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Governo

Ecco le magagne nel decreto Ristori. Report

Che cosa dicono i tecnici del servizio Bilancio del Senato sui decreti Ristori

 

Mentre il governo sta ipotizzando un decreto Ristori Ter, i tecnici del servizio Bilancio del Senato hanno studiato i primi due provvedimenti.

Ecco critiche, cose da chiarire e limiti dei decreti, secondo i tecnici.

CHIARIRE COPERTURA: DA RISPARMI O NUOVE STIME?

Partiamo da quello che dovrebbe essere chiarito, secondo dei funzionari del servizio Bilancio del Senato. “Appare utile chiarire” se la compensazione degli effetti dei Dl ristori (che determinano un saldo complessivo negativo per 4.974,9 milioni nel 2020), “sia integralmente a valere su risparmi derivanti da misure (recate dai cosiddetti ‘decreti Covid-19’ e finanziate con le risorse indicate nelle Relazioni al Parlamento riferite ai primi tre scostamenti di bilancio) ovvero in parte anche a valere sul più generale miglioramento del quadro di finanza pubblica per l’esercizio in corso che emerge nel Dpb 2021 rispetto alla Nadef 2021”, scrivono i tecnici del servizio Bilancio del Senato nel dossier sui due provvedimenti, come riportato dal Sole 24 Ore Radiocor.

INDEBITAMENTO NETTO A 5 MILIARDI

I tecnici fanno anche qualche conto: gli effetti cumulati dei due decreti legge ‘ristori’ determinano per il 2020, un peggioramento dei saldi pari a circa 3,7 miliardi in termini di fabbisogno e 5 miliardi in termini di indebitamento netto”.

Questi effetti trovano, spiegano i tecnici, compensazione nel “miglioramento di 0,3 punti percentuali di Pil, pari a circa 5 miliardi che corrisponde alla differenza tra il valore deficit/Pil indicato dalla Nadef 2020 del 10,8% e il successivo valore in miglioramento del 10,5% contenuta nel Documento programmatico di bilancio per il 2021”, riporta Radiocor, aggiungendo che “consegue un peggioramento delle previsioni tendenziali rispetto all’ultima stima contenuta nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) per il 2021”.

DENARO RIMASTO DAGLI INTERVENTI ADOTTATI

Entrando nello specifico dei costi e delle misure, i tecnici sostengono che “la relazione tecnica allegata al primo decreto ‘ristori’ (Dl 137/2020) precisa che il provvedimento, rimanendo entro i limiti di indebitamento autorizzati per il 2020, si avvale degli spazi che si sono resi disponibili a seguito del minore utilizzo rilevato di alcune misure disposte dagli interventi adottati in maggio ed agosto, ‘in particolare per quanto riguarda diversi crediti di imposta, fra cui quelli relativi alla fiscalità differita attiva (Dta), ai canoni di locazione degli immobili non residenziali, all’acquisto di veicoli a bassa emissione, il bonus per i lavoratori presenti in azienda nel mese di marzo”. Alle misure contribuiscono anche i 3 miliardi ‘risparmiati’ dalle misure di integrazione salariale.

Non solo: “Tra tali risparmi appare rientrare l’importo di 730 milioni relativi a Dta”.

LE VOCI DI RISPARMIO

E per la voce risparmi, sostengono i tecnici, “sarebbe utile conoscere gli importi relativi alle ulteriori voci di risparmio e/o di maggiore entrata menzionate dalla relazione tecnica, precisando se tali effetti positivi siano stati già incorporati nelle previsioni della Nadef ovvero rientrino nei 2 miliardi di maggior risparmio stimati (in aggiunta ai 3 miliardi per misure di integrazione salariale) dal Dpb 2021”.

