skip to Main Content

Wartsila

Tutte le magagne della finlandese Wartsila

Tutte le ultime novità sulla vertenza Wartsila, la società finlandese che ha annunciato la volontà di cessare l’attività produttiva nell’impianto di Bagnoli della Rosandra con conseguenti 450 esuberi per delocalizzare in Finlandia

Il 14 settembre è stata una giornata critica per la vertenza Wartsila, la società finlandese che lo scorso 14 luglio ha annunciato la volontà di cessare l’attività produttiva nell’impianto di Bagnoli della Rosandra con conseguenti 451 esuberi per delocalizzare in Finlandia.

Scade infatti il 60esimo giorno previsto per la presentazione di un piano di mitigazione o di re-industrializzazione. In anticipo sulla scadenza, lunedì sera Wartsila ha inviato il piano di mitigazione ai rappresentanti dei lavoratori, al Mise, al Ministero del Lavoro, all’Anpal, alla Regione Friuli Venezia Giulia e a Confindustria Alto Adriatico.

Nessuna sospensione della procedura ma la multinazionale finlandese sostiene di essere disponibile ad avviare un discorso per raggiungere un accordo sul piano nei prossimi trenta giorni. Al termine della scadenza dei trenta giorni, in assenza di una intesa potrebbero partire i licenziamenti di 451 dipendenti.  Per i sindacati territoriali si tratta di un piano “irricevibile”.

Inoltre, sempre oggi il tribunale si esprimerà sull’esposto per condotta antisindacale da parte di Wartsila depositato al Tribunale di Trieste dai sindacati i quali sperano che il giudice possa bloccare la procedura, o comunque allungare i tempi. Nel frattempo anche la Regione ha aderito, ai sensi dell’art.28 dello Statuto dei Lavoratori, al ricorso presentato dai sindacati contro la decisione di Wartsila di smantellare il sito produttivo di Bagnoli della Rosandra.  Il giudice “potrebbe costringere l’azienda a ripartire da zero nella procedura, passaggio che consentirà al governo di inasprire le pene per la delocalizzazione” commenta il Friuli.it.

Inoltre, il 28 settembre è fissata l’altra udienza per il ricorso presentato dalla stessa Regione lo scorso 3 settembre.

Nel frattempo “il Parlamento potrebbe dare a breve il via libera a un emendamento che allungherebbe da tre a sei mesi i tempi della procedura, tenendo in sospeso la questione Wartsila fino all’inizio del 2023” segnala Rainews.

IL PIANO DI MITIGAZIONE PRESENTATO DA WARTSILA

Il 12 settembre Wärtsilä ha presentato alle organizzazioni sindacali, al Ministero dello Sviluppo Economico, al Ministero del Lavoro, all’Anpal, alla Regione e a Confindustria il piano di mitigazione relativo alla prevista cessazione della produzione a Trieste, nei tempi e nei modi previsti dalla legge italiana.

“Il piano – precisa il gruppo finlandese – fa seguito all’annuncio del 14 luglio di ottimizzare ulteriormente la struttura produttiva di motori a livello europeo. È suddiviso in tre sezioni: possibili percorsi di reindustrializzazione, misure sociali e tempistica. Contiene le azioni che l’azienda è disposta a mettere in campo, previo accordo, per mitigare gli effetti della sua decisione”. “Come indicato nel corso dell’ultimo incontro convocato dal Ministro Giorgetti al Mise, è stato affidato a un advisor specializzato in progetti di reindustrializzazione il compito di ricercare attivamente potenziali aziende interessate a insediare attività produttive a Trieste”.

IRRICIVEBILE PER I SANDACATI

Dodici mesi di cassa integrazione per completare gli ordini, 593 licenziamenti, e non i 450 annunciati due mesi fa, tra cui 50 prepensionamenti, riqualificazione professionale, incentivo all’esodo e ricollocazione in altri stabilimenti produttivi del gruppo. Per i sindacati territoriali di Cgil, Cisl e Uil si tratta di un piano “irricevibile. È esattamente quello che ci aspettavamo: un piano di dismissione che non prendiamo neanche in considerazione”, afferma Marco Relli della Fiom-Cgil.

