Perché il titolo Telecom Italia in Borsa da tempo è floscio? C’entra lo stock di debito? E con il maggior azionista, ossia il gruppo francese Vivendi, Tim ha migliorato o peggiorato l’andamento del titolo Telecom Italia a Piazza Affari?
Sono alcune delle domande alle quali cercano di rispondere alcuni report di analisti di mercato e di banche d’affari su Tim, il gruppo capitanato dall’ad Pietro Labriola, succeduto a Luigi Gubitosi (mentre in questi giorni si rincorrono le voci di un ribaltone alla presidenza di Tim su spinta proprio dei francesi).
La questione del debito è tutt’altro che secondaria visto il progetto in fieri di una società unica per le rete fra Tim e Open Fiber che, tra l’altro, porterebbe a una riduzione secca dello stock di debito ora del gruppo Tim.
Recenti report su Tim – consultati da Startmag – approfondiscono le performance borsistiche di Tim negli ultimi anni e notano all’unisono una incongruenza: Telecom Italia è una delle azioni più importanti e liquide dell’indice FTSEMIB ma, nel contempo, una midcap per gli investitori istituzionali esteri.
Il titolo del gruppo Tim tratta infatti ai minimi storici di €0.1916: il prezzo venerdì scorso è sceso per la prima volta al di sotto della soglia psicologica di €0.20.
Comunque, da inizio dell’anno, l’azione ha perso il 57.50% sottoperformando sia FTSEMIB (-22%) sia, e soprattutto, i principali competitor europei (Vodafone -3.9%, Deutsche Telekom +13.8%, Orange +6.9% e Telefonica +1.7%) che hanno sovra-performato gli indici europei nell’anno in corso.
Ma è cambiato qualcosa da quando, poco meno di 7 anni fa, i francesi di Vivendi sono diventati primo azionista di Tim?
Dall’annuncio (del 6 ottobre 2015) dell’ingresso di Vivendi in Telecom Italia con una quota del 19.9%, l’azione ha perso l’82%: sotto-performando sia FTSEMIB (-2.2%) sia i principali competitor europei.
E a partire dal gennaio 2016, sotto la gestione Vivendi, Telecom ha sotto-performato l’indice FTSEMIB in ogni singolo anno.
Comunque gli analisti hanno generalmente mantenuto un bias positivo: a partire dal 2015, i Buy hanno pesato per più del 50% delle raccomandazioni. Invece gli investitori istituzionali sono rimasti più cauti sul titolo Telecom Italia.
Di sicuro la view degli analisti rimane contrastata: 9 Buy / 13 Neutral / 2 Sell con un target price medio di €0.33 in ribasso da €0.43 di inizio anno (taglio del 23%).
Ma quali sono le cause di questo andamento moscio del titolo Telecom Italia a Piazza Affari?
Il mercato ritiene che ciò sia dovuto in particolare a una serie di ragioni: pressioni sul business domestico (fisso e mobile), alto indebitamento (a sua volta dovuto alle operazioni di LBO di fine millennio), assenza di azionariato stabile che ha comportato numerosi cambi di strategia (spesso in contraddizione tra loro).
Nel corso degli anni gli analisti hanno sottolineato come il management di Tim si sia sempre più concentrato sulla “creazione di valore” per gli azionisti attraverso operazioni straordinarie piuttosto che attraverso una radicale riorganizzazione del core business, si legge esplicitamente in un report che circola fra gli addetti ai lavori.
Inoltre molti analisti, pur esprimendo un giudizio positivo, hanno considerato le operazioni di dismissione come puramente finanziarie – evidenziando una (drammatica) mancanza di focus sui trend operativi ed industriali.
I più critici, tra cui gli analisti di Ubs, hanno invece sostenuto che progetti inorganici non avrebbero risolto i problemi strutturali di Telecom Italia, ovvero da un lato rilancio del business domestico e dall’altro la sostenibilità del debito. In particolare, Ubs poneva molta enfasi sul fatto che il debito diminuisse solo grazie agli incassi da vendite ma, allo stesso tempo, come questi flussi non fossero sufficienti a ripagare il debito in assenza di un miglioramento dei risultati industriali.