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Guerra Russia Ucraina

L’Asia centrale sta aiutando la Russia a eludere le sanzioni Ue?

L'Unione europea ha notato un forte aumento delle esportazioni di prodotti verso i paesi dell'Asia centrale, che poi li rivendono in Russia: stanno aiutando Mosca ad aggirare le sanzioni? Tutti i dettagli.

L’Unione europea sta indagando su un improvviso aumento delle esportazioni verso i paesi confinanti con la Russia, sospettando che le aziende stiano cercando di evadere le sanzioni imposte dall’Occidente verso Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina.

C’È QUALCOSA CHE NON TORNA, SECONDO L’UE

David O’Sullivan, inviato speciale per l’implementazione delle sanzioni dell’Unione europea (una carica istituita di recente) ha detto al Financial Times che la forte crescita dell’interscambio commerciale con alcuni stati vicini alla Russia potrebbe riguardare dei prodotti sottoposti a sanzioni che stanno entrando nel paese attraverso delle backdoor, cioè delle nazioni terze.

“Stiamo vedendo un calo massiccio dei flussi commerciali dall’UE alla Russia, e dei picchi insoliti negli scambi con altri paesi terzi, in particolare con quelli vicini alla Russia”, ha spiegato O’Sullivan. “Hanno sviluppato improvvisamente un sacco di nuove esigenze per questo materiale, e sta rimanendo tutto lì, oppure una parte di esso sta trapelando in Russia in una forma o nell’altra?”.

ARMENIA, KIRGHIZISTAN E TURCHIA STANNO APPROFITTANDO DELLE SANZIONI ALLA RUSSIA?

In sostanza, l’Unione europea sospetta che gli stati dell’Asia centrale stiano importando grandi quantità di prodotti europei per poi rivenderli con profitto, approfittando delle sanzioni, alla Russia. O’Sullivan non ha nominato alcun paese nello specifico, ma l’Armenia, il Kirghizistan e la Turchia – in particolare – hanno registrato dei picchi nelle importazioni di prodotti occidentali e degli aumenti alle esportazioni verso la Russia, stando alle analisi della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD).

O’Sullivan ha aggiunto che gli Stati Uniti e il Regno Unito condivideranno le loro informazioni di intelligence con l’Unione europea per contrastare eventuali fenomeni di aggiramento delle sanzioni.

Tra maggio e luglio 2022 le esportazioni verso la Russia dell’Unione europea, degli Stati Uniti e del Regno si sono più che dimezzate (tenendo conto dell’inflazione) rispetto ai livelli medi registrati tra il 2017 e il 2019, dicono i dati della EBRD.

Nello stesso trimestre dell’anno scorso, però, le vendite dall’Europa e dagli Stati Uniti all’Armenia e al Kirghizistan sono cresciute di oltre l’80 per cento, e parallelamente questi due paesi hanno più che raddoppiato le esportazioni in Russia. La banca segnala un aumento delle esportazioni di veicoli, dispositivi elettronici, macchinari agricoli e componenti idraulici dall’Unione europea all’Asia centrale, in particolare verso il Kazakistan. All’interno di questi flussi commerciali potrebbero anche esserci prodotti sottoposti a sanzioni.

Tra il maggio e il luglio del 2022 la Turchia – che ha flirtato parecchio con Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina, rifiutandosi di imporre sanzioni e lavorando per agevolare il commercio – ha riportato una crescita del 97 per cento delle esportazioni verso la Russia rispetto agli anni 2017-2019. Non significa necessariamente, però, che i turchi stiano vendendo ai russi prodotti sanzionati dall’Occidente.

I PRODOTTI A USO CIVILE E MILITARE

Anche i prodotti pensati per l’utilizzo civile potrebbero però trovare applicazioni di tipo militare: è il concetto di doppio uso, dual use. Per esempio, qualche mese fa l’esercito ucraino ha segnalato che alcuni microchip rinvenuti nelle strumentazioni militari russe sequestrate provenivano da apparecchi domestici.

A dicembre il Kazakistan ha importato dall’Unione europea lavatrici – elettrodomestici, appunto – per un valore di 1 milione di euro, quattro volte tanto rispetto al dicembre 2021, precedente all’invasione dell’Ucraina.

L’Unione europea sta così valutando un decimo pacchetto di sanzioni alla Russia, che forse verrà approvato proprio questa settimana, proprio per chiudere queste “scappatoie” commerciali e vietare il transito sul territorio di prodotti che possono venire riconvertiti all’utilizzo militare.

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