Dieci paesi membri dell’Unione europea – ovvero Polonia, Romania, Danimarca, Svezia, Finlandia, Irlanda, Estonia, Lettonia, Lituania e Repubblica Ceca – hanno proposto nuove sanzioni commerciali contro la Russia, e più nello specifico contro la sua industria metallurgica, con l’obiettivo di danneggiare le entrate economiche del paese e complicarne il finanziamento della guerra all’Ucraina.
CHE RUOLO AVRÀ LA POLONIA NELLE SANZIONI SUI METALLI RUSSI?
Come ricorda Reuters, che ha ottenuto il documento contenente la proposta dei dieci paesi, ad oggi l’Unione europea non ha sanzionato né i metalli primari (cioè ricavati dal minerali) prodotti in Russia né le aziende russe del comparto (ad esempio Rusal, vero e proprio colosso dell’alluminio). Bruxelles potrebbe però cambiare approccio una volta che la Polonia, tra i firmatari della proposta, avrà assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea: subentrerà all’Ungheria, su posizioni più filorusse, da gennaio.
Nella lettera indirizzata alle autorità europee si legge che “poiché i metalli costituiscono la più importante fonte di reddito per la Russia, oltre ai combustibili fossili, dobbiamo imporre ulteriori divieti all’importazione di metalli” dal paese. Il nuovo pacchetto di sanzioni verrà proposto dalla Commissione nella seconda metà di gennaio e potrebbe venire approvato a febbraio.
LA SITUAZIONE NELL’UNIONE EUROPEA
Benché, a livello generale, i paesi europei siano riusciti a trovare fornitori di metalli alternativi alla Russia – per il rame, ad esempio, si riforniscono dal Perù e dalla Serbia -, l’Unione ancora importa grandi quantità di alluminio primario russo. Ad oggi Bruxelles ha vietato solo gli acquisti di prodotti in alluminio, come i tubi e i fogli, che però rappresentano meno del 15 per cento delle importazioni comunitarie del metallo in questione.
La dipendenza europea dall’alluminio russo, comunque, si è ridotta: tra gennaio e settembre scorso i paesi dell’Unione hanno importato circa 118.000 tonnellate di alluminio primario dalla Russia, il 6 per cento del totale. Nello stesso periodo del 2023 e del 2022 la quota era però molto più alta: rispettivamente dell’11 per cento e del 20 per cento.
LA FRANCIA HA CAMBIATO IDEA?
A causa di questo legame commerciale, l’Unione europea non ha seguito gli Stati Uniti e il Regno Unito nell’imposizione di divieti all’importazione di alluminio, rame e nichel russi.
A fare pressioni su Bruxelles affinché non si allineasse agli alleati americano e britannico è stata soprattutto la Francia, che però – stando alle fonti sentite da Reuters – avrebbe cambiato idea.
E L’ITALIA?
“Temo che l’Italia abbia ridotto meno la dipendenza dal metallo russo rispetto alla media europea”, ha scritto su X Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity ed esperto di materie prime. “Se sanzioneranno il metallo russo o, se per mancata unanimità, alzeranno i dazi per il mercato europeo sarà comunque uno shock. Perché si parla anche di placche e billette da sostituire velocemente con metallo che deve comunque arrivare da Asia o Medio Oriente”.
Stando a un rapporto pubblicato lo scorso maggio su Infomercatiesteri, le importazioni italiane nel settore dell’alluminio provengono principalmente dall’Unione europea (44,9 per cento nel 2023), dal Medioriente (13,2 per cento) e dall’Asia centrale (10,4 per cento). La quota degli altri paesi europei esterni all’Unione economica e monetaria è del 9,6 per cento.
Nel 2020 l’Italia ha importato circa 175.000 tonnellate di alluminio grezzo dalla Russia; nel 2019 l’import era ammontato a 265.000 tonnellate. “Un quarto dell’alluminio primario di cui le aziende italiane hanno bisogno viene dalla Russia”, scriveva Teleborsa.
I dati di Assomet dicono che da gennaio a settembre 2024 le importazioni italiane di alluminio grezzo dalla Russia sono valse il 4,5 per cento del totale. Nel 2023 la quota era del 6 per cento.