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Covid Germania

Tutte le aziende hi-tech della Germania nel mirino dei fondi (cinesi?)

Per il quotidiano tedesco Handelsblatt, il pericolo di acquisizioni ostili è davvero reale per alcune aziende della Germania. Ecco nomi, timori e scenari. L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino L’allarme è scattato anche negli uffici governativi: il crollo dei valori azionari nelle scorse settimane ha indebolito le posizioni di molte aziende tedesche, rendendole appetibili per…

L’allarme è scattato anche negli uffici governativi: il crollo dei valori azionari nelle scorse settimane ha indebolito le posizioni di molte aziende tedesche, rendendole appetibili per scalate e acquisizioni ostili. Per evitare la svendita degli interessi economici e industriali tedeschi in tempi di coronavirus, il ministro dell’Economia Peter Altmaier vuole estendere gli aiuti di Stato alle imprese in difficoltà prevedendo anche ipotesi di partecipazione o piena assunzione di controllo.

Il pericolo di acquisizioni ostili è davvero reale. Lo sostiene l’Handelsblatt, che ha realizzato una valutazione di 160 bilanci di imprese tedesche quotate nei diversi segmenti della borsa, dal Dax al TecDax, passando per il Mdax e il Sdax. Il risultato: attualmente la capitalizzazione di mercato di 17 società per azioni tedesche è inferiore al loro capitale proprio meno le passività. Tra di esse nomi del calibro di Allianz, BASF, Lufthansa, Munich Re, RWE, Deutsche Bank, sei aziende quotate al Dax. Il 75% delle loro azioni è disperso tra gli investitori, a disposizione di chiunque voglia acquistarle. Le due circostanze assieme rendono queste aziende sensibili ad acquisizioni di rider esteri. Queste società non hanno un azionista di ancoraggio e si ritrovano senza protezione di fronte all’ingresso nel capitale di un grande investitore o di fronte a una acquisizione.

Solo la Berkshire Hathaway, la holding statunitense guidata da Warren Buffett, dispone di riserve di 128 miliardi di dollari, scrive l’Handelsblatt, più o meno il valore di borsa dell’impresa tedesca più costosa, la SAP. Una tale costellazione è avvenuta raramente nella storia delle borsa ed è naturalmente sempre coincisa con un crollo in borsa. L’ultima volta era accaduto nella fase più delicata della crisi finanziaria del 2009.

Un analogo avvertimento arriva da una ricerca condotta dalla DZ Bank, allargata al quadro europeo: il crollo delle azioni in borsa rende particolarmente esposte aziende i cui modelli commerciali sono tuttavia convincenti. “Quando le turbolenze sui mercati finiranno, i titoli delle aziende solide che hanno maggiormente sofferto perdite, renderanno forti guadagni”. Nell’elenco degli esperti di DZ Bank compaiono di nuovo marchi tedeschi come BASF, Allianz, RWE ma anche aziende dei media come Pro Sieben Sat1, moda e tessile come Hugo Boss e auto come Bmw.

Il tema era già stato affrontato da Altmaier in uno dei suoi interventi dei giorni scorsi. I fondi speculativi non si facciano alcuna illusione, aveva detto il ministro, il governo è deciso a difendere le proprie aziende con tutti i mezzi. Una sorta di whatever it takes alla tedesca e tanto per rimarcare la similitudine con la famosa frase con cui Mario Draghi salvò l’euro nella leggendaria conferenza stampa del 2012, Altmaier aveva aggiunto un avvertimento in inglese: “Make no mistake about it”. Ma secondo le indiscrezioni raccolte dal quotidiano di Düsseldorf, dietro le quinte del governo tedesco le preoccupazioni si sono fatte più concrete: nessuno ne parla apertamente, ma si temono attacchi a gruppi industriali tedeschi da parte di investitori stranieri. L’attenzione che già ruota attorno ad alcune startup tedesche è, secondo il governo, un segnale di allarme.

La batteria difensiva federale è costituita da uno schermo protettivo ricco di 100 miliardi di euro pensato per soccorrere le aziende in difficoltà ma anche per impedirne l’acquisizione da parte di rider esteri, giacché il governo può entrare nel loro capitale, nazionalizzandole anche in parte. E se la somma non dovesse bastare, il governo potrebbe ulteriormente rinforzare il fondo.

Accanto al livello federale, anche i singoli Länder stanno approntando una loro rete di sicurezza. La scorsa settimana la Baviera ha reso noto di aver costituito un fondo per un eventuale intervento nel capitale delle imprese di 20 miliardi di euro, altre regioni si stanno attivando in tal senso, tra queste la Turingia.

In più, mercoledì 8 aprile il governo ha annunciato una modifica alla legge sui pagamenti e sul commercio con l’estero (Außenwirtschaftsgesetz) che prevede una valutazione preventiva e approfondita di ogni investimento proveniente da paesi non appartenenti all’Unione Europea. Nelle dichiarazioni (e tantomeno nei documenti) ufficiali nessuno cita naturalmente il nome del diavolo, ma il paese che la Germania teme è la Cina. Si vuole evitare il ripetersi di un nuovo caso Kuka, l’azienda di robotistica conquistata da un consorzio cinese nonostante gli ostacoli frapposti dal governo L’Außenwirtschaftsgesetz è una “legge molto liberale” e sarà irrigidita con riguardo agli interessi di sicurezza tedeschi, ha sottolineato Altmaier. Finora il governo poteva intervenire in caso di reale minaccia agli interessi di sicurezza politica del paese, da quando entrerà in vigore la modifica il veto potrà scattare anche in caso di “prevedibile danno dell’ordine pubblico o della sicurezza” arrecato da investitori extra Ue.

Il giro di vite governativo scontenta però gli imprenditori, che temono ritorsioni e controlli più rigidi in caso di loro campagne di acquisizioni all’estero. La Confederazione della camera di industria e commercio Dihk paventa che un’eccessiva regolamentazione dell’ingresso di capitali stranieri possa limitare occupazione e crescita in molte zone industriali tedesche, mentre l’associazione che rappresenta i costruttori di macchinari e impianti industriali parla di “generale sospetto” verso gli investitori esteri e critica “il falso segnale dato in un momento di crisi economica”. Sostegno è invece arrivato dal forte sindacato dei metalmeccanici, l’Ig-Metall.

Lo stesso Handelsblatt però ridimensiona con ironia il pericolo dell’invasione straniera: “In borsa vale il principio di comprare ciò che è attrattivo in futuro. In base a questo, nel segmento del Dax non c’è tutta questa scelta al di là di aziende come SAP, Infineon e forse Wirecard”, è scritto in un editoriale. Istituti bancari come Deutsche Bank o Commerzbank possono dormire sonni tranquilli, prosegue il quotidiano economico, giacché da tempo il loro business è ormai poco innovativo.

Diversa sarebbe la situazione nel segmento del TecDax o del SDax, dove sono quotate aziende a forte orientamento tecnologico e innovativo. Qui si fanno strada nomi come Eckert & Ziegler (farmaceutica e strumenti della diagnostica medica), Sartorius (biofarmaceutica), Cancom (servizi IT), Evotec (biotecnologia), Siltronic (micro e nano tecnologia). “Ma non c’è bisogno di preoccuparsi troppo per la svendita di queste aziende tecnologiche”, conclude l’Handelsblatt, “perché, a beneficio della politica industriale tedesca, le azioni di queste piccole aziende altamente specializzate non sono disperse per il 100% in borsa e spesso fanno affidamento a un azionista di ancoraggio”.

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