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Samsung, Intel, Bosch e non solo protestano contro il Vietnam per la tassa sulle multinazionali

Le grandi aziende straniere attive in Vietnam, a partire da Samsung, vogliono attenuare l'impatto della nuova tassa Ocse alle multinazionali. Potrebbero avere ottenuto qualcosa. Tutti i dettagli.

Samsung, LG, Intel e Bosch stanno facendo pressioni sul governo del Vietnam affinché introduca delle compensazioni per le grandi aziende straniere attive nel paese che dall’anno prossimo, con l’entrata in vigore delle nuove norme fiscali, si ritroveranno a pagare più tasse.

LA RIFORMA DELLA TASSAZIONE DELL’OCSE

Dal prossimo gennaio, infatti, verrà introdotta in Vietnam un’aliquota minima del 15 per cento per le grosse società estere all’interno di una riforma delle tassazioni più ampia, internazionale, promossa dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Hanoi ha fatto sapere che si allineerà all’OCSE e che, appunto, alzerà al 15 per cento l’aliquota per buona parte delle aziende straniere presenti sul suo territorio e attualmente soggette a un regime fiscale molto conveniente.

La riforma dell’OCSE prevede che le aziende che pagano poche tasse all’estero debbano essere sottoposte a prelievi aggiuntivi (top-up levy) nei loro paesi d’origine. Per pagare l’imposta aggiuntiva in patria queste società potrebbero decidere di ritirare valuta estera in Vietnam; per evitare di essere penalizzato, il governo di Hanoi intende applicare un’aliquota fiscale del 15 per cento.

IL VIETNAM HA BISOGNO DEGLI INVESTIMENTI ESTERI

Il Vietnam però ha bisogno dei capitali stranieri per sostenere la sua economia in espansione, e teme che la normativa dell’OCSE possa intaccare la sua attrattività per le multinazionali. Il paese può contare su una forza-lavoro qualificata e su costi più bassi rispetto all’Europa o agli Stati Uniti, e viene per questo considerato dalle imprese un’alternativa alla Cina per l’installazione di capacità manifatturiera.

LA PREOCCUPAZIONE DELLE AZIENDE SUDCOREANE (E NON SOLO)

Le società straniere maggiormente preoccupate per la revisione delle politiche fiscali sembrano essere quelle sudcoreane, come Samsung e LG. Hong Sun, presidente della camera di commercio sudcoreana in Vietnam, ha dichiarato che, se non si risolve la questione delle tasse, “la competitività [del paese, ndr] si affievolirà”.

Le aziende a essersi riunite con i funzionari governativi per chiedere delle compensazioni sono “una mezza dozzina” in tutto, ha scritto Reuters: oltre alle due sudcoreane, ci sono anche la statunitense Intel (semiconduttori) e la tedesca Bosch (elettrodomestici, componenti per automobili, semiconduttori).

COMPENSAZIONE IN ARRIVO?

L’agenzia aggiunge che il Vietnam, messo sotto pressione, sta preparando una risoluzione – il parlamento potrebbe approvarla a ottobre – che offre compensazioni parziali alle grandi imprese, ma i dettagli della misura non sono noti. È possibile che quelle società che hanno grossi realizzati grossi investimenti nel paese ricevano dei finanziamenti al netto delle imposte oppure dei crediti d’imposta rimborsabili per sostenere le spese di produzione o di ricerca.

Samsung, LG, Intel e Bosch hanno investito decine di miliardi di dollari in Vietnam e danno lavoro a molte persone. Samsung, ad esempio, è il principale investitore estero del paese, dove conta 160.000 occupati e dove produce la metà dei suoi smartphone. L’azienda di Seul vale da sola quasi un quinto delle esportazioni totali vietnamite e nel 2019 la sua aliquota fiscale (che varia a seconda delle province) è stata compresa tra il 5,1 e il 6,2 per cento.

– Leggi anche: Sprofondano i profitti di Samsung, tutti i dettagli

La misura ha un costo stimato sui centinaia di milioni di dollari all’anno, che dovrebbe grossomodo venire pareggiato dalle entrate aggiuntive garantite dall’aumento delle tasse. È possibile che anche le aziende più piccole, quelle non toccate dalla riforma fiscale dell’OCSE, possano ricevere i finanziamenti.

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