Da Wartsila, spiega all’Ansa Antonio Rodà della Uilm, “propongono di individuare un advisor che si occupi di reindustrializzare l’area, ma non c’è nessun elemento completo” a riguardo. Si propone la cassa integrazione per “451 dipendenti a rotazione”, come “offerta per chiudere l’accordo”, che saranno impiegati per portare a termine le commesse e “coadiuvare nella chiusura del sito”. Si parla poi di “un’apertura a eventuali percorsi di uscite di carattere volontario incentivato, ricollocazione anche sui siti sparsi nel mondo di Wartsila. E’ un piano – conclude – che per Trieste non ha nessuna prospettiva”

“Chiediamo per l’ennesima volta alla dirigenza di Wärtsilä la sospensione immediata della procedura, serve tempo per trovare una soluzione che dia lavoro e prospettive” ha commentato così il Segretario nazionale Fim Cisl Massimiliano Nobis il piano presentato da Wartsila. Nobis chiede “la convocazione del tavolo al Mise per discutere in un arco temporale di almeno 6 mesi soluzioni di alto profilo industriale per il sito di Trieste”, dicendo di aspettarsi “come dichiarato al tavolo ministeriale dello scorso 7 settembre gli interventi parlamentari dei Ministri Orlando e Giorgetti.

E oggi i sindacati daranno battaglia in Tribunale a Trieste all’azienda finlandese per annullare i licenziamenti e far condannare Wartsila per condotta antisindacale.

IL RICORSO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

Dopodiché il 28 settembre è prevista l’udienza per il ricorso presentato dalla sola Regione amministrata da Massimiliano Fedriga contro la norma attuale sulle delocalizzazioni dove viene chiesta una verifica di costituzionalità.

“Il ricorso presentato dalla Regione rappresenta una novità assoluta a livello nazionale nell’ambito delle procedure di delocalizzazione delle grandi imprese e contesta da un punto di vista procedurale la scelta di Wartsila dal punto di vista normativo la costituzionalità della stessa procedura” aveva sottolineato l’assessore regionale al Lavoro.

LA MOSSA DEL GOVERNO

Come ha segnalato oggi il Sole 24 Ore, “il Governo italiano potrebbe chiedere la restituzione dei contributi pubblici degli ultimi 5 anni alle multinazionali che scelgono di delocalizzare, senza presentare un valido piano di reindustrializzazione, rilancio e ricollocazione. Sarebbe questo uno dei punti di contatto delle due diverse proposte per la stretta antidelocalizzazioni cui stanno lavorando il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e quello del Lavoro, Andrea Orlando, per evitare altri casi Wärtsilä”.

I CONTRIBUTI PUBBLICI

Wartsila dichiara di aver ricevuto solo 16,8 milioni. Di cui 8,97 milioni ricevuti e 7,85 ancora pending, specificava il mese scorso l’azienda interpellata dal Sole 24 Ore.

Eppure secondo la Regione Friuli Venezia Giulia si tratta di un totale di contributi pubblici per oltre 11,5 milioni. A cui si aggiungono però 30 milioni di garanzie Sace, 20 milioni di aiuti nel 2017 e addirittura 34 milioni Pnrr richiesti lo scorso aprile.(Qui l’approfondimento di Startmag su quanti soldi statali ha incassato la finlandese Wartsila che ora scappa dall’Italia).

COSA SUCCEDERÀ?

Infine, in attesa di conoscere l’esito del ricorso dei sindacati presso il Tribunale di Trieste, la procedura prevede poi che le parti abbiano 30 giorni per concordare il piano e chiedere modifiche. Se non si trova un accordo, la procedura si chiude e partono i licenziamenti, secondo la legge 223/91.

Ma c’è sempre la proposta di emendamento in tema delocalizzazioni in discussione nel decreto Aiuti ter, che dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri giovedì sera o venerdì. Come riporta Repubblica, “tra le novità volute dal ministro del Lavoro ci sono tempi più lunghi per la procedura, con l’obbligo di comunicare l’intenzione di chiudere con un preavviso di sei mesi, in mancanza di un’intesa con i sindacati sul piano di reindustrializzazione si prevede di decuplicare il contributo di licenziamento previsto dalla legge (oggi è solo raddoppiato) e infine si chiede all’impresa che decide di andar via di restituire le sovvenzioni, i contributi, i sussidi o altri vantaggi economici ricevuti dallo Stato nei cinque anni precedenti la chiusura”.

Back To Top