MINORI ENTRATE, MAGGIORI SPESE

I provvedimenti, spiegano ancora i tecnici, secondo quanto riportato da Radiocor, “recano minori entrate e maggiori spese (impieghi o interventi) per circa 7,8 miliardi nel 2020, 2,1 miliardi nel 2021 e 0,4 miliardi nel 2022. A fronte di tali impieghi, le risorse (o coperture), in termini di maggiori entrate e di risparmi di spesa, risultano complessivamente pari a circa 2,9 miliardi nel 2020, 2,1 miliardi nel 2021 e 0,4 miliardi nel 2022”.

Questo porterebbe, dunque, ad un peggioramento del deficit per circa 5 miliardi, mentre “nel 2021 si registra un miglioramento per 7,8 miliardi”.

INTERVENTI, COPERTURE E SPESA

Guardando agli interventi, “nel 2020 prevalgono le maggiori spese, che raggiungono l’importo di 6 miliardi circa, quasi integralmente riferibili alla parte corrente (5,9 miliardi), a fronte di minori entrate per circa 1,9 miliardi. Anche nel 2021 si registra la prevalenza delle maggiori spese (1,7 miliardi tutte riferibili alla parte corrente) rispetto alle minori entrate (0,4 miliardi circa). Nel 2022 tra gli impieghi si registrano maggiori spese correnti 0,1 miliardi e minori entrate per 0,3 miliardi circa”.

Le coperture ‘interne’ ai due provvedimenti “nel 2020 sono quasi integralmente riferibili a risparmi di spesa corrente (circa 2,8 miliardi) mentre nel 2021 prevalgono le maggiori entrate (circa 1,8 miliardi) rispetto a risparmi di spesa corrente per 0,3 miliardi circa. Nel 2022 le risorse sono rappresentate integralmente da risparmi di spesa (0,4 miliardi, di cui circa 0,3 circa di parte corrente)”.

La manovra netta sulla spesa porterebbe ad un “aumento delle erogazioni per circa 3,2 miliardi nel 2020 e 1,4 miliardi nel 2021. Nel 2022 si registra invece una riduzione netta delle spese per circa 0,3 miliardi, che compensa la riduzione netta di pari importo delle entrate”.

I DUBBI DI COSTITUZIONALITA’

Numeri, spese e conti a parte, però, quello che risalta maggiormente all’occhio sono i dubbi di costituzionalità. Gli esperti servizio Bilancio del Senato sostengono che l’articolo 8 del Dl ristori bis che rinvia ad ordinanze del ministero della Salute per la classificazione e aggiornamento delle aree maggiormente interessate dall’emergenza Covid potrebbe porre dubbi di costituzionalità.

Proviamo a spiegare: per gli oneri derivanti dalla estensione a quelle zone delle misure di aiuto previste dal decreto (contributi a fondo perduto, sospensioni di versamenti tributari e previdenziali, congedo parentale, bonus baby-sitting) viene previsto un tetto di spesa di 340 milioni per il 2020 e di 70 milioni per il 2021. Tali oneri, però, non sarebbero “caratterizzati da modulabilità stabilendo benefici in base a parametri fissi”.

“Appare problematica l’estensione di tali interventi per successive ordinanze del Ministero della salute volte ad estendere le zone ad alto rischio altre regioni o ambiti territoriali, nei limiti del fondo in questione”, spiegano i tecnici nel dossier, aggiungendo che “andrebbe chiarito il criterio con cui verrà fatto rispettare il limite di spesa se ad esempio accettando le domande su base cronologica (l’alternativa di riproporzionare l’ammontare dei benefici sulla base del numero di domande non sembra praticabile visto che come detto i benefici non sono modulabili)”.

I problemi di costituzionalità deriverebbero dal mancato rispetto del principio di uguaglianza: per “le Regioni individuate con ordinanza del 4 novembre 2020 non sono previsti limiti di spesa mentre invece per le Regioni individuate successivamente l’articolo in esame prevede un limite di spesa che potrebbe determinare un beneficio minore o distribuito soltanto ad una parte degli aventi diritto. Il rischio di contenziosi per violazione non ragionevole del canone costituzionale di eguaglianza appare alto, con i possibili, conseguenti riflessi finanziari”.

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