Nel caso giudiziario-mediatico che sta coinvolgendo la ministra del Turismo Daniela Santanché e le aziende Visibilia e Bioera sembra che le notizie viaggino più veloci delle notifiche della magistratura. La Procura di Milano con una nota presentata lo scorso 20 settembre ha chiesto il fallimento di Ki Group, la società che fa capo al gruppo Bioera nel quale, nel 2014, sono entrati in maggioranza Santanchè e l’allora compagno e padre del figlio della ministra Caio Mazzaro.
BIOERA NON SAPEVA NULLA DELLA RICHIESTA DI FALLIMENTO
Una notizia di stampa della quale nulla sapeva Bioera. “In merito a notizie di stampa riportate nella giornata di ieri su alcune testate giornalistiche riguardo a una richiesta di apertura di liquidazione giudiziale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano” Bioera (Ki group) ha precisato in una nota di “non esserne a conoscenza”. Una situazione molto simile a quella della ministra Daniela Santanchè che lo scorso luglio in Senato disse di non sapere nulla dell’indagine della Procura di Milano per falso in bilancio. La società Bioera sottolinea “come l’avvenuta diffusione di dette notizie non sia comunque conforme a legge: le informazioni sulle procedure concorsuali sono rigorosamente riservate, a maggior ragione fino a quando la parte interessata non ne sia stata portata a conoscenza per il tramite della formale notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza da parte del giudice delegato”. Inoltre, Bioera scrive di non sapere “chi abbia diffuso queste notizie: Bioera, al fine di tutelare la propria immagine e quella dei suoi azionisti, deve pertanto ribadire di non avere, ad oggi, ricevuto la notificazione di alcunché”.
LA RELAZIONE TRA KI GROUP E SANTANCHÉ
Secondo quanto riportato da Repubblica, dal 2014 la società ha avuto sempre più difficoltà a rimanere sul mercato e sebbene, come riportato da Report, alcuni dipendenti ancora oggi non hanno ricevuto il Tfr dopo essere stati licenzianti, e fornitori sono falliti per i mancati pagamenti, “sia Santanchè sia Mazzaro hanno ricevuto emolumenti per milioni di euro in qualità di componenti dei cda del gruppo che fa capo a Bioera”, scrive il quotidiano. Nel suo intervento in Senato la ministra aveva detto che da Ki Group srl aveva incassato “27mila euro lordi in tre anni, una media di 9mila euro l’anno per gli anni precedenti, tra 2014 e 2018 in cui la società ha fatto margini operativi positivi, ho percepito dalla capogruppo un valore lordo annuo di circa 100mila euro” sottolineando che non si tratta dei “compensi stratosferici” di cui si è parlato.
LA PROMESSA (NON MANTENUTA) DELLA MINISTRA SANTANCHÉ IN SENATO: SARANNO PAGATI STIPENDI E TFR DEI DIPENDENTI DI KI GROUP
Nel corso del suo intervento in Senato la ministra Santanché aveva detto che sarebbero stati saldati i debiti nei confronti dei lavoratori (ai quali mancavano alcuni stipendi e quote del TFR). La ministra aveva detto di aver “chiesto informazioni e posso comunicarvi che i lavoratori dipendenti della Ki Group Srl verranno integralmente soddisfatti con riguardo a tutti i loro diritti di credito. Questo lo potete verificare perché è scritto nell’accordo di concordato”. Così non è andata perché la Procura di Milano, con una nota firmata dai pm Luigi Luzzi e Giuseppina Gravina, ha bocciato la richiesta di concordato con i creditori (gli ex dipendenti e i fornitori appunto) presentata da Ki Group chiedendo il fallimento di tutto il gruppo.
LA PROCURA DI MILANO NON RITIENE AFFIDABILE BIOERA LA “GARANTE” DI KI GROUP
La Procura non ha ritenuto credibile la proposta di far garantire il debito di 1,56 milioni di Ki Gropu da Bioera. I conti di Bioera “sono catastrofici – scrive Il Fatto Quotidiano -: la quotata ha chiuso il2022 con patrimonio netto negativo per 5 milioni, debiti per 7,9, ricavi per appena 626 mila euro, costi per 4,2 milioni, perdita di 4,1 milioni”.
LA PROCURA CHIEDE LA PROCEDURA FALLIMENTARE PER BIOERA E KI GROUP
Essendo questa la situazione dei conti di Bioera “non si vede come la stessa possa farsi carico del peso economico del piano proposto da Ki Group. Gli scriventi pertanto concludono rilevando la manifesta inattitudine del piano proposto e la non fattibilità dello stesso con riguardo alle garanzie offerte per assicurare la liquidazione, in palese danno ed in frode ai creditori con conseguente pregiudizio aggravato dalla mancata comunicazione agli organi della procedura di importanti informazioni”. Per questo i magistrati chiedono l’avvio della procedura fallimentare per tutte le società del gruppo, sia Bioera che Ki Group. Inoltre, secondo quanto scritto dalla Procura, “non viene fornita alcuna indicazione in ordine a una effettiva e completa interlocuzione con i creditori, al fine di raccogliere un eventuale consenso” e la ricorrente “non pare abbia fornito un’analisi dei costi e dei ricavi di gestione attesi dalla prosecuzione dell’attività di presa prevista dal piano di concordato, con il fine di evitare un detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale”.