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Vi spiego come cambiano davvero i prezzi della pasta

L’esperienza relativa ad altre fiammate rialziste del passato ci porta a ragionevolmente ipotizzare che – se il prezzo del grano restasse su questi livelli o (meno probabile) scendesse ulteriormente – le dinamiche concorrenziali del mercato della pasta si metteranno all’opera ed anche il prezzo della pasta scenderà. A meno di sorprese relative al nuovo imminente raccolto. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Da qualche giorno è partita la grancassa sul tema del prezzo della pasta che non diminuisce, a fronte di consistenti cali del costo del grano duro, essenziale materia prima da cui viene prodotta.

Da parte delle associazioni dei consumatori si invocano immaginifici interventi dell’Antitrust, si ipotizzano cartelli tra i pastifici, si grida al consumatore defraudato.

Basterebbe avere un minimo di conoscenza delle dinamiche del settore per comprendere che si tratta di un fuoco di paglia destinato ad esaurirsi presto. In ogni caso, gli argomenti che lo alimentano, di fronte a dati inoppugnabili, si sciolgono come neve al sole.

Va premesso che esiste un bene intermedio (la semola di grano duro) tra la pasta e il grano duro e quindi esiste un altro mercato – quello appunto della semola – che condiziona i costi dei pastifici, a monte dei quali c’è il settore molitorio con dinamiche proprie. Tra queste spicca la politica di approvvigionamento della materia prima e la gestione delle scorte. Nessun molino opera comprando il grano per macinarlo immediatamente ma si approvvigiona sui mercati nazionali ed internazionali con largo anticipo rispetto all’effettivo momento di consumo della materia prima. Tra scorte fisiche ed impegni di acquisto a termine, un molino di medie dimensioni può arrivare a detenere fino all’equivalente di 3 o 4 mesi di produzione. Ciò perché il raccolto di grano nazionale si concentra nei mesi di giugno e luglio e la produzione estera è ovviamente anch’essa concentrata stagionalmente, oltre a risentire di tempi di trasporto relativamente lunghi.

Insomma il grano duro è un bene che per sua natura non si può comprare ogni giorno al bisogno.

Cosa accade quando il prezzo di questa materia prima, per qualsivoglia motivo, aumenta anche in misura molto rilevante, come accaduto a partire dall’estate 2021?

I molini cercano di trasferire tale aumento sul prezzo della semola venduta ai pastifici e questi ultimi cercano di trasferire tale maggior costo sul prezzo della pasta. Ma ciò avviene con molta lentezza, per due essenziali motivi: 1) i molini dispongono di scorte di grano e quindi non risentono immediatamente degli aumenti di costo. 2) Il settore della pasta è discretamente concorrenziale e la Grande Distribuzione non è disposta ad accettare aumenti con effetto immediato, ma solo dopo alcuni mesi.

Di fatto, accade proprio quanto è possibile osservare nel grafico: a fine settembre 2021, nonostante il prezzo del grano fosse all’incirca raddoppiato rispetto a maggio, il prezzo della pasta (rilevazioni AC Nielsen prezzo medio sulle quattro settimane terminanti) era aumentato in misura modesta. Solo nei primi mesi del 2022 – man mano che i molini ed i pastifici esaurivano le scorte di grano a prezzo più basso e la Grande Distribuzione accettava le richieste di aumento – molini e pastifici hanno potuto compiutamente trasferire a valle gli aumenti del costo del grano. Che tuttavia non sono stati i soli, poiché anche imballaggi ed energia hanno recitato un ruolo non secondario.

Ci sono voluti almeno 4 mesi per trasferire l’aumento del costo del grano sul prezzo della pasta. Questo anche perché ci vuole tempo per comprendere se un aumento di costo è transitorio o permanente e quindi procedere al ritocco dei listini, operazione sempre molto delicata.

Ora siamo a fine aprile 2023 ed il prezzo medio del grano rilevato presso la borsa merci di Bologna (ma anche osservando il Cbot di Chicago il risultato non cambia) è sostanzialmente tornato ai livelli di fine luglio 2021, quando era appena partita l’impennata dei prezzi, ma il prezzo della pasta era ancora fermo.

L’esperienza relativa ad altre fiammate rialziste del passato ci porta a ragionevolmente ipotizzare che – se il prezzo del grano restasse su questi livelli o (meno probabile) scendesse ulteriormente – le dinamiche concorrenziali del mercato della pasta si metteranno all’opera ed anche il prezzo della pasta scenderà. A meno di sorprese relative al nuovo imminente raccolto.

È il mercato, bellezza. Basta conoscerne le dinamiche, senza invocare improbabili ed inefficaci interventi dirigisti.

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