattamento privilegiato potendo così accedere con le sue auto agli incentivi anche in assenza di un accordo di libero scambio con gli USA. Tuttavia, ciò non toglie che gli incentivi previsti dall’IRA siano in violazione del principio di non discriminazione al quale dovrebbero attenersi i Paesi membri del WTO (in Italia, per esempio, è possibile ottenere gli incentivi pubblici anche per l’acquisto di una Tesla).

La sostanziale noncuranza per le regole del WTO da parte degli Stati Uniti non risolleva le sorti di un multilateralismo in difficoltà da anni. Il caso delle esenzioni per i dazi supplementari su alluminio e acciaio e il caso dei trattamenti privilegiati accordati per gli incentivi dell’IRA sembrano coerenti con quell’amicizia invocata dal Segretario del Tesoro Janet Yellen utilizzata come bussola geopolitica per creare e rafforzare relazioni economiche bilaterali. Tuttavia, come dimostra anche la gestione dei rapporti transatlantici in materia di semiconduttori, l’amicizia statunitense sembra essere basata su relazioni di potere destinata a creare più tensioni che cooperazione tra alleati; l’opposto di quanto auspicato da Yellen poche settimane dopo l’invasione russa in Ucraina del 24 febbraio 2022. È importante che gli attuali beneficiari delle politiche economiche statunitensi non perdano di mira il multilateralismo come modus operandi per stabilire le regole del commercio internazionale piuttosto che accontentarsi di un’amicizia octroyée.